Genere: Romantic Suspense
Editore: Self Publishing
Pagine:
Prezzo:
Uscita: 30 novembre 2018
𝐋𝐚𝐬 𝐕𝐞𝐠𝐚𝐬, 𝐠𝐢𝐮𝐠𝐧𝐨 𝟏𝟗𝟗𝟕
«𝐏𝐫𝐢𝐦𝐚 𝐨 𝐩𝐨𝐢 𝐭𝐢 𝐜𝐢 𝐜𝐡𝐢𝐮𝐝𝐨 𝐝𝐚𝐯𝐯𝐞𝐫𝐨 𝐢𝐧 𝐪𝐮𝐞𝐥 𝐛𝐚𝐫𝐢𝐥𝐞 𝐩𝐢𝐞𝐧𝐨 𝐝’𝐚𝐜𝐪𝐮𝐚» 𝐦𝐢𝐧𝐚𝐜𝐜𝐢ò, 𝐬𝐮𝐬𝐬𝐮𝐫𝐫𝐚𝐧𝐝𝐨, 𝐥𝐚 𝐃𝐮𝐜𝐡𝐞𝐬𝐬𝐚 𝐚𝐯𝐯𝐢𝐜𝐢𝐧𝐚𝐧𝐝𝐨𝐬𝐢 𝐚𝐥𝐥𝐞 𝐥𝐚𝐛𝐛𝐫𝐚 𝐝𝐞𝐥𝐥’𝐮𝐨𝐦𝐨.
«𝐎𝐡, 𝐒𝐮𝐧𝐫𝐢𝐬𝐞, 𝐦𝐢𝐧𝐚𝐜𝐜𝐢 𝐝𝐢 𝐮𝐜𝐜𝐢𝐝𝐞𝐫𝐦𝐢 𝐚𝐥𝐦𝐞𝐧𝐨 𝐜𝐢𝐧𝐪𝐮𝐞 𝐯𝐨𝐥𝐭𝐞 𝐚𝐥 𝐠𝐢𝐨𝐫𝐧𝐨, 𝐟𝐢𝐧𝐢𝐫à 𝐜𝐡𝐞 𝐪𝐮𝐚𝐧𝐝𝐨 𝐦𝐢 𝐮𝐜𝐜𝐢𝐝𝐞𝐫𝐚𝐢 𝐝𝐚𝐯𝐯𝐞𝐫𝐨 𝐬𝐚𝐫ò 𝐬𝐨𝐥𝐥𝐞𝐯𝐚𝐭𝐨 𝐝𝐚𝐥 𝐧𝐨𝐧 𝐬𝐞𝐧𝐭𝐢𝐫𝐭𝐢 𝐩𝐢ù 𝐝𝐢𝐫𝐦𝐢 𝐥e 𝐬𝐭𝐞𝐬𝐬𝐞 𝐜𝐨𝐬𝐞» 𝐫𝐞𝐩𝐥𝐢𝐜ò 𝐟𝐥𝐞𝐦𝐦𝐚𝐭𝐢𝐜𝐨 𝐢𝐥 𝐃𝐮𝐜𝐚.
𝐋𝐚𝐬 𝐕𝐞𝐠𝐚𝐬, 𝐠𝐢𝐮𝐠𝐧𝐨 𝟐𝟎𝟏𝟔
Il presunto
cadavere di Duke Guillelm Leroy, il più grande escapologista dai tempi di
Houdini, viene trovato in avanzato stato di decomposizione all'interno di un
barile pieno d’acqua.
Un probabile
omicidio per la polizia di Las Vegas; l’ennesimo scherzo di cattivo gusto
secondo Hunter, unico figlio legittimo di Duke.
Il macabro
ritrovamento, omicidio o beffa che sia, obbliga però Hunter a tornare a Las
Vegas e con lui anche Paige Lee e Cody, adottati dal padre quando erano
bambini.
I tre si
ritrovano quindi, dopo quasi dieci anni, nell'ambiente fatto di paillettes,
champagne, gioco d’azzardo e gelosie che li ha visti crescere e dal quale sono
fuggiti, perdendosi di vista.
«𝐒𝐞𝐦𝐩𝐥𝐢𝐜𝐞: 𝐢𝐨 𝐬𝐨𝐧𝐨 𝐥’𝐮𝐨𝐦𝐨 𝐝𝐢 𝐥𝐚𝐭𝐭𝐚, 𝐬𝐞𝐧𝐳𝐚 𝐜𝐮𝐨𝐫𝐞, 𝐭𝐮 𝐬𝐞𝐢 𝐥𝐨 𝐬𝐩𝐚𝐯𝐞𝐧𝐭𝐚𝐩𝐚𝐬𝐬𝐞𝐫𝐢, 𝐬𝐞𝐧𝐳𝐚 𝐜𝐞𝐫𝐯𝐞𝐥𝐥𝐨 𝐞 𝐬𝐞 𝐭𝐚𝐧𝐭𝐨 𝐦𝐢 𝐝à 𝐭𝐚𝐧𝐭𝐨, 𝐝𝐢𝐞𝐭𝐫𝐨 𝐥𝐚 𝐩𝐨𝐫𝐭𝐚 𝐜𝐢 𝐬𝐚𝐫à 𝐃𝐨𝐫𝐨𝐭𝐡𝐲» 𝐜𝐨𝐧𝐜𝐥𝐮𝐬𝐞 𝐇𝐮𝐧𝐭𝐞𝐫.
