Continua la rassegna "Romantic Xmas" di Insaziabili Letture!
Oggi, in attesa del #Natale2015, ci farà compagnia un vampiro sensuale, affascinante, assolutamente indimenticabile: Lotus!
Torna il Blood Catcher di CHRISTIANA V in "WONDER" un racconto che non potete in alcun modo lasciarvi sfuggire!
(E se vi state chiedendo cos'è un Blood Catcher, be', non vi resta che scoprirlo :P)
Buona lettura!
Il racconto è uno spin-off del romanzo Paranormal Romance "BLOOD CATCHER"
Lotus strinse i denti e batté i piedi a terra, scrollandosi di dosso l'acqua. Odiava la pioggia, soprattutto quando scendeva in quel modo, come se Dio si divertisse a buttarla giù con secchi grandi quanto piscine.
Entrò
in casa e lanciò il mazzo di chiavi sulla mensola di fianco alla porta
d'ingresso.
Guardò
in basso. «Porca puttana!»
Una
pozza si era formata attorno ai piedi, scivolando minacciosa verso il parquet
poco distante. Senza perdere tempo, si spogliò e ammucchiò gli abiti zuppi in
un angolo. Poi, nudo come mamma l'aveva fatto, andò in bagno per prendere un
catino vuoto.
Di
solito non nutriva alcun interesse per gli arredi di un alloggio che non gli
apparteneva, in fondo lui non aveva mai avuto una vera casa, ma quei listoni di
legno li aveva montati lui, e solo ricordare la fatica e il tempo impiegati lo
facevano incazzare di brutto.
Anche
perché quel lavoro gli era servito per non pensare all'unico posto dove avrebbe
desiderato essere e in cui non poteva andare.
Raccolse
l'ammasso gocciolante e scese le scale che conducevano al seminterrato, poggiò
il contenitore davanti all'ingresso della lavanderia, infine proseguì fino alla
camera da letto. La stanza quadrata senza finestre era il suo rifugio durante
il giorno, quando doveva proteggersi dai letali raggi del sole. L'arredamento era
ridotto al minimo: un cassettone, un armadio e un confortevole letto king size.
Lotus tirò fuori una tuta dal guardaroba, la indossò e si avviò alla lavatrice
per il bucato.
Terminata
la tediosa incombenza, entrò nel suo ufficio
e si accomodò alla postazione di lavoro. I cinque monitor si illuminarono con
un click del mouse.
«Cominciamo»
borbottò, battendo sulla tastiera. Inserì diversi codici che avrebbero fatto
rimbalzare il segnale da un ripetitore all'altro, infine digitò nel sito della
motorizzazione il numero di targa della Ford Fiesta ammaccata in cui era salita
la donna.
Quella
sera aveva scovato una nuova preda per il Padrone. Il temporale l'aveva appena
sorpreso durante una passeggiata quando se l'era trovata davanti in un
parcheggio. L'odore della sua frustrazione era stato così intenso da coprire le
esalazioni dei gas di scarico e dei tombini intasati.
Probabilmente
la tizia, che scoprì con sollievo essere nubile, lavorava da quelle parti.
Non la zona migliore di Augusta.
Inoltre
viveva in un'altra parte della città , ancora peggiore di quella in cui l’aveva
incontrata. Oh, andiamo, quello era un aspetto che andava a suo vantaggio, cosa
gliene fregava del contesto di degrado sociale in cui la vittima era inserita?
Sai bene il perché. Da
quando si era scontrato con una certa
preda con prole, preferiva sempre vittime senza figli ed era diventato
sensibile a determinate tematiche. Non era una buona cosa per lui, ne andava
del suo operato, già messo a dura prova pochi mesi prima. Scrollò le spalle con
cinismo.
Non sono cazzi miei.
Lotus
continuò a estrarre dati, li incrociò tra loro e creò una strategia
personalizzata per la vittima. Poi si fermò e restò con la mano sospesa a pochi
centimetri dal mouse.
Non lo fare, brutto stronzo.
Non lasciare tracce che loro possano seguire e che conducano a lei.
«Merda!»
sbottò scattando in piedi.
Da
quando aveva combinato il casino ad Aurora, Lotus sapeva di essere sorvegliato.
I suoi computer e il cellulare erano sotto controllo, lo pedinavano ogni volta
che lasciava l'appartamento, il quale era monitorato da videocamere durante il
giorno.
