Teresa Siciliano nella sua rubrica ci propone l'analisi di un saggio sul racconto di Paolo Cognetti, un'opera che è utile agli scrittori ma piacevole anche per i lettori.
Quest’anno sono entrata a far parte del
circolo di lettura, attivo presso la Ennio Flaiano, la biblioteca del mio
quartiere. Mi sono ritrovata a leggere libri, in genere di piccole case
editrici, non scelti da noi ma dalla direzione biblioteche di Roma, con scopi,
secondo me, soprattutto pubblicitari.

Che c’entra la pesca? È una metafora
che l’autore usa per collegare la scrittura con monachesimo e yoga, cioè con
riflessione e meditazione, partendo dal riferimento a In mezzo scorre il fiume di Norman Maclean, che per me vuol dire il
film di Robert Redford.

Eppure è uno dei libri di critica
letteraria più interessanti che abbia mai letto. Non sono in grado di rendergli
giustizia, quindi accontentatevi di qualche spigolatura.
Il racconto, si sostiene, non è solo
una narrazione breve, ma anche incompleta: è qualcosa di intravisto, è un
frammento di vita, è un iceberg dove la parte più importante si trova sotto il
pelo dell’acqua, è un punto di domanda, è una finestra. Il suo aspetto più
caratteristico è dire le cose nel modo più preciso e più breve possibile e
lasciar fare il resto all’intuizione e alla sensibilità del lettore, che quindi
per Cognetti svolge una funzione molto attiva nella fruizione dell’opera
letteraria. Il resto, naturalmente, è quanto l’autore non ha voluto dire
esplicitamente, ma solo suggerire.
L’esemplificazione è molto ampia e a
volte ho avuto il dubbio che nei testi citati non ci fosse tutta la profondità
vista dall’autore. Che ce l’abbia aggiunta lui, insomma. Donde mi è venuta una
gran voglia di andare a verificare attraverso la lettura diretta i testi
americani citati, ma anche le opere letterarie di Cognetti stesso. Che è uno
straordinario affabulatore, un po’ sul tipo del Baricco di Pickwick (particolarmente significativo, secondo me, il racconto
“premonitore” su Hemingway, suo padre e il fucile). Tanto che alla fine il
manuale di critica letteraria diventa addirittura un manuale di vita, valido
anche per noi non-scrittori. Paradossalmente centrale una considerazione: “Ci sono cose che non si possono imparare dai
libri, temo, specialmente quelle che si fanno con le mani, anche se non mi
arresi ad ammetterlo fino alla fine della stagione della pesca”.
A volte Cognetti sembra riallacciarsi a
Virginia Woolf (che però non nomina) quando dice allo scrittore: ama i tuoi
personaggi, non pensare di sapere tutto di loro, tramanda i ricordi della gente
comune, racconta come se fossi il primo a farlo; la letteratura non nasce da
ciò che sappiamo, ma da ciò che NON sappiamo.

Questa è la presentazione: “Ora Sofia vive in America da clandestina.
Suo padre è morto da qualche anno, lei ha tagliato i ponti con l’Italia e si
barcamena cercando di fare l’attrice a New York. A quanto pare sta con uno
scrittore. L’America è per entrambi – per Sofia e per lui, ma potrei dire per
me – non tanto una terra promessa, quanto quella in cui fare i conti con le
proprie radici. Radici elettive ma non per questo meno profonde, se è vero che
non veniamo solo dai nostri genitori, o dal luogo in cui siamo cresciuti, ma
anche dalle storie che ci hanno insegnato a stare al mondo. Così Sofia scopre
che New York è la città giusta per ripensare alla sua, di storia, e
ripercorrerla a ritroso. E che l’America le appartiene come una patria reale,
se le capita di leggere certi scrittori e ritrovarci dentro suo padre. La
stessa cosa è successa a me e spero basti a spiegare non solo le dediche dei
racconti, ma tutta l’America contenuta in questo libro.”
Insomma, non dobbiamo essere
campanilisti e provinciali.
E adesso abbiamo anche qualche argomento
in più per rispondere a quelle recensioni che davanti a un racconto si
lamentano perché non si tratta di un romanzo.
Grazie infinite per questi approfondimenti, sono davvero preziosi!
RispondiEliminaHo letto il libro di Massimo Recalcati proprio grazie alla tua rubrica e mi è decisamente piaciuto, per cui mi butterò a pesce anche su questo saggio.
Fra l'altro apprezzo molto la letteratura anglosassone e un testo del genere dovrebbe darmi tanti spunti nuovi...
Un caro saluto.
Anna
Brava Teresa, bell'articolo! Ripenso a certi racconti di Poe e di Maupassant, delle vere perle. Scorci di vita, scorci SIGNIFICATIVI di vita, in cui col poco l'autore e il personaggio riescono a dire tanto. Un po' come quei momenti nella vita reale in cui, all'improvviso, hai un'illuminazione. E capisci, impari più in quel momento che non nelle settimane, nei mesi precedenti. Nebbia contro un penetrante, improvviso raggio di sole.
RispondiEliminaAnna e Monica, vi sono grata per l'interessamento.
RispondiEliminaGrazie, cara Matesi, per questo articolo molto interessante.
RispondiEliminaLinda