«𝐄 𝐬𝐞 𝐢𝐧𝐯𝐞𝐜𝐞 𝐜𝐢 𝐟𝐨𝐬𝐬𝐞 𝐢𝐥 𝐦𝐚𝐠𝐨 𝐝𝐢 𝐎𝐳?» 𝐜𝐡𝐢𝐞𝐬𝐞 𝐂𝐨𝐝𝐲.
«𝐈𝐥 𝐦𝐚𝐠𝐨 𝐮𝐬𝐜𝐢𝐫à 𝐟𝐮𝐨𝐫𝐢 𝐚𝐥 𝐦𝐨𝐦𝐞𝐧𝐭𝐨 𝐨𝐩𝐩𝐨𝐫𝐭𝐮𝐧𝐨, 𝐟𝐢𝐝𝐚𝐭𝐢!» 𝐫ep𝐥𝐢𝐜ò 𝐬𝐮𝐨 𝐜𝐮𝐠𝐢𝐧𝐨.
Odio, amore,
ricatti, passione, inganni e un amore impossibile.
Conti
riaperti, altri saldati.
E forse, una
seconda possibilità per tutti.
La serie "R.U.D.E" è così composta
1 - Royle
2 - Usheen
3 - DUKE
TUTTI I ROMANZI SONO AUTOCONCLUSIVI
Le
parole sono oggetti strani, non trovate? Hanno dimensioni e aspetti mutevoli,
significanti e significati diversi, hanno l’abitudine di rappresentare più di
quanto contenuto nella successione delle lettere che le compongono; riassumono
idee, concetti, interi mondi. Si compongono persino, formano frasi; e i periodi
si intrecciano, crescono e si complicano, acquisiscono profondità e narrano
vite. Creano vite.
Sembra
una magia, vero?
Lo
è, e alcuni scrittori, più di altri, sono maghi eccellenti. Riconoscerli non è
difficile: le loro storie hanno la capacità di provocare quel sorriso, sì,
proprio il sorriso di un bambino che vede ripescarsi dal mazzo la carta
precedentemente scelta, quel sorriso che è stupore e incredulità, che è rispetto
e riverenza, soggezione e ammirazione, che è desiderio insaziabile di riconoscersi
sempre capaci di… illudersi.
Perché
l’illusione ha, sì, il sapore dell’inganno, ma è l’unica difesa contro una
realtà che spogliata della fascinazione del sogno ferisce, umilia, distrugge.
Naike
Ror illude e disillude insieme, e ci riesce con il suo mantello intessuto di
frasi mirabilmente elaborate, con la bacchetta magica delle sue dita che hanno
pigiato sui tasti capitoli indimenticabili, con il cilindro della sua
immaginazione da cui ha pescato una storia unica, ricca di intuizioni geniali,
personaggi capaci di materializzarsi in una nuvola di fumo e stelle filanti per
poi acquisire tridimensionalità e allungare la mano verso i lettori, sfiorarla
con la loro carnalità, penetrarla con il senso di riconoscimento.
Ed
è sconcertante come in “Duke”, il romanzo di cui mi appresto a parlavi, i ruoli
di incantatori e incantati si scambino di continuo, coinvolgendo scrittrice,
personaggi, lettori.
Si
è vittime e autori di un grande spettacolo, quello che dal Flamingo di Las
Vegas, scenario d’elezione del romanzo, si trasferisce nella camera di chi
legge, usando come palcoscenico la superficie di un reader, pronta a riflettere
una vicenda davvero incredibile: la storia della grandezza e del declino del Duca
e della sua corte.
I
cinque eroi di questo terzo volume della serie R.U.D.E. sono unici, insoliti e straordinari,
protagonisti di vite eccezionali e, forse, proprio per questo piene di insidie, invidie, segreti noti anche quando non esibiti. Eroi dannati e
magnifici, impossibili da non amare per il loro fascino magnetico e insieme le
loro contraddizioni, le loro vittorie e i loro fallimenti. Personaggi mai scontati
e profondamente malinconici.
La
stessa ambientazione, la sfavillante città del peccato, contrariamente all'immaginario
comune, infatti, non dona a queste anime speciali e sensibili svago e felicità, ma nutre i loro tormenti,
provoca quella scissione insanabile nei loro vissuti foriera di impedimenti, di
cadute, di una andatura claudicante, incerta anche quando al mondo si mostrano
volti vincenti.
E
allora Duke, a cui è dedicato il libro, il più autorevole mago dai tempi di
Harry Houdini, diventa metafora di se stesso: l’illusionista più famoso di Las
Vegas materializza per sé e per i suoi figli, Hunter, Cody e P.J., un inganno
più grande e magnificente di quelli portati in scena, quello di una esistenza
invidiabile che di perfetto ha solo il luccichio dei vestiti di scena.
