Teresa Siciliano ci conduce in un viaggio nel romanzo "Anna Karenina" di Lev Tolstoj, alla scoperta delle storie d'amore che l'hanno reso immortale.
Anna
Karenina è un romanzo ampio e
complesso, uno di quei libri che hanno l’ambizione di riassumere una società,
anzi tutto un mondo. Ma quello che ci interessa in questa sede è il concetto di
coppia e di famiglia. Celebre l’esordio: Tutte
le famiglie felici sono simili fra loro, ogni famiglia infelice è infelice a
modo suo.
Le coppie coinvolte dallo scrittore
nella sua analisi non sono poche. Ma, come dice il nostro titolo, le principali
sono due, in netta contrapposizione fra di loro. Ad unire Anna e Vronskij è un
colpo di fulmine, per Kitty e Levin le cose saranno molto più lunghe e
complicate.
Nell’insieme del romanzo risulta
piuttosto chiaro quale sia la coppia che Tolstoj erige a modello, così come la
sua polemica nei confronti dell’amore romantico. Non per niente Levin e Kitty
sono trasfigurazioni dello scrittore e di sua moglie: pensate che addirittura
la celebre scena della dichiarazione è quasi esattamente quella di Tolstoj a
Sofia. Quasi, perché Kitty capisce tutto subito (a differenza di chi legge),
Sofia invece ebbe bisogno di una spiegazione (la differenza fra la realtà e la
sua trasfigurazione artistica).
Anna è una donna raffinata dell’alta
società, mai prima stata infedele a suo marito, che ha sposato, come usava
all’epoca, per normale convenienza. Contro tutte le sue aspettative l’amore e
la passione la travolgono. E per giunta né lei né Vronskij sono disposti ad
accettare di salvare le apparenze, come tante altre coppie adulterine intorno a
loro. Questo comporta un prezzo altissimo: Vronskij deve lasciare l’esercito,
in cui trovava la sua migliore realizzazione, Anna deve abbandonare il figlio,
come comportavano le leggi dell’epoca, entrambi devono sopportare
l’emarginazione sociale (davvero totale per quanto riguarda Anna) e soggiornare
all’estero, dove la situazione è più sopportabile. A ciò Vronskij in qualche
misura si rassegna, Anna no, perché rivendica il suo diritto a vivere un amore
assoluto. Il problema è che il suo partner non è in grado di seguirla su questa
strada: Vronskij non è una cattiva persona, l’ama sinceramente, per quanto sa e
può, ma anche capisce che più di tanta libertà non è possibile ottenere e tante
cose gli mancano nella loro vita. E segue il calvario usuale in questi casi,
perché, come disse Sammy Davis, non si può essere in guerra con tutto il mondo:
la gelosia di Anna fino ai limiti dell’ossessione, l’abuso di laudano e la
scelta del suicidio, una morte orribile, che è stata spesso interpretata come
una punizione da parte dello scrittore nei confronti della sua protagonista.
Che tuttavia viene accompagnata da molta umana pietà e soprattutto collocata su
un piano morale nettamente superiore alla società che la
condanna. A partire dalla madre di Vronskij, la più spietata accusatrice di
Anna, nonostante abbia fatto di molto peggio nella sua giovinezza, ricavandone
però grandi vantaggi sociali. Naturalmente solo perché salvava le apparenze.
Le cose sono molto diverse per l’altra
coppia: Levin si innamora subito, Kitty, invece, è giovane ed inesperta, come
tutte le debuttanti di una volta, stenta a distinguere fra la vanità e l’amore,
il fascino superficiale e le doti che fanno di un uomo un buon marito. Tolstoj
rappresenta il loro rapporto all’insegna del più attento realismo, analizzando
innanzitutto come la concezione maschile della vita fosse diversa da quella
femminile. Basta vedere come i due affrontano la malattia e la morte di
Nikolaj, il fratello di Levin. Mentre Levin è terrorizzato dall’idea della
morte, Kitty la affronta innanzitutto come un insieme di cose da fare: bisogna
cambiare le lenzuola, pulire tutto, convincere il malato a prendere l’estrema
unzione e via dicendo.
Levin, nei momenti di grande svolta, come il matrimonio
o la paternità, pensa sempre che tutto cambierà quasi miracolosamente e invece
le cose vanno sempre in modo diverso: ad esempio, quando vede il proprio figlio
appena nato, non prova affatto i sentimenti che si aspettava. Dietro si sente
la concezione tolstojana della donna e dei rapporti fra marito e moglie, una
concezione che ormai noi consideriamo arretrata perché sembra confinare la
donna negli aspetti più secondo natura e fisicità. Eppure questo non gli
impedisce di esprimere il sentimento d’amore in frasi indimenticabili per
pregnanza. Ugualmente significativo il gran finale, quello che segue la
“conversione” di Levin e la sua scoperta della fede, o di qualcosa che ci
assomiglia.
Egualmente discuterò,
esprimerò a sproposito i miei pensieri, ci sarà lo stesso muro fra il sacrario
della mia anima e gli altri, e perfino con mia moglie, la brontolerò egualmente
per lo spavento che ho provato, e ne sentirò rimorso, egualmente non capirò con
la ragione perché prego e potrò pregare, ma ora la mia vita, tutta la mia vita,
qualunque cosa accada, in ogni suo momento, non solo non è priva di senso come
prima, ma ha un significato sicuro che le deriva dal bene su cui io posso
fondarla.
Ma quanto mi piace leggere l'angolo di Matesi, grazie davvero
RispondiEliminaMarta
Stupendo, meraviglioso, unico!
RispondiEliminaStupendo, meraviglioso, unico!
RispondiEliminaGrazie ad entrambe.
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