«Come
se potessi uscire!» sbraitò, salendo velocemente le scale.
Puntò
il frigo e tirò fuori una birra e delle fette d'arrosto, poi il pane bianco.
Mentre preparava i panini, ripensò a una cena meravigliosa, fatta di piatti
italiani cucinati a regola d'arte e gemette. Non per i piatti... beh, sì, magari
un po' anche per le prelibatezze che gli avevano fatto venire l'acquolina in
bocca, ma per la cuoca.
Camille.
Lotus
chiuse gli occhi e richiamò alla mente l'immagine della donna che occupava
tutti i suoi pensieri. Fanculo, almeno nella sua testa non potevano entrare!
Vide gli intensi occhi blu, il nasino spruzzato di lentiggini, il sorriso
segreto che rivolgeva solo a lui. E poi sentì i suoi ansiti, le unghie nella
schiena, gli spasmi della fica sul suo uccello quando veniva.
Ecco
qui... era duro per lei, che non si trovava in quella stanza, né nella stessa
città , neanche nello stesso Stato!
Lui
era nel Maine, lei in Illinois.
E il Padrone a Washington.
Che
schifo di vita! Si era scoperto innamorato dopo secoli solo per dover lasciare
il suo amore. Era l'unico modo per preservarlo dalla morte. Sì, perché Camille
era umana, un bersaglio fin troppo fragile per i vampiri come lui. Doveva
proteggerla, anche se questo voleva dire perderla.
A
quel pensiero la solita stretta al petto gli mozzò il respiro. Erano trascorsi
otto mesi da quando se n'era andato dopo avere cancellato ogni suo ricordo
dalla memoria di lei, eppure non riusciva a rassegnarsi.
L'amava
più di ogni cosa, perfino più di se stesso - e lui era un egoista fatto e
finito - ed era destinato a non vederla mai più. Un ringhio sommesso gli partì
dal petto, salì in gola ed esplose dalle labbra in un urlo.
Corse
giù per le scale, si cambiò con abiti rigorosamente neri più pesanti, indossò
gli anfibi e spense il cellulare. Quella notte non poteva resistere alla
propria dipendenza: doveva vedere il volto di Camille almeno per un istante e,
perdio, l'avrebbe visto!
Andò
al piano superiore, uscì di nuovo sotto la pioggia, inserì l'allarme e li
sentì. Tutti quegli occhi incollati su di lui, pronti a seguirlo e a
eliminarlo, se fosse stato necessario.
Lotus
guardò il portellone chiuso del garage. Niente SUV, niente GPS, per un po' non
voleva farsi trovare, almeno prima che il codice che aveva sulla schiena avesse
svelato la sua posizione. Si sentiva un prigioniero in un carcere di massima
sicurezza. Perfino a loro era concessa mezz'ora d'aria, gliela dovevano, cazzo!
Alzò
il volto al cielo buio. La pioggia continuava a cadere con la stessa intensitÃ
ma non se ne preoccupò, dopo una veloce occhiata in entrambe le direzioni, si
smaterializzò. Spinse le particelle verso sud e percepì chiaramente tre
creature unirsi a lui in quel viaggio. A sorpresa, ricomparve in un parco poco
distante. Attese dieci secondi, scompose di nuovo le proprie cellule e cambiò direzione,
stavolta verso ovest. I bastardi tornarono quasi subito a fargli compagnia, e
lui ripropose lo stesso giochino.
Solo altre tre volte, giusto
per confonderli. Quando fu certo di averli seminati, si
materializzò in un vicolo angusto della città . Con passo svelto, Lotus si
immise sulla strada principale poco frequentata per via del temporale. Tenne
gli occhi e le orecchie aperti, setacciò l'ambiente che lo circondava con i
sensi di cui era dotato e finalmente arrivò alla meta: un internet point.
Senza
tergiversare, prenotò una postazione, avviò Google e rintracciò il figlio di
Camille su Facebook.
Ecco lo stronzetto in tutto il
suo splendore!
Con
pochi passaggi hackerò l'account del ragazzo e cercò tra le sue foto quella in
cui la madre lo teneva in braccio. La trovò.
Lotus
si paralizzò, gli occhi fissi sul monitor. Sentì il cuore aumentare le
pulsazioni, il sangue scorrere più veloce nelle vene e le zanne premere contro
le gengive. Cristo, quanto gli mancava! Ed era ancora più bella dell'immagine
che il cervello mandava in loop ogni maledetto giorno.