Finché
le maschere crollano.
Più
volte, durante la lettura, mi sono chiesta dove fosse il confine tra realtà e
finzione per uomini e donne abituati alla dissimulazione, giungendo alla
conclusione che sono inscindibili.
Spettacolo e vita orrida vera, come
direbbe il caro vecchio Zeno Cosini (che di delusioni e disinganni era pratico), infatti, si sfidano e si inseguono nel corso delle pagine in una guerra senza esclusione
di colpi, in un avanzare e ritrarsi di luci accecanti e fitte ombre che non
lasciano spazio a tonalità più rilassanti, alla stabilità. E l’equilibrio manca
anche nei sentimenti, in quegli odi e amori estremi e controversi, tanto
violenti da consumare.
Lo
sanno bene Duke e Sunrise, Hunter e P.J., le due antitetiche e pur affini
coppie protagoniste. Scoprirete ben presto che questi quattro personaggi riconoscono
gli uni negli altri la parte mancante e la propria nemesi, il proprio cuore e
la propria distruzione.
“Duke”
si nutre di questo conflitto, tanto caro ai lettori di Naike. L’amore, difatti,
non è mai stato per l’autrice, in nessuno dei suoi libri, il raggiungimento di
una dimensione di completezza e comprensione. È una donna troppo profonda e
complessa per accontentarsi e somministrare al pubblico storie d’amore tiepide
e semplici. Nulla è facile nei suoi romanzi: facile rischia di far rima con
banale e non lo permetterebbe. Al di là delle aspettative romantiche, lo sa lei
e lo sanno i lettori che la vita è sfaccettata, che ogni emozione nutre in sé
il suo opposto, che nell’altro si cerca il simile, ma si ama il dissimile, che
non c’è amore se non c’è trepidazione, la paura strisciante di poter riconoscere
nella persona a cui si dedica ogni respiro anche l’aria che avvelena. Ecco che,
allora, l’amore diventa una lotta e una conquista, un lungo assedio a se stessi
prima che all’altro, un cammino difficoltoso e pieno di imprevisti che vi terrà
con il fiato sospeso.
Ma
c’è di più. Conoscete abbastanza bene la Ror da sapere che al lettore chiede di
correre il rischio di distruggersi e abbandonare sul campo il proprio cuore.
Come lo fa? Alza la posta, coinvolgendolo in tutti gli aspetti dell’amore, non
solo quello tra amanti, ma quello tra fratelli, tra padri e figli. Complica l’intreccio
sentimentale, arricchendolo di conflitti generazionali, di risentimenti e sensi
di colpa tutti interni alla famiglia e apparentemente insanabili, al punto da
culminare in un omicidio destinato a mettere in discussione tutto e, forse, ad
annientare per sempre quel poco che di buono era sopravvissuto… oppure a
rimettere insieme i pezzi di vite spezzate?
Arrivati
a questo punto continuare a parlarvi del romanzo, della bellezza e della
complessità dei protagonisti senza fare un torto a una trama da scoprire pagina
dopo pagina diventa difficile.
Potrei
fermarmi qui, dunque, suggerirvi di non perdere questo romanzo e salutarvi, dopotutto
ciò che penso si intuisce e altre parole sarebbero superflue... ma no, perché,
come scoprirete in “Duke”, nei non detti si accumulano le incomprensioni, delle
occasioni mancate si nutrono i risentimenti e i silenzi dividono più dei
chilometri tra Las Vegas, Providence, New York e Miami.
E
allora lasciatemi continuare, lasciatemi confessare che di un romance come
questo, costruito sulla scorta di una trama indiziaria e dal gusto suspense, ne
avevo un bisogno profondo; che mi ritengo fortunatissima per quei batticuori
che non pensavo di sperimentare, per i sorrisi di gioia per conquiste che mi
sembravano impensabili, per la commozione istintiva e ineluttabile, per le
lacrime lasciate sull’ultima pagina. Sì, proprio l’ultima, quella in cui il
sipario si chiude e da dietro la tenda si sentono ancora gli echi degli
applausi del pubblico, ma la luce è spenta, le assi di legno affollate di
persone che smontano pezzo dopo pezzo la scenografia di un mondo immaginifico e
perfetto; il momento in cui le bocche del pubblico sono ancora spalancate, gli
occhi sgranati, i cuori palpitanti, ma lo spettacolo è finito e il Duca, il più
grande mago dopo Harry Houdini, l’uomo che ha mosso tutta la storia pur non
calcandola mai, grazie al quale Hunter, P.J. e Cody sono cresciuti diventando
le persone uniche e incredibilmente caratterizzate di cui vi innamorerete
pazzamente, depone la sua corona, slaccia il mantello e torna Duke Leroy, il
ragazzo nato da un fallito artista di strada e una puttana di Tolosa di cui
sentirete la mancanza pur senza averlo mai conosciuto.
Nessun commento:
Posta un commento