Recensione: "BRIDGERTON - STAGIONE 2"


Dalla creatività di Shondaland e dell’ideatore Chris Van Dusen, la seconda stagione di 
Bridgerton segue Lord Anthony Bridgerton (Jonathan Bailey), il maggiore dei fratelli e sorelle Bridgerton nonché visconte, nella sua ricerca di una moglie adeguata. Guidato dal suo senso del dovere nel salvaguardare il nome della sua famiglia, la ricerca di Anthony per una debuttante che incontri i suoi standard impossibili sembra destinata a fallire, finché Kate Sharma (Simone Ashley) e la sua sorella più giovane Edwina (Charithra Chandran) non arrivano dall’India. Quando Anthony inizia a corteggiare Edwina, Kate scopre la vera natura delle sue intenzioni – il vero amore non è in cima alle sue priorità – e decide di fare qualunque cosa in suo potere per impedire la loro unione. Ma, facendo questo, le schermaglie verbali tra Kate e Anthony non fanno altro che avvicinarli sempre di più, complicando le cose per entrambi. Dall’altra parte di Grosvenor Square, i Featherington devono dare il benvenuto al nuovo erede nella loro tenuta, mentre Penelope (Nicola Coughlan) continua a muoversi per l’alta società tenendo nascosto il suo segreto più profondo dalle persone che le stanno più vicino.  

 
 