L'istinto
primordiale insito nella sua natura, in primis di maschio e poi di vampiro,
reclamò a gran voce ciò che gli apparteneva, la donna che era sua grazie al
vincolo di sangue condiviso. Si incollò allo schermo studiando ogni tratto di
Camille fino a leggere i pixel dell'immagine e la frustrazione, quella dannata
frustrazione che cercava continuamente nelle sue vittime, entrò dalla porta
principale senza bussare.
Una
goccia di sudore scese dalla tempia fino alla mandibola, la pelle si tese, i
muscoli si contrassero pronti a scattare.
Sei in un luogo pubblico, non
fare cazzate.
Doveva
distrarsi, pensare ad altro e, soprattutto, uscire da quel cavolo di posto. Con
le mascelle strette guardò un'ultima volta i grandi occhi blu della sua amata,
lasciò scivolare un polpastrello sul monitor lungo la guancia di lei, poi
interruppe il collegamento e cancellò la cronologia. Meglio essere prudenti
qualora i bastardi fossero risaliti a quella postazione.
Uscì
in tutta fretta dall'internet point, svoltò a sinistra e tornò nello stesso
vicolo in cui si era materializzato. Si sentiva pronto a esplodere e già sapeva
che a nulla sarebbe servito ingozzarsi di sangue da una vena oppure scopare
fino a farsi bruciare l'uccello.
Lui
aveva bisogno di Camille, porca puttana!
Con
uno sforzo immenso, riuscì a calmarsi abbastanza da scomporre le cellule e
arrivare a casa sua, in cui entrò con il fiatone e la vista annebbiata. Con
mani tremanti afferrò il cellulare e lo accese, poi si lasciò cadere sul divano
a occhi chiusi.
Tutto
stava per finire. Lo strafottente, superbo e viscido Lotus stava perdendo la
battaglia più importante della sua esistenza, condannando a morte la sua
compagna.
Deglutì
il groppo in gola, digitò il numero telefonico di casa Stark e attese. Uno
squillo. Due. Tre... «Pronto?»
La
voce femminile ci mise un po' a chiarirsi nella testa di Lotus, che restò in
silenzio. Il tono era stridulo e fastidiosamente strascicato, come se la donna
non respirasse in maniera corretta. Una cosa era certa: quella non era Camille.
«Stark?»
si decise infine a dire Lotus.
«Oh
no, mi spiace, gli Stark non abitano più qui.»
Il
vampiro non si prese la briga di salutare e chiuse la comunicazione con la
fronte aggrottata. Se avevano cambiato casa, dove abitava adesso Camille? E
cosa stava facendo? Era ancora con quel bastardo del marito?
Sì,
le aveva detto di amarsi perché nessuno a parte lui l'avrebbe fatto, ma era
rimasta con lui per i ragazzi, da sempre la sua prima preoccupazione?
Scattò
in piedi e andò al tavolo con l'idea di prepararsi dei panini e... sorpresa! Erano
già pronti. Ci si tuffò sopra meditabondo, riusciva sempre a ragionare meglio
con la pancia piena, anche se quel bruciore che gli pervadeva il ventre non
aveva niente a che fare con la fame di cibo. Sapeva che i vampiri innamorati
soffrivano lontani dalla propria compagna, dilaniati da un doloroso malessere
che li faceva affannare e ragionare come le bestie che erano in realtà . Ma lui
benediva ogni dannato secondo della sua vita per la fortuna che gli era
capitata. C'erano creature che non ne assaporavano neanche una goccia nelle
loro fredde e sanguinarie esistenze.
«Devo
fare qualcosa» sbottò balzando in piedi. Si sentiva fremere, il sangue
pizzicava in ogni singola vena, richiamando il gemello che viveva in Camille. A
volte era solo la certezza di portare dentro di sé una parte di lei a farlo
andare avanti, a non cedere a quel miserabile presente.
Il
cellulare squillò. Lotus chiuse gli occhi e inspirò a fondo. Era la suoneria che
aveva attribuito al Padrone. Aveva notato la fuga, anche se era durata solo
mezz'ora. Aveva davvero un guinzaglio corto al collo!
«Padrone»
rispose senza alcuna inflessione nella voce.
«Ho
bisogno di te. Subito.»
