Genere:
Ucronico
Formato:
cartaceo
Prezzo:
16,50
Data
Pubblicazione:
ISBN
cartaceo 9788899960735
Sinossi:
Tula, 4 settembre
1946.
Rodion è
un bambino di nazionalità russa
che sopravvive a
stento nella dura
realtà dei campi di
isterilimento nazista. La
Germania ha vinto
la Seconda Guerra Mondiale e,
insieme ai suoi
alleati, ha creato
un regime fanatico
e totalitario in tutto
il mondo. Tredici
anni dopo, Edmund
è l'altra faccia della
medaglia: un giovane
tedesco vittima della
folle propaganda nazista che cela
oscuri retroscena, mascherandoli
con nobili ideali, ai quali
il ragazzo crede
con assoluta fedeltà .
Il desiderio di difendere la
patria si concretizza
presto in una
chiamata alle armi e
lì la lotta di
Edmund Heyder si
tramuta gradualmente in un
percorso di dubbi e
incertezze sulla validitÃ
di un pensiero
che uccide l’umanità . Famiglia, amicizia,
rispetto di sé
e del prossimo, patriottismo, dignità , orgoglio
e amore gravitano
attorno a lui
e alla verità che un
sovietico rimane pur
sempre un essere
umano. Un romanzo senza alternative, né
sconti, dove la
crudeltà dell’uomo arriva
a uccidere persino se stessa,
in un crescendo
di azioni e
rivoluzioni. Non c’è
vincitore dove c’è
guerra e non
c’è anima se
a schiacciarla è l’idea che
un uomo valga
più di un
altro, in ogni
caso.
Biografia:
Beatrice Simonetti è
nata a Loreto
il 3 luglio
1994 e attualmente
vive a Castelfidardo, nelle
Marche. A prescindere
dai suoi studi
che l’hanno portata
ad approfondire la
passione per le
culture e per
le lingue occidentali
e orientali, soprattutto
russo e tedesco,
ha sempre avuto
un grande amore
per la lettura,
grazie alla sua
famiglia. Le lettere
l’hanno affascinata fin
da bambina, per
questo ha poi
deciso di mettere
su carta le sue storie,
dando vita a
nuove realtà con
cui spera di
coinvolgere chi come
lei non può
fare a meno
dell’immaginazione. Rodion è il suo
romanzo d’esordio e il primo
per la Delrai
Edizioni.
Leggere
Rodion è stato come ricevere un pugno
allo stomaco o avere “il magone”. Non è una lettura facile: è un libro che
tratta di sofferenza, atrocità e umanità , nell’universo spietato del Nazismo.
Di fatto, il mondo ucronico proposto dall’autrice, può essere considerato come
sfondo per presentare una storia verosimile che poteva anche essere ambientata
nel “vero” periodo nazista.
Rodion è la
presa di coscienza tormentata del protagonista sulla sua identità e sulle proprie
origini, così come sull’efferatezza del Nazismo e sull’abietto senso di
superiorità della razza ariana. Ma questa consapevolezza ha un sapore amaro e
il prezzo che Rodion paga è molto alto, non solo sul piano fisico, ma
soprattutto emotivo, mentale e umano: certezze che vacillano e svaniscono, angoscia
e privazioni, dolore e rabbia, resistenza fisica e tempra mentale, sentimenti
contrastanti che si alternano a emozioni genuine… Che cosa resta di lui alla
fine del percorso tortuoso e insidioso: è Rodion o è rimasto Edmund Heyder,
l’identità con cui è stato cresciuto? Oppure non è nessuno dei due, ma è una
personalità nuova che accoglie entrambi?
La
vita di Rodion si intreccia con altre esistenze. Tutti i personaggi principali
vengono analizzati. La loro resa psicologica è definita al pari del
protagonista: l’intenzione dell’autrice è di umanizzare tutti, “buoni” e
“cattivi”. Perché non esiste “il bianco” o “il nero”, il superiore o
l’inferiore… esiste solo e semplicemente l’Uomo, con la sua unicità e tragicità ,
con pregi e difetti.
E
così anche il super-cattivo di turno, che ho odiato con tutta me stessa, viene
delineato in modo approfondito. Per comprendere Meinrad Werner bisogna capire
le personalità che popolavano il partito nazista, come coloro che accedevano ai
ranghi superiori oppure che presidiavano i campi di concentramento. Si trattava
di caratteri distorti ed esaltati, pur nella loro scaltrezza e lucidità , figli
di famiglie problematiche o che celebravano l’ideologia. La discesa all’inferno
di Meinrad può essere considerata l’antitesi della salita dall’inferno di
Rodion, che invece preserva la sensibilità . Meinrad cade nel baratro più tetro,
quello della perdita di umanità , che lo rende inflessibile, freddo e feroce.
Se
Rodion mantiene l’umanità non dipende solo dalle origini, ma perché può contare
sulla madre e sull’amica d’infanzia. Bisogna sempre considerare i tempi che corrono
e quindi anche loro non sono esenti da errori di valutazione e pregiudizi, ma
mantengono una certa etica. Perché in fondo non tutti i cosiddetti ariani la
pensavano come gli esaltati… Lo insegna la Storia e c’è traccia anche in questo
romanzo. La madre, Charlotte, trova nel crescere Rodion una sorta di espiazione
dalle passate certezze sulla razza ariana. L’amica d’infanzia, Alatiel, si
aggrappa infine alla percezione nazista sul carisma e sull’audacia che difende
i confini. Nel libro non sono le sole figure tedesche a non accettare in pieno
l’ideologia nazista, e mi è piaciuto che l’autrice abbia inserito anche questa
particolarità .
Infine, non posso non citare la massa di disperati vessata dai Nazisti e i ribelli che
lottano contro gli oppressori. In questo caso sono i sovietici. Mentre leggevo
avevo davanti le immagini dei documentari, dei film e della Storia letta sulle persecuzioni
ebraiche da parte dei Nazisti. È stato un colpo al cuore leggere di questi
orrori e mi sono sentita orgogliosa della resistenza disperata.
Rodion è un
libro crudo, che riflette l’ideologia del Nazismo, che narra la sopravvivenza di
Rodion e dei suoi valori in un contesto così feroce. La scrittura non risparmia
nulla e mostra l’autenticità dei fatti narrati. Il cammino che affronta Rodion
e la sua personalità diventano il simbolo dell’Uomo nelle sue libertà e umanità .
“Non
esistono forti, non esistono deboli. Ciò che esiste è l’umanità , perfetta nella
sua imperfezione, valida nella sua erroneità […] Siamo uomini. Siamo fatti
tutti egualmente di carne e siamo tutti uguali”
«Non
sono un soldato. Solo un uomo. Sono solo un uomo»
Rodion
e il senso di patria
Immaginiamo
che il giovane Rodion, invece di vivere in un mondo nel quale la morale oscilla
come una bussola impazzita alla ricerca delle giuste coordinate, si ritrovi a
confrontarsi con una modalità uniforme, un luogo dove tutto svanisce nei numeri
e dove il riconoscimento dell’individuo avviene solo grazie alla matricola che
si riceve dalla nascita. In una patria così uniforme, meccanica, figlia delle
scienze esatte del nostro secolo, Rodion non sarebbe stato che una persona tra
tante.
Oggi
sperimentare un’idea come quella di patria risulta difficile: il mondo è
global, social, smart, assume un volto universale nel quale l’essere con gli
altri è ridotto a conversazioni da fast food, alacri ed immediate al pari di
una rapida consumazione. Non è facile riscoprire l’autenticità che ci
contraddistingue, il luogo in cui l’umano incontra sé stesso attraverso
l’altro. Questo è lo stesso mondo grigio e spento che si profila sul
palcoscenico del romanzo, un mondo che corre sul posto, che si affanna per
edificare nuovi valori sui quali sorreggersi, senza poter fare a meno di
tentennare. Qual è la vera patria di Rodion? È un luogo oppure un tempo? È uno
spazio oppure uno stato d’animo? È dentro di lui oppure è nel partito del quale
segue i dettami con rigorosità ?
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