Un ballo in maschera, una giovane donna alla scoperta dei misteri della passione e dell'amore.
Non perdete "BALLO IN MASCHERA" di Little Redbird.
Come ogni anno, accedere alla
sala del ballo in occasione del Carnevale era vietato per Annabeth. Sua madre
l’aveva raccomandata più di una volta, riconoscendo sul suo viso la solita
delusione per non poter partecipare a quel misterioso ballo ancora una volta.
Le condizioni per essere
ammessi nella sala da ballo erano solamente due: essere mascherati ed essere
sposati. Annabeth avrebbe potuto facilmente rimediare una maschera – cosa che
aveva fatto, vista la sua determinazione ad entrare una volta per tutte in
quella sala a lei così familiare durante l’anno ma così estranea per
quell’unica notte, e tutto perché non aveva un marito! – la seconda condizione
era stata più difficile da aggirare.
A sedici anni, Annabeth poteva
vantare almeno tre pretendenti ma nessuno di loro l’avrebbe accompagnata e
nessuno di loro le sembrava abbastanza interessante da poterci passare insieme una
vita intera. Certo, Jonathan era così ricco che avrebbero potuto vivere per
sempre in vacanza ma questo bastava a compensare il fatto che fosse più basso
di lei di almeno dieci centimetri? Sua madre le aveva detto di scegliere quello