Il
tono annoiato non trasse in inganno Lotus, sapeva che stava per subire l'ira di
uno dei vampiri più antichi che avesse mai conosciuto.
«Arrivo
subito» esclamò alla linea ormai muta.
È finita, ormai sono morto
davvero, e non so nemmeno che fine abbia fatto Camille!
E
anche se avesse voluto vederla un'ultima volta, non avrebbe saputo dove trovarla.
Era pervaso da una lucida disperazione e dalla consapevolezza di essere
arrivato all'ultima spiaggia, ma non voleva darsi per vinto. Per una volta
nella sua vita, se si fosse rivelato necessario, avrebbe pregato. A tutti si
concedeva un ultimo desiderio prima di eseguire un'esecuzione, lui avrebbe
chiesto di vedere Camille.
Lotus
spianò le rughe sulla fronte con le dita e si preparò ad andare. Non appena
uscì dalla porta, venne affiancato da due vecchie conoscenze.
«Ciao,
Virgil. Tempo di merda, vero?» esclamò rivolgendosi a una delle guardie fidate
del Padrone, quella che era intervenuta ad Aurora e aveva eliminato la piccola
e spumeggiante Tiffany, all'epoca sua ospite di sangue.
Il
vampiro dalla figura sottile si sistemò i guanti di pelle e lo guardò. «Se non
fossi un cane sciolto, non avremmo bisogno di starcene sotto questo temporale.
Dove sei andato prima?»
«Avevo
bisogno di aria pulita, lontano da voi succhiasangue» replicò irato Lotus.
L'adrenalina continuava a pompare nel sangue e, invece di calmarsi, si sentiva
prossimo allo scoppio. «Andiamo dal Padrone, che è meglio.»
Con
quella frase, i tre vampiri si smaterializzarono per comparire alla periferia
di Washington davanti a un capannone fatiscente qualche minuto dopo. Lotus non
conosceva l'ingresso alla struttura, ogni volta veniva bendato con un drappo foderato
da una sottile lamina di piombo, e anche stavolta fu lo stesso. Dopo migliaia
di gradini, Lotus sentì voci, musica e calore provenire da un punto indefinito
dinanzi a lui. E di sicuro c'era cibo, perché gli arrivò al naso l'appetitoso
profumo di BBQ ribs.
«Potete
toglierla.»
Lotus
si irrigidì e dopo un istante fu in grado di vedere di nuovo. Alla grande
tavola imbandita di ogni leccornia erano seduti sette vampiri a ingozzarsi come
se non esistesse un domani, mentre il Padrone...
Un'immensa
struttura ovale, che poteva essere un letto o un divano, non era ben chiaro,
campeggiava al centro del salone illuminato da centinaia di candele nere e su
di esso, sdraiato in posa indolente tra cuscini di seta, c'era il Padrone.
Era
attorniato da tre donne, quella a destra era la preda che Lotus gli aveva
inviato quattro giorni prima, completamente catatonica e frustrata. All'odore
di quest'ultima, un'ondata di nausea gli risalì dallo stomaco incendiandogli la
gola.
«Vieni
avanti, Lotus» disse il Padrone con un cenno della mano.
Non
era il momento di mostrare cedimenti, per cui avanzò senza distogliere lo
sguardo dal vampiro millenario. Solo ai piedi della struttura, Lotus accennò un
lieve inchino.
«Ti
ringrazio, ma sai che da te non mi aspetto gesti di asservimento come questo.»
Leggi
tra le righe: "Bello, non mi fotti con due moine". E aveva ragione,
il vecchio!
«Sono
venuto appena avete chiamato» cominciò Lotus e si fermò dinanzi a quegli
ipnotici occhi verdi che lo fissavano con un sopracciglio inarcato.
«Se
invece di parlare tu fossi così paziente da ascoltare, potresti anche smettere
di tremare inutilmente come una foglia.»
Lotus
aggrottò la fronte e inspirò per assicurare altro ossigeno ai polmoni. «Così mi
offendete.»
Il
Padrone esplose in una risatina garbata e lo guardò. «Ci vuole ben altro per
offenderti.»
«Non
in questo momento» bofonchiò tra i denti Lotus e osservò il vampiro alzarsi dal
letto con un movimento fluido. Era alto e massiccio, bello e dominante.