 
Bridgerton – Stagione 2 è finalmente arrivata!
La serie evento prodotta da Shondaland è approdata solo ieri su Netflix, coinvolgendo con numeri sorprendenti non solo le affezionate lettrici di Julia Quinn, ma anche un pubblico più generalista, conquistato dalla formula con cui lo showrunner Chris Van Dusen ha reso moderno il romanzo rosa in costume.
Abiti da favola, canzoni pop del calibro di Material Girl di Madonna eseguite al violino da parrucconi musicisti, fotografia ipersatura che buca lo schermo, Bridgerton 2 non si discosta dalla prima, amatissima stagione, e si riconferma un evento per gli appassionati.
E adesso, accantonata la bellezza del Duca di Hestings, ad accogliere lo stuolo di ammiratrici c’è l’affascinante e virile Anthony Bridgerton.
Splendidamente interpretato da Jonathan Bailey, il visconte si era già distinto nelle prime otto puntate dedicate alla sorella Daphne come un personaggio complesso e sfaccettato, più tormentato del bel Duca.
Ammettiamolo, il bellissimo Regé-Jean Page non ha dovuto far altro che star fermo e in silenzio a farsi guardare, lasciando alla dolce metà, interpretata dall’incantevole e anche qui stupenda Phoebe Dynevor, il compito di condurci nell’universo emotivo di una giovane donna al suo debutto sul mercato matrimoniale.
Una storia più semplice, quella di Daphne e Simon, forse più fiabesca e passionale.
L’adattamento de “Il visconte che mi amava”, invece, appare un dramma più maturo, più realistico e umano. Non temete, meno sesso ma più tormento conquistano ugualmente, soprattutto per merito di un Anthony mai così vivo e vibrante come nella sceneggiatura di Van Dusen.
Fare paragoni con il romanzo è uno sforzo futile: il visconte che incontriamo sullo schermo, rispetto al personaggio di carta, ci è apparso sin dall’episodio 1 della prima stagione un eroe più drammaticamente diviso tra le aspirazioni personali e le responsabilità verso la famiglia. Ma forse, più che diviso, il termine adatto sarebbe schiacciato.
Si guarda Jonathan Bailey sullo schermo e si vive con partecipazione e dolore il suo senso di soffocamento, enfatizzato da primi piani e sfocature che ci coinvolgono in una prospettiva tanto ristretta da asfissiarci.
La vita di Anthony non è cambiata dopo la passione per Sienna Rosso. Lo abbiamo lasciato deluso e disilluso, vittima dell’amore impossibile per una cantante che il ton non avrebbe accettato come sua compagna, e lo ritroviamo frustrato e rancoroso, pronto a prender moglie nei modi e secondo le aspettative di una società che pretende dal suo titolo più di quanto l’uomo sia disposto a concedere.
È un Anthony che si è arreso, quello che ci accoglie all’inizio di questo nuovo viaggio, un Anthony che non ha più speranze né sogni per sé. La famiglia è la sua forza ma anche la sua debolezza, e per essa si immola più di quanto gli sia richiesto. Il suo senso dell’onore e le sue responsabilità lo allontanano, anziché avvicinarlo ai fratelli, lo isolano e lo costringono quasi a un intima forma di cannibalismo.
Anthony si guarda, si giudica mai all’altezza, e allora si logora, si strugge e distrugge.
Un personaggio semplicemente stupendo.
È lui a trainare e tessere la trama emotiva della serie.
A lui si devono i momenti più commoventi, i cambiamenti più profondi, le realizzazioni più emozionanti.
Sono i suoi occhi lucidi, la voce che si spezza quando ancora una volta si costringe a rifiutare e dissimulare a conquistare lo spettatore (senza accennare agli splendidi e intensissimi dialoghi con la madre che vi strapperanno più di qualche lacrima).
Kate Sharma, che pur ispira e detta tali sconvolgimenti nel visconte, fa onestamente un po’ poco per aiutarlo. Donna più adulta e indipendente di Daphne, forse unica giovane che nel fatuo universo ottocentesco appare gravata dalle responsabilità tanto quanto il protagonista, non si scopre abbastanza da creare l’empatia generata dalla controparte maschile (con cui pure instaura una coinvolgente tensione sessuale che sarà il vero leitmotiv della relazione tra i due).
Kate cambia poco e, pare, quasi mai per sua scelta. Ammetto che il suo personaggio mi ha convinta meno, forse anche a causa di una Simone Ashley un po’ statica, nonostante ciò lo annovero come tassello imprescindibile nella nuova configurazione dell’universo femminile della serie Bridgerton. Sì, perché quello che sicuramente caratterizza questa seconda stagione, oltre all’esasperato dissidio tra responsabilità e desideri personali, è sicuramente la ribalta delle donne.
Daphne era incastrata nel ruolo di giovane alla ricerca di marito e votata alla maternità, obiettivo centrale e perseguito con fin troppa ostinazione per metà della prima stagione; le nuove protagoniste in scena, invece, hanno ben altre aspirazioni e ambizioni.
Eloise, sempre più caratterizzata come suffragetta, intraprende percorsi di crescita culturale che rendono più complessa e circostanziata la sua innata vocazione alla ribellione; Penelope appare sempre più sicura del suo ruolo di donna che fa impresa e si sostiene con le proprie (anche se non sempre onorevoli) forze; Edwina Sharma, sorella di Kate che per prima incontra i favori e le mire matrimoniali del visconte, spicca per una personalità amabile, ma anche coraggiosa e indipendente.
E, tra i nuovi personaggi, devo dire che proprio Edwina ha attirato la mia attenzione e si è procurata il mio plauso. Appare nello show come una eterea principessa Disney (Charithra Chandran è una bambolina deliziosa!) per poi rivelarsi, forse, il personaggio più coraggioso e intraprendente in scena. In una sequenza magnifica della sesta puntata (dal minuto 58, andate a pescarlo!), con non poca sofferenza comprende che la vittoria più grande è decidere per conto proprio, impossessandosi e domando da sola il proprio destino.
Una bella stagione, forse meno fiabesca ma più realistica, che fa dell’amore celato, negato e combattuto il perno della narrazione. E se anche perde in alcuni punti un po’ di mordente, stirando un po’ troppo le dinamiche tra Anthony e Kate, non aliena mai del tutto l’interesse dello spettatore, ormai inevitabilmente affezionato alla brigata Bridgerton.
Non resta che attendere la terza stagione, anche se auspico davvero un cambio di ordine rispetto alla serie letteraria: l'Eloise di Claudia Jessie offre spunti troppo ghiotti per essere relegata alla quinta stagione!
 

 

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