venerdì 28 febbraio 2014

Dietro la Maschera 2014, i racconti finalisti: "LA MUSA" di Anita Borriello.



"Il volto di un uomo è la sua autobiografia. Il volto di una donna è la sua opera di fantasia."
Oscar Wilde


Un volto, una vocazione, l'amore di una vita nel racconto "LA MUSA" di Anita Borriello.







Ogni giorno indossiamo una maschera, la maggior parte di noi lo fa inconsapevolmente creando una proiezione di quello che vorrebbe essere per farsi accettare dagli altri. È soltanto quando incontriamo qualcuno a noi simile che la togliamo perché quando si conosce la persona giusta bisogna essere onesti e mostrare chi siamo in realtà o rischiamo di perderla.
E feci proprio così quella sera, le mostrai il vero Gustav, quello che in pochi conoscevano perché lei, per qualche congiunzione astrale o piano divino, era lì per rendermi un uomo migliore di quel che ero diventato negli ultimi anni. Era innegabile: il successo e il denaro mi avevano trasformato travolgendomi in una vita che non mi piaceva e che non sentivo appartenermi.
Arrivai a Villa Szeps in ritardo, avevo perso la cognizione del tempo; dalla morte di mio padre e di mio fratello, avvenute qualche mese prima, non riuscivo più a dipingere. Il dolore bloccava sia la mente che la mano. Stavo colorando la maschera per il veglione serale quando l’immagine di un albero, un albero della vita per la precisione, irruppe nella mia testa portando con sé quella voglia di creare che credevo ormai di aver perso.

«Finalmente! Ci stavamo preoccupando» mi disse Arthur appena mi avvicinai al divanetto dove erano seduti. Lui e Sigmund erano i miei migliori amici, completamente agli antipodi per carattere, vivace ed estroverso il primo, serio e introverso il secondo.
«Non è da te ritardare a Villa Szeps» confermò Sigmund. Eravamo tutti e tre degli assidui frequentatori della casa; Berta, la proprietaria e figlia del più famoso editore di tutta l’Austria, organizzava spesso feste per pochi eletti e noi eravamo fra questi. Ci eravamo guadagnati tutti, per motivi differenti, un po’ di celebrità ed era obbligatorio che partecipassimo a certi eventi.
«Sì, scusate» tagliai corto. Non mi andava di dire loro il motivo del mio ritardo, un po’ era per scaramanzia, non parlavo mai a nessuno delle mie creazioni prima di terminarle, e un po’ perché in generale non era da me dare spiegazioni.
«Bah, non ti sei perso molto. La moglie del generale ci prova come al solito con il giovane Albert sotto gli occhi del marito, gli Schmidt si lamentano della nuova istitutrice, Sophie racconta il suo ennesimo viaggio a Parigi e gli altri sembrano dei morti viventi.» Arthur fece il sunto di cosa mi ero perso, nulla di interessante.
«Potresti scriverci un libro» commentò caustico Sigmund.

«In realtà ci stavo pensando, l’ambientazione carnevalesca potrebbe anche andar bene, è solo che dovrei cambiare totalmente i personaggi per dargli un po’ di brio e mistero.»

«Potresti prendere spunto dalla moglie del generale e il suo tradimento, quella donna non riesce proprio a distinguere il sogno dalla realtà» sentenziò Sigmund.
Arthur rifletté qualche attimo sulle parole del nostro amico per poi rispondere: «Interessante, potrei prendere spunto da qualcuna delle tue teorie sui sogni e chiamarlo proprio Novella del Sogno oppure Doppio Sogno
Seduto sul divanetto accanto a loro esclusi l’udito perché conoscendoli avrebbero parlato per ore dello stesso noiosissimo argomento; iniziai ad ammirare il salone in cui ci trovavamo, i mobili erano stati spostati per creare una vera e propria pista da ballo nello spazio centrale della stanza. In un angolo dei musicisti si guadagnavano da vivere suonando pezzi tipici della nostra tradizione e facendo ballare le persone più influenti della città. Il valzer andava per la maggiore e sebbene non tutti conoscessero i passi erano in molti a provarci.
Riconobbi la maggior parte dei partecipanti alla serata oltre le maschere che indossavano, era una sorta di dono che avevo. Ai tempi della scuola d’arte mi era stato insegnato di osservare attentamente i dettagli e con l’esperienza ero diventato talmente bravo a farlo che veniva quasi naturale.
«Gustav cosa ti succede stasera? Ci sono molte signorine che ti guardano per esser invitate a ballare.»
Anche Sigmund, per la professione che svolgeva, era un attento osservatore. Ultimamente mi recavo al civico 19 di Berggasse non solo per prendere una tazza di tè con lui ma anche per parlare del mio blocco.
«Non ne ho molta voglia, e poi ho già ballato con la maggior parte di loro e non sono un granché» risposi svogliatamente perlustrando con lo sguardo quell’insieme di pizzo, parrucche e abiti voluminosi.