«Hai
sempre lavorato bene, Lotus, ma in questi ultimi otto mesi hai superato te
stesso» cominciò il Padrone con una carezza lasciva nei capelli di una compagna
di letto, che mugolò di piacere. «Stasera, però, mi è stato riferito di un
tuo... moto di ribellione.»
«Ha
detto che aveva bisogno di aria pulita lontano da noi succhiasangue» riferì
Virgil, portando alla bocca un calice di cristallo pieno di vino rosso.
Perché non si strozza? Brutta
spia di merda!
Il
Padrone rise di nuovo. «Non posso dargli torto.»
Qualcosa
non tornava. Era tutto troppo tranquillo, non aveva i ceppi ai polsi, nessuna
tortura, non lo avevano ancora fatto fuori.
«Padrone?»
chiese Lotus con apprensione.
«Non
ho mai avuto al mio servizio un Blood Catcher capace quanto te, le prede sono
sempre in magnifiche condizioni» cominciò il vampiro, raccogliendo una mela dal
tavolo. «Per il tuo egregio lavoro ho deciso premiarti assegnandoti il
controllo di una zona di caccia. Scegli con tranquillità quale e me ne occuperò
personalmente.»
Virgil
si alzò di scatto dalla sedia. «Padrone, devo ricordarvi quanto in passato
Lotus si sia mostrato indegno? Non può ricevere una tale...»
Una
mano si alzò perentoria e il vampiro tacque.
«Preferisco
sorvolare su quell'unica defaillance in duecento anni di prestazioni
perfette. Dopo aver effettuato le mie
valutazioni, ho stabilito che i servigi di Lotus, purché siano sempre a questi
livelli di eccellenza, valgono più di un colpo di testa» esordì il Padrone
voltandosi verso di lui, e gli si avvicinò. «E sono disposto anche a chiudere
un occhio su comportamenti piuttosto... umani» concluse, facendogli
l'occhiolino.
Lotus
batté le palpebre un paio di volte. «Chicago. Voglio la zona intorno a
Chicago.»
Il
Padrone sorrise mostrando la punta delle zanne. «Ne ero certo.»
Con
uno sventolio di seta, il Padrone tornò al grande letto. «Se vuoi unirti a noi,
sei il benvenuto.»
Lotus
fece un cenno secco con la testa. «Vi ringrazio della cortesia che mi mostrate,
Padrone, ma...»
«Hai
altro da fare. Sì, posso immaginare. La partenza, i preparativi» lo interruppe
il vampiro con un sorriso tutto zanne e un lieve movimento di saluto con la
mano. «Ma ricorda il nostro patto: avrai ciò che desideri in cambio della
perfezione.»
Lotus
annuì e si avviò alla porta, poi si fermò in attesa che lo bendassero. Mai come
quella volta risaliva quei gradini pervaso da un senso di liberazione.
Maledizione,
era stato fortunato! Era andato convinto che li staccassero la testa oppure che
lo lasciassero bruciare al sole, e invece si era beccato una promozione.
E di quelle importanti!
Ma
c'era poco da stare allegri. Il Padrone sapeva.
Lotus si rabbuiò.
«Eccoci
qui, coglione» sbottò Virgil, togliendogli la benda dagli occhi. «Ti dice bene
solo che sei un Blood Catcher, altrimenti saresti un mucchietto di cenere da
secoli ormai.»
Lotus
batté le palpebre, la pioggia continuava a scendere incessante. «Ãˆ vero amico
e, a quanto pare, dovrai aspettare a farmi il culo.»
Un
ringhio permeò l'aria ma Lotus si limitò a mostrare al vampiro il dito medio e
si smaterializzò per tornare all'internet point. Si sedette e ricominciò la sua
ricerca.
Adrian.
E
mentre digitava pensava a quanto poteva saperne il Padrone di Camille. O forse
aveva solo giocato d'astuzia... no, sapeva che qualcuno, un essere umano, gli
stava a cuore e aveva mostrato clemenza. Quanto sarebbe durata, però, dipendeva
esclusivamente da lui.
Ah, eccolo!
Sì,
l'indirizzo del bastardo era un altro. Si alzò in tutta fretta, pagò per la
connessione e tornò nel solito vicolo, poi scompose le proprie cellule per
ricomporle davanti a una palazzina di una decina di piani. Per fortuna pioveva
anche ad Aurora, così Lotus sfruttò il tempo cupo e la notte per salire su
tutti i balconi e spiare indisturbato attraverso le finestre.
Bingo!
Su
un letto disfatto e l'espressione concentrata di chi non può distrarsi
altrimenti perde l'attimo, c'era Adrian che si faceva montare da Miss Plastic.
Una
smorfia di disgusto storse le labbra di Lotus. Sperò che Camille non abitasse
con lui altrimenti lo avrebbe fatto fuori mentre quella troia rifatta se lo
sbatteva. Si materializzò all'interno e studiò l'intero appartamento. No, quello
era il chiaro rifugio di uno scapolo, quindi Camille lo aveva mollato.
«Fantastico»
mormorò con soddisfazione. Adesso, però, gli serviva il suo indirizzo. Senza
battere ciglio, seguì i finti gemiti ed entrò nella stanza.
L'urlo
della puttana si bloccò a metà , zittito dalla malia.
Adrian
sobbalzò. «Chi sei? Come sei entrato qui? Ora chiamo...»
«Non
chiami proprio nessuno se non vuoi che ti faccia fuori» lo interruppe Lotus,
disgustato dal tanfo di sudore e profumo scadente. «Ma che schifo ti metti
addosso? Puzzi come un maiale... che poi è quello che sei.»
Una
scintilla di livore si accese negli occhi di Adrian. «Come ti permetti?»
«Oh,
lasciamo perdere, sto solo perdendo tempo. Dove abita Camille?»
Adrian
aggrottò la fronte, stupito. «Che cosa?»
Lotus
sollevò gli occhi al cielo. «L'indirizzo di tua moglie. Qual è.»
«Ex
moglie» specificò subito l'uomo, guardandolo con insolenza, e Lotus sorrise compiaciuto.
«Perfetto.
Dove abita?»
«Cosa
te ne frega di dove...» provò a obiettare Adrian, ma Lotus gli andò sotto il
naso a una velocità sorprendente e l'ammaliò.
«Dove
abita Camille?» domandò scandendo le parole.
«Al
444 di Oak Avenue.»
Lotus
si sollevò battendogli una mano sulla spalla. «Bravo ragazzo. E ora... non mi
hai visto, stai fottendo questa tizia da dieci minuti e direi che sei pronto a
venire. E tu, piccola troia finta, godrai come non hai mai goduto prima.»
Lotus
si allontanò dal letto di un paio di passi e vide le azioni espletate alla
perfezione. «Cristo, fate davvero schifo!» sbottò svanendo nell'aria. Dopo pochi secondi, Lotus riprese forma in un
grosso viale alberato davanti a una villetta.
«Merda»
mormorò a bassa voce. Sentiva il lieve pulsare del sangue in risonanza con
quello che era tra quelle mura di mattoni, ma in quell'istante era più sorpreso
che voglioso.
Osservò
gli alberi, le piante e l'ingresso addobbato di luci. Era Natale.
«E
io me lo sono perso.»
Guardò
il cellulare e... no, non se l'era perso, mancava ancora una settimana! Con
bramosia, Lotus sbirciò alle finestre buie, la mezzanotte era trascorsa da un
po', così si materializzò all'interno di quella casa semplice e colorata. Con
la gola serrata salì al piano superiore, il sangue che richiamava a gran voce
una creatura che gli apparteneva. Seguì quel segnale e arrivò alla camera di
Camille. Lei riposava distesa su un fianco, avvolta nel soffice piumone color
crema, l'espressione serena di chi dorme sogni tranquilli. Le si avvicinò, non
resistette e le sfiorò la guancia con un dito. La pelle iniziò a formicolare,
le zanne quasi esplosero dalle gengive, ma a lui non importava. La sua Camille
stava bene, respirava ed era più bella che mai.
Un'ondata
di amore immenso lo investì dall'interno, sconvolgendogli i pensieri e poggiò
il palmo contro la guancia di lei che, come richiamata dal calore o dalla
tenerezza del gesto, voltò il viso, coccolandosi contro la mano come un
gattino.
Cristo,
quanto gli era mancata? Molto di più di quanto aveva pensato. Era stato un
folle a starle lontano.
No che non lo sono stato. Lei
va difesa, e se per proteggerla devo lasciarla andare, allora... ma giÃ
sapeva che stavolta non sarebbe riuscito a mantenere il proposito. Dopotutto
era una creatura profondamente egoista, altrimenti perché avrebbe chiesto di
controllare Chicago e non ReykjavÃk?
«Ti
amo» le sussurrò all'orecchio, e restò lì a sentire il suo odore, il calore
della pelle. A sentire lei.
Camille
distese le labbra. «Anch'io» biascicò assonnata e si rannicchiò tra le coperte.
Lotus sorrise pago alle parole di lei e se ne andò silenzioso com'era arrivato.
Scivolò fuori come fumo e si nascose tra le querce frondose che riempivano il
viale. Restò fermo a lungo sullo stesso ramo a contemplare le mura che
proteggevano la sua amata, a sentire il proprio sangue scorrerle nelle vene e,
per la prima volta nella sua esistenza, si sentì a casa. Sì, quello sarebbe
stato davvero un magnifico Natale, il primo di tanti che avrebbe trascorso con
la sua Camille.
L'autrice:
Christiana V,
pseudonimo di Cristiana Verazzo, classe 1972, nasce ad Albenga e vive ad Aversa
in provincia di Caserta. Sposata e madre di un bambino autistico di 11
anni, ha trovato nella scrittura la giusta valvola di sfogo per i propri
eccessi emotivi. Nasce così nel 2011 l'urban fantasy Il Sigillo di
Ametista, seguito nel 2012 dalla seconda parte della saga dei
mezzoumani L'Enigma dell'Opale.
Nel maggio 2014 esce Blood Catcher,
un paranormal erotico di grande successo. Ha partecipato all'antologia urban
fantasy Elements Tales con il racconto Soffio Vitale;
all'antologia Donne Speciali con Fantasiosa; all'antologia 365
giorni d'Amore con La mia luce; all'antologia 365 giorni sotto
l'ombrellone con Viaggio di una conchiglia; all'antologia romantic
suspence Senza Fiato con Alla conquista di te; all'antologia EWWA
Dopo carosello tutte a nanna con La scatola delle meraviglie e a
quella ITALIA. TERRA D'AMORI,
ARTE E SAPORI con La Janara (la paura fa novanta). Numerose le partecipazioni in gruppi, forum e blog
con racconti.
Di prossima
pubblicazione un romance contemporaneo dal titolo Crudele come il sole.
Visita il sito dell'autrice:
http://sagadeimezzoumani.blogspot.it/
Visita la pagina dell'autrice:
https://www.facebook.com/Christiana-V-795711583824265
Visita la pagina dell'autrice:
https://www.facebook.com/Christiana-V-795711583824265
Brava brava brava!!!
RispondiEliminaera ora!!!morivo dalla voglia di sapere cosa ne era stato di Lotus e Cristiana non mi ha deluso,un bel regalo per chi come me ha amato il suo Blood Catcher e una bella prova di scrittura per far concludere una vicenda lasciata leggermente in sospeso ma senza snaturare il finale del libro!grazie Cristiana!
RispondiEliminaGrazie Christiana per questo racconto! Mi è piaciuto moltissimo. Ci hai fatto conoscere il misterioso Padrone, ma soprattutto ci hai ridato Lotus. Quanto mi era mancato! Proprio un bel regalo di Natale per noi appassionate del Blood Catcher.
RispondiEliminaFinalmente una degna conclusione per il tormento di Lotus! Mi aveva lasciata un po' amareggiata il finale di "Blood Catcher": non poteva andare diversamente, ma si spera sempre nell'happy end ^_^ Questo racconto non stravolge però l'epilogo di "Blood Catcher", come è giusto che sia. E' stata una sorpresa conoscere anche il famoso Padrone!
RispondiEliminaGrazie Cri per questo regalo di Natale ;)
La Borgato apprezza un po' di ammore XD
RispondiEliminaLotus e Camille una storia d'amore bellissima... Cri mi fai sempre sognare...
RispondiEliminaWow, io come al solito inizio dalla fine. Ora ho un motivo in più per leggere Blood Catcher. Bellissima storia.
RispondiEliminaDelicato e al contempo intense, brava Christiana.
RispondiEliminabravissima!!! MI è piaciuto un sacco!!
RispondiEliminaGrazie a voi, ragazze!
RispondiEliminaDavvero bellissimo!
RispondiEliminaWow Christiana, sei stata bravissima..sappi che sono sincera, perchè se un racconto non mi piace, non mi astengo dall'esprimere un giudizio negativo.Davvero bello :)
RispondiEliminaAmore, grazieeee
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