E fu proprio in quell’istante che la vidi per la prima volta.
Di primo acchito mi colpì la sua maschera, non era come tutte le altre, nessun nastro di raso la bloccava dietro la nuca. Era dipinta e la tecnica sembrava notevole ma ero troppo distante per carpirne i segreti.
«Vado a prendere qualcosa da bere, torno subito» dissi ai miei compagni nel lasciare la postazione. Dovevo avvicinarmi di più.
Con nonchalance mi appoggiai, bicchiere alla mano, a una delle colonnine che delimitavano le scale, le ero a pochissimi metri di distanza.
Era alta circa quanto me, corporatura formosa ben fasciata dal bustino, capelli castano scuro acconciati secondo la moda del momento e abito blu che metteva in risalto un fantastico decolté. In quel mare di perbenismo e austerità era un’onda anomala, di quelle che ti travolgono togliendoti il fiato.
Stava parlando con Berta e sua sorella Sophie, dovevo approfittarne per avvicinarmi.
«Complimenti Berta, magnifica festa», attaccai bottone rivolgendomi alla proprietaria di casa, quest’ultima avrebbe seguito l’etichetta e mi avrebbe presentato quella splendida creatura.
«Oh grazie Gustav, sono felice che sia riuscito a venire. Le mie feste non sarebbero le stesse senza di lei» rispose l’adulatrice. Berta, come suo padre, era molto brava nell’amalgamare parole e retorica per imbonirsi gli altri.
«Troppo buona» le dissi con finto imbarazzo.
«Già conosce mia sorella Sophie, vero?»
«Sì, certo. Incantevole come sempre» mentii nel baciarle la mano facendole avvampare le gote. Sophie era una ragazza nella media che di certo non si ricordava per la sua bellezza.
«Non credo che conosca invece Fräulein Emilie Flöge, cara amica di mia sorella.»
“Emilie.”
«No, infatti. Piacere, Gustav Klimt.»
Ufficializzammo la conoscenza con un baciamano così come voleva il cerimoniale. La sua pelle profumava di spezie afrodisiache ed era così morbida da suggerire che non avesse mai  lavato un solo piatto in vita sua.
Quando rialzai il busto mi accorsi che gli occhi le brillavano ed era diventata tutta rossa in viso, conoscevo molto bene quel genere di sguardo. Non le ero indifferente.
«Berta, è arrivato l’ambasciatore francese, dovremmo fare gli onori di casa» disse miracolosamente Sophie tirando via la sorella per un braccio. Forse si era accorta anche lei dell’effetto che facevo all’amica.
«Certo. Con permesso.»

Rimanemmo soli.
Emilie non doveva avere più di diciotto anni, era molto giovane. Lo sapevo bene perché avevo visto molti corpi femminili e il suo aveva la tonicità tipica di quell’età.
Ora che le ero a un passo potevo osservare meglio la maschera che si era dipinta sul volto.
“Ingegnoso.”
Aveva appoggiato sul viso del merletto e aveva tinto gli interstizi vuoti della trama con della pittura dello stesso colore dell’abito che indossava. In alcuni punti era un po’ sbavato ma la realizzazione era tutt’altro che approssimativa. Mi sembrò un ottimo spunto di conversazione visto il mestiere che facevo.
«Fräulein Flöge...»
«La prego, mi chiami Emilie.»
«Come desidera, Emilie», deglutii nervosamente.
“Che mi sta succedendo?” Non era da me innervosirmi davanti a una donna.
«Volevo farle i miei complimenti per la sua maschera, è la più bella di tutte stasera» ammisi con estrema sincerità. Doveva aver trascorso molte ore nel realizzarla, era giusto che qualcuno le rendesse giustizia.
«La ringrazio Herr Klimt...»
«Mi chiami Gustav» la interruppi.
«Va bene Gustav» mi disse abbassando il capo con disagio, era molto timida. «Detto da lei, è un vero onore» continuò con un cenno di sorriso.
Emilie aveva dei tratti somatici singolari che raramente avevo visto nelle donne viennesi: capelli ricci, labbra rosso fragola e naso aquilino. Ero stanco di disegnare sempre gli stessi soggetti e lei aveva tutte le carte in regola per diventare la prossima musa.
C’era qualcosa in quella giovane donna che mi ipnotizzava e non riguardava soltanto il suo aspetto fisico. Aveva il portamento di un’aristocratica ma a vedere la scarsa quantità di gioielli che indossava non doveva esserlo. Emilie era dannatamente seducente, così tanto che nella mia mente iniziai a figuramela avvolta solo in una stola di seta troppo piccola per contenere tutta la sua nudità.
“Nessuna fede al dito”, notai con sollievo ed eccitazione.
«Nell’amore ci accorgiamo per lo più troppo tardi se un cuore ci è stato dato solo in prestito, se ci è stato donato oppure se ci è stato addirittura sacrificato» ci interruppe Arthur.
“Maledetto paroliere!”
Il mio caro amico era molto amato dalle donne non solo per il volto d’angelo che la natura gli aveva donato ma soprattutto perché aveva il potere di conquistarle con pochissimi vocaboli scelti con sapienza. Questa volta però non gli avrei permesso di rubarmela.
Conoscevo Emilie da un battito di ciglia eppure una parte di me, quella governata dal puro istinto, mi diceva che fosse proprio lei la donna che cercavo fra le lenzuola di tutta Vienna.
«Quanto piacevole può esser il sacrificio se fatto con passione» proseguì Sigmund; per lui l’amore era solo una giustificazione per il sesso. Durante la nostra ultima seduta terapeutica aveva ribadito più volte che fossi pieno di sensi di colpa per le stragi di cuori che facevo e che i miei incubi erano un evidente campanello d’allarme.
“E meno male che sono i miei migliori amici!”
Con la spavalderia che li contraddistingueva da tutti gli altri uomini presenti alla festa si presentarono baciandole la mano senza esser introdotti da qualcuno. Guardavo con gelosia quelle bocche così familiari appoggiarsi su quella pelle che tanto desideravo avere soltanto per me.
Proprio mentre stavo per dire qualcosa di sgarbato per allontanarli Emilie risolse inaspettatamente la situazione: «Gustav, le andrebbe di ballare?»
E fu in quella fredda notte di Carnevale, fra maschere e sfarzo, che la mia musa mi scelse per tutta la vita.





L'autrice:
Anita Borriello è nata nel 1981 in provincia di Napoli, cresciuta in Maremma e attualmente residente a Roma. Diplomata come Ragioniere e Perito Commerciale, intraprende la carriera universitaria con la facoltà di Lingue e Letterature Straniere presso l’Ateneo di Pisa per poi cambiare corso di studi in Informatica Umanistica.

Nel 2003 inizia a lavorare come WebWriter Freelance creando contenuti editoriali e grafici per la rete.

Nel 2011 esordisce con il romanzo Brûlant, primo volume dell’omonima quadrilogia esoterica.

Nel settembre 2012 avvia il progetto “Elements Tales”, un’antologia urban fantasy scritta assieme alle autrici: AllegraBellini, Giulia Borgato, Christiana V e Paola Scamuzzi. L’antologia è composta da cinque racconti che richiamano i cinque elementi all’interno del pentacolo: spirito, acqua, terra, fuoco e aria. Il racconto di Anita Borriello, Gocce di Memoria, è il secondo in ordine di apparizione; l’autrice ha voluto unire il mito della Lorelei tedesca, rifacendosi alle teorie Paracelsiane degli esseri elementali, alla leggenda del nazismo esoterico che ruota attorno al castello di Wewelsburg. Il racconto è arrivato secondo classificato al voto del pubblico durante il Premio Selvaggia 2013 organizzato dall’Associazione culturale “Soliloquiamente”.

Nell’ottobre 2013 vince il primo posto del concorso “Antologia viaggi stregati” con il racconto: Il ballo della luna blu, racconto che verrà pubblicato in formato ebook e scaricabile gratuitamente.
Infine, nel dicembre 2013 esce il secondo volume della saga Brûlant intitolato Indigo.







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Anteprima: "IL GIOCO DEI SENSI" di Shiloh Walker.











Genere: Romantic Suspence
Editore: Leggereditore
Collana: One
Pagine: 
Prezzo: ebook € 3,99
Uscita: 6 Marzo ebook - 27 Marzo 2014 cartaceo






Sinossi:
L’ex agente dell’FBI Colby Mathis si sta nascondendo: dal suo passato e dai suoi poteri da sensitivo. Ma sogni e visioni di violenza continuano a perseguitarlo e non riesce a liberarsi del pensiero della sua ex collega Mica Greer, con cui un tempo ha condiviso sia la scoperta del dono che un grande amore. Una serie di inquietanti delitti, però, sta per ricongiungere le loro strade, sulle tracce di un killer psicopatico che sfida le forze dell’ordine. Quando Mica scende dalla macchina per rivederlo per la prima volta dopo anni si pente di non essersi truccata o vestita meglio. La loro storia è finita, è vero, ma c’è ancora qualcosa di molto forte a legarli…

Una spirale di follia criminale e passione li riporterà di nuovo prepotentemente insieme, incapaci di sottrarsi al pericoloso gioco dei sensi in cui sono coinvolti.






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Anteprima: "QUATTRO CUORI E UN MATRIMONIO" di Stephanie Bond.


Una commedia romantica al suo meglio: divertente, deliziosa, irresistibile.


Genere: Romance
Editore: Leggereditore
Collana: One
Pagine: 
Prezzo: ebook € 3,99
Uscita: 6 Marzo 2014











Sinossi:
Annabelle Coackley è una giovane avvocatessa in carriera, assai preoccupata per il fatto che sua mamma, vedova e un po’ ingenua, sta per sposarsi con un vecchio attore, famigerato per aver già ben cinque matrimoni alle spalle. Eppure la madre è innamoratissima e vuole persino che lei faccia da damigella!

Ma Annabelle non ha nessuna intenzione di rassegnarsi a quest’idea e si precipita ad Atlanta per salvare sua madre dalle grinfie di quel Casanova da strapazzo. Ma non ha messo in conto che anche il futuro sposo ha un figlio, Clay, che come lei si oppone con decisione alle nozze temendo che il padre sia caduto nella trappola di una cacciatrice di dote.

Certo, i loro punti di vista non coincidono affatto, ma Annabelle e Clay hanno ora lo stesso obiettivo: fermare il matrimonio a ogni costo. E tra dispetti, equivoci, battibecchi e baci rubati, questa missione li unirà molto più del previsto…




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giovedì 27 febbraio 2014

Anteprima: "IL SENTIERO DEI PROFUMI" di Cristina Caboni.


La vita mi ha messo alla prova.
Ma con l’iris ritrovo la fiducia.
La vaniglia mi fa sentire protetta.

Perché i profumi sono la mia strada.



Genere: Romanzo
Editore: Garzanti
Pagine: 400
Prezzo: € 14,90
Uscita: 8 Maggio 2014


Sinossi:
Elena non si fida di nessuno. Ha perso ogni certezza e non crede più nell’amore. Solo quando crea i suoi profumi riesce ad allontanare tutte le insicurezze. Solo avvolta dalle essenze dei fiori, dei legni e delle spezie sa come sconfiggere le sue paure. I profumi sono il suo sentiero verso il cuore delle persone. Parlano dei pensieri più profondi, delle speranze più nascoste: l’iris regala fiducia, la mimosa dona la felicità, la vaniglia protegge, la ginestra aiuta a non darsi per vinti mai. Ed Elena da sempre ha imparato a essere forte. Dal giorno in cui la madre se n’è andata via, abbandonandola quando era solo una ragazzina in cerca di affetto e carezze. Da allora ha potuto contare solo su sé stessa. Da allora ha chiuso le porte delle sue emozioni.Adesso che ha ventisei anni il destino continua a metterla alla prova, ma il suo dono speciale le indica la strada da seguire. Una strada che la porta a Parigi in una delle maggiori botteghe della città, dove le fragranze si preparano ancora secondo l’antica arte dei profumieri. Le sue creazioni in poco tempo conquistano tutti. Elena ha un modo unico di capire ed esaudire i desideri: è in grado di realizzare il profumo giusto per riconquistare un amore perduto, per superare la timidezza, per ritrovare la serenità.Ma non è ancora riuscita a creare l’essenza per fare pace con il suo passato, per avere il coraggio di perdonare. C’è un’unica persona che ha la chiave per entrare nelle pieghe della sua anima e guarire le sue ferite: Cail. Cail che conosce la fragilità di un fiore e sa come proteggerlo e amarlo. Perché anche il seme più acerbo quando il sole arriva a riscaldarlo trova la forza di sbocciare.



«UN ROMANZO ITALIANO GIÀ VENDUTO IN EUROPA.
UN FENOMENO COME IL LINGUAGGIO SEGRETO DEI FIORI.»
L’ESPRESSO

UN DEBUTTO TUTTO ITALIANO
DIVENTATO FENOMENO EDITORIALE INTERNAZIONALE ANCORA PRIMA DELLA PUBBLICAZIONE

CONTESO IN PATRIA DA TUTTI GLI EDITORI

È GIÀ STATO VENDUTO ANCHE ALL’ESTERO

CON ASTE AGGUERRITISSIME



L'autrice:
 Cristina Caboni vive in provincia di Cagliari con suo marito e i loro tre figli. Oltre a dedicarsi a tempo pieno alla scrittura, lavora per l’azienda apistica di famiglia, occupandosi principalmente della cura delle api regine. Un’altra sua grande passione sono le rose, delle quali coltiva una grande varietà di specie. Il mondo dei profumi e delle essenze naturali la accompagna da lungo tempo, e il suo primo romanzo Il sentiero dei profumi vuole essere un omaggio a quanto di più affascinante si cela dietro un odore, che sia quello di un ricordo lontano, un amore perduto e irraggiungibile, una speranza che sa di nuove opportunità.


Recensione in ANTEPRIMA: "GIÙ LA MASCHERA" di AA.VV.












Genere: Historical romance
Editore: La mela avvelenata
Prezzo: € 3,07
Uscita: 27 Marzo 2014







Sinossi: Dieci racconti scritti da dieci autrici italiane, ambientati nella Venezia del 1800 per raccontare l’amore tra i fasti del carnevale veneziano. Tra sete e maschere nasceranno appassionanti storie che faranno palpitare il cuore del lettore, catapultandolo in un’epoca ormai andata, ma magistralmente descritta nei testi proposti in quest’antologia.


Autori: Angela D'Angelo, Anna Gioiosi, Giorgia Penzo, Anna Grieco, Francesca Rossi, Giordana Ungaro, Valentina D'Asta, Valentina C. Brin, Marta Savarino, Maria Vittoria Roi, Chiara Babocci.


Scheda sul forum!





RECENSIONE A CURA DI ANITA BLAKE:

L’antologia “Giù la maschera”, edita da “La mela avvelenata Book Press” e curata da Anna Grieco e Fiorella Rigoni, è l’insieme di undici racconti storici ambientati durante il carnevale veneziano.
Stili e generi diversi per celebrare un comune denominatore: l’amore.
La magia che si cela dietro questa festa dagli sfavillanti colori serve da stimolo allo svolgersi di tutte le storie d’amore, da quelle impossibili a quelle più misteriose,fino a quelle più semplici e naturali.
Le autrici dimostrano un’ottima capacità discorsiva e una profonda conoscenza della “Serenissima”, vista nel corso dei secoli come una città unica e ricca di vita.
Mano a mano che il libro procede, le storie si fanno più coinvolgenti ed intense, fino all’ultima che lascia il lettore sorridente e soddisfatto dell’antologia.
Il primo racconto, scritto da Angela D’Angelo, apre le danze al tema del mistero legato alle maschere.
Alcune sono ingannevoli e celano misteriosi segreti, altre, come nel caso di “Dietro la maschera” di Valentina D’Asta, sono solo lo strumento che il protagonista usa per far innamorare di sé una giovane donna.
Alcune storie sono magiche, segno che l’ineluttabilità del destino non può essere ingannata, come accade nella storia di Anna Gioiosi “Amor undique volat”, nel quale nemmeno le barriere del tempo riescono a fermare l’amore di Ruggiero.
Uno tra i più bei racconti dell’antologia, e forse anche il più triste, è “La notte delle lanterne” di Valentina C. Brin, nel quale magia, amore e dolore si mescolano dando vita ad una storia tenera che mira direttamente al cuore.
Ogni racconto ha le sue caratteristiche, e non si può non sottolineare la linearità delle storie, la dolcezza dei sentimenti che le accomuna e la bravura delle autrici.
Di storie ce n’è per tutti i gusti: romance, fantasy, paranormal, raccontarvele tutte sarebbe sbagliato e toglierebbe il piacere della scoperta. Non è facile scegliere il testo migliore perché tutti, ognuno per una caratteristica propria dell’autrice e della storia, sono splendidi 
e meritano di essere letti.
 




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Dietro la Maschera 2014, i racconti finalisti: DA QUI ALL'ETERNITÀ di Lucia Squitieri.


Nati per essere nemici, per combattersi l'un l'altro... 
ma il cuore ha scelto diversamente. 



Vi presentiamo "DA QUI ALL'ETERNITÀ" di Lucia Squiteri.


Martedì grasso

Come ogni anno, la piazza era gremita di gente. Le persone si accalcavano l’una all’altra per assistere all’attrazione principale della giornata: l’addio a Re Carnevale.
Dopo una settimana di feste, sfilate di carri allegorici e maschere variopinte si era ormai giunti al culmine dei festeggiamenti.
Dal tetto di uno dei palazzi che affacciavano sulla piazza, una figura incappucciata osservava con occhio vigile la folla sottostante. Bambini mascherati che si rincorrevano lanciandosi coriandoli e stelle filanti sotto lo sguardo divertito dei genitori, giovani che ridevano e scherzavano durante l’attesa di quello che, scherzosamente, definivano il “rogo”. Poi, ecco finalmente le note della banda musicale segnare l’inizio di quell’ultima parte dei festeggiamenti. L’attenzione dei presenti si focalizzò nel punto in cui un enorme pallone aerostatico si stava gonfiando nel bel mezzo della piazza. Quando anche l’ultima nota si disperse nell’aria, la mongolfiera era ormai pronta.  All’interno della gondola era stato inserito il fantoccio di paglia che avrebbe impersonato Re Carnevale.  Nel silenzio più assoluto, mentre venivano liberate le corde che tenevano ancorato a terra il pallone, un uomo avvicinò una fiaccola al manichino che subito fu circondato dapprima da una debole fiamma, per poi aumentare d’intensità mentre si alzava in volo. A quella figura che, invisibile e silenziosa, scrutava immobile lo spazio sottostante, quella scena ricordò vagamente gli antichi riti funebri quando, per onorare la morte di una persona, la si poneva su una catasta di fasci di legna per poi darle fuoco. Beh, chi più di un re potrebbe meritare un rito simile, pensò divertita mentre la mongolfiera s’innalzava luminosa nel cielo notturno come una stella che, impaziente, bramava ricongiungersi alle sue sorelle. Solo quando essa scomparve, inghiottita dalla notte, urla di esultanza sostituirono il silenzio grave presente fino a pochi attimi prima.
Nel giro di pochi minuti l’atmosfera cambiò drasticamente. Il rogo era il segnale per le famiglie di ritirarsi nei propri focolari domestici, lasciando il posto a coloro che si apprestavano ad indossare una maschera per dare libero sfogo ai propri istinti, nascondendosi così agli occhi severi della società. Musica rock, bottiglie di birra e alcol e danze disinibite, riempirono la piazza. Solo allora, quando il caos sembrava farla da padrone, la figura solitaria si alzò in piedi.
“Così tanti giovani da tentare,” mormorò divertita, “così tante anime. Che spreco.” Scosse la testa. Non era quello il motivo che l’aveva condotta lì durante i festeggiamenti del Carnevale.
Saltò giù dal palazzo atterrando con grazia felina. Il mantello –nero come le tenebre più profonde -svolazzò attorno alla sua figura per poi riavvolgerla completamente. Con il cappuccio ben calato sul volto, si addentrò tra la folla, ignorando i vaneggiamenti degli ubriachi, le urla della band e i gemiti di coppie che si lasciavano travolgere dall’euforia carnevalesca, scrutando con i suoi occhi grigi la calca che la circondava.

Attraversò indisturbata buona parte della piazza, volgendo lo sguardo in ogni direzione, senza però riuscire a trovare il suo obiettivo. All’improvviso, una mano le afferrò il braccio, strattonandola indietro. Presa alla sprovvista, la figura non oppose alcuna resistenza andando così a sbattere contro un corpo duro. Poi una voce bassa, roca, le sussurrò piano all’orecchio. “Cercavi qualcuno, Tentatrice?”
Merda, pensò, mi ha trovata prima lui.
Cercò di voltarsi ma la stretta ferrea non glielo permise.
“Forse,” rispose con indifferenza, cercando di non far trapelare il fastidio che provava per non essersi accorta prima della sua presenza. “E cosa porta il grande Madiel a scendere tra i comuni mortali? Non hai qualche demone da torturare?” domandò, con tono in parte sarcastico e in parte divertito, a colui che era il più grande dei guerrieri al Suo servizio. Colui il cui compito era quello di eliminare i demoni che, come lei, avevano il compito di tentare e infine catturare le anime dei mortali.
Lui non rispose. Si limitò a stringere maggiormente la presa e ad allontanarsi dalla folla tirandosela dietro. Percorsero tutta la piazza dirigendosi poi verso una scalinata in pietra raggiungendo così la zona medievale del paese. L’uomo non si voltò mai indietro mentre avanzava sicuro verso una meta a lei sconosciuta. La giovane fu costretta quasi a correre per riuscire a tenere il passo, facendo cadere il cappuccio e rivelando così una cascata di ricci, di un rosso così scuro e denso da sembrare sangue, che ondeggiava al ritmo dei suoi passi. Oltrepassarono un vecchio cancello arrugginito entrando nel cortile di un palazzo chiaramente abbandonato. L’uomo la lasciò andare così all’improvviso che lei fu costretta ad appoggiarsi alla parete dell’edificio per non cadere. Ancora intontita per la facilità con cui era stata sorpresa, rimase qualche istante immobile, con il capo chino, gli occhi chiusi fino a quando non sentì pronunciare il suo nome con quella voce che da troppo, troppo tempo non udiva.
“Nyahm” la chiamò mentre le afferrava entrambi i polsi con la mano per bloccarli poi sopra la sua testa.
Un brivido le percorse la schiena. Sollevò la testa per affrontare l’essere che per millenni aveva sterminato tanti suoi simili grazie a quel potere che –come narravano i più – avrebbe potuto distruggere con un semplice tocco il Diavolo in persona.
Non fu l’intensità della sua aura, o la mole che la sovrastava, a lasciarla senza fiato e con la gola riarsa. Nemmeno la sua tenuta da combattimento in pelle nera -un abbigliamento che di certo non si addiceva a uno della sua risma -ne la scura chioma ribelle che gli incorniciava quel volto duro, ma perfetto, fino a ricadergli sulle spalle. No. Furono gli occhi la sua rovina.
Solo una creatura divina poteva possedere uno sguardo simile. Semi-nascosta da una semplice maschera di seta nera, l’iride era di un azzurro così puro e intenso da farle quasi male e attorno alla pupilla c’era un lieve bagliore luminoso. Bagliore che si intensificò quando anche Madiel la sottopose ad uno scrupoloso esame. A giudicare dal modo in cui si arcuò quel sopracciglio scuro ben definito, apprezzò notevolmente la vista come confermarono anche le parole che seguirono.
“ Vuoi forse attirare le attenzioni di qualche lupo, mia bellissima cappuccetto rosso?”
La labbra carnose di Nyahm si incresparono in un sorriso sensuale. Per l’occasione aveva deciso di indossare una versione più provocante e tenebrosa del semplice costume fiabesco. Un top-corsetto nero con nastri di un rosso brillante ai lati che le fasciavano il busto, mettendo in risalto l’ampia scollatura, una gonna nera di pelle con il bordo strappato evidenziava le sue lunghe gambe avvolte da stivali neri e per finire, guanti di raso rosso. A differenza dell’originale, il suo costume non prevedeva una mantellina rossa ma una nera che ben si adattava a un demone come lei e una maschera di seta nera a coprirle la parte superiore del volto.
“Credo che sia il caso che il cacciatore interrompa la passeggiata della bella fanciulla prima che si trasformi in una vittima.” Continuò lui con tono di scherno e un’espressione completamente virile.
Nyahm, che fino a quel momento era stata anche troppo vittima degli eventi, era stanca di starsene immobile alla mercé di un angelo, soprattutto di questo angelo. Era ora di giocare.
“E il cacciatore è proprio sicuro di riuscire nel suo intento?” replicò lei civettuola, avvicinando il suo corpo a quello di lui, strusciandosi con fare provocante. Scatenare la lussuria di un uomo era il suo lavoro, ciò che gli riusciva meglio. Nessuno poteva resistergli.
Un ringhio d’avvertimento provenne dalla gola di Madiel mentre rafforzava maggiormente la presa. “Allora,” continuò lei imperterrita, “prova a fermare questo.” Sollevò rapidamente un ginocchio colpendolo allo stomaco. L’angelo non poté fare a meno di tirarsi indietro lasciandola libera. Approfittando di quel lieve vantaggio, Nyahm ne approfittò per attaccare. Riuscì a portare a segno qualche colpo prima che Madiel le bloccò un calcio alto, rigirandola per la caviglia e facendole perdere l’equilibrio, mandandola così a terra. La donna boccheggiò per la caduta e subito sentì un corpo pesante premere su di lei.
Occhi argentati incontrarono quelli di un cielo senza fine.
“Ora basta, Nyahm,” sussurrò piano lui, una mano che la avvicinava a sé all’altezza dei fianchi mentre con l’altra stringeva una ciocca di capelli rossi. “Basta giocare. Il tempo avanza imperterrito, sia che noi lo ignoriamo o che ne siamo consapevoli.”
“Lo so,” rispose lei rilassandosi sotto di lui. Quella resa fu la prova che cercava Madiel. Senza perdere altro tempo, cercò le labbra di lei reclamando quel bacio che aveva atteso da un intero anno. Quel bacio non fu dolce o tenero ma selvaggio, possessivo…bramoso.
Nyahm si perse nelle sensazioni che Madiel scatenò dentro di lei.  Presto quelle labbra così calde e peccaminose scesero lungo il collo, soffermandosi sulla vena e succhiando più volte quel punto così sensibile.
“Madiel ti prego, non ce la faccio più.”
Lui alzò la testa per guardarla dritta negli occhi. Nonostante le maschere che celavano parte dei loro volti, il desiderio che entrambi lessero l’uno nello sguardo dell’altro pose fine ad ogni tentennamento, ogni resistenza. Sollevandola tra le braccia senza alcuno sforzo, l’uomo entrò dentro il palazzo con passo sicuro, senza rallentare e abbattendo con un solo calcio la porta che si era parata come ostacolo al suo cammino. I due entrarono dentro all’appartamento vuoto, fermandosi solo il tempo necessario a controllare che fosse effettivamente disabitato. Nyahm se ne stava rannicchiata tra le sue braccia, stringendolo al collo e accarezzandogli con la mano i capelli setosi di lui. Le era mancata così tanto quella sensazione.
Quando Madiel la posò delicatamente su un letto, non ci fu più tempo per pensare. Entrambi lasciarono che la passione, il desiderio e la disperazione prendessero il sopravvento. Senza più la barriera dei vestiti a interporsi tra loro, Madiel entrò con un’unica, possente spinta dentro di lei, non riuscendo più a resistere alla voglia di sentirla nuovamente attorno a sé. “Per tutti i cieli del Paradiso!”

Nyahm rise nel sentirlo dire quell’esclamazione. Madiel la pronunciava ad ogni loro unione. Il riso venne presto sostituito da gemiti, brividi e il ritmo incalzante di lui che la penetrava. Continuarono ad amarsi così per le ore che seguirono. Due amanti che cercavano di fondersi fino a diventare una cosa sola. Perché era ciò che loro erano, nonostante le leggi infernali e divine non concepissero una simile idea.
Soddisfatta la lussuria e la brama che li stava divorando da un anno, Madiel continuò a tenerla stretta a sé, accarezzandole la schiena con fare rassicurante.
Nyahm teneva la testa appoggiata sul suo petto mentre ripeteva lo stesso gesto con cui la stava cullando lui, ma l’alba era ormai prossima.
Esalò un respiro carico di tristezza prima di sollevarsi e guardarlo in volto.
“Cosa c’è?” le chiese.
Rimase in silenzio a fissarlo per qualche minuto mentre con la punta delle dita percorreva i lineamenti di quel volto che per alcuni  era la manifestazione della crudeltà e della giustizia divina, ma per lei era solo il viso dell’uomo che amava…e che non avrebbe mai potuto avere.
“Ti amo.” Gli sussurrò prima di baciarlo dolcemente dapprima sugli occhi, avvertendo anche la morbidezza della seta della maschera, per poi posarsi sulla bocca così da fargli percepire tutto l’amore che covava dentro il suo cuore e che era costretta a nascondere. Quando si scostarono, il sorriso che ricevette in cambio fece sciogliere Nyahm che si aggrappò a lui con tutte le sue forze, lasciando che la disperazione emergesse dall’angolo buio dove l’aveva relegata. Odiava perdere il controllo in quel modo e rovinare così l’unica notte loro concessa ma non poteva farne a meno. L’ingiustizia del fato pesava su di lei di anno in anno.
“Shhh. Nyahm ti prego non fare così.” Mormorò Madiel mentre si chinava protettivo su di lei baciandole la fronte. “Non sopporto di vedere le tue lacrime.”
“Mi dispiace Madiel, ma non ce la faccio. Vorrei poter gridare il tuo nome non per rabbia – come sono costretta a fare – ma per amore! Ci è concessa quest’unica notte dell’anno per stare insieme e solo perché gli umani, con le loro maschere e il loro desiderio di diventare qualcun altro, creano una falla nell’equilibrio delle anime tale da non permettere a Loro di vederci.”
“Lo so,” si limitò a dire lui, “lo so.”
Restarono a cullarsi ancora, per un tempo che sembrò troppo breve, prima di tornare ad amarsi un’ultima volta imprimendo in quell’azione tutte le emozioni che avevano custodito dentro i loro cuori.
Quando l’alba iniziò a dissipare il manto della notte la coppia si rivestì e, silenziosa, uscì nuovamente fuori in giardino.
“Vorrei poter togliere questa maschera e liberarti così da questo fardello.” Pronunciò tristemente Nyahm mentre accarezzava quella stoffa  identica alla sua.
“Non puoi e lo sai bene. È l’unica cosa che ci protegge.”
Lo sapeva. Se gli umani durante il Carnevale indossavano una maschera per nascondere se stessi e diventare così qualcun altro, per loro accadeva il contrario. Quella maschera rappresentava il loro vero io, i loro desideri, il loro cuore. Era quando la toglievano che impersonavano un’altra persona, qualcuna che, agli occhi del Paradiso e dell’Inferno, era degno di continuare la divina lotta eterna.
Si baciarono un’ultima volta prima di allontanarsi. Erano pronti entrambi ad indossare la loro maschera per un altro anno ancora.


                  



L'autrice:
Lucia Squitieri nasce a Salerno il 28 Aprile 1985. Da piccola amava leggere storie su mondi incantati e creature magiche, un amore che, crescendo, l’ha portata a leggere dapprima libri per ragazzi quali Piccoli Brividi e la serie Animorphs di K.A.Applegate, per poi ampliare le proprie conoscenze fino ad approdare a quello che è diventato il suo genere preferito: l’Urban Fantasy. 
Essendo rimasta affascinata dalla serie Guild Hunter di Singh Nalini, ha scritto una fan fiction intitolata Archangel’s Love per il forum Insaziabili Letture
Studia Beni Culturali presso l’Università degli Studi della Tuscia di Viterbo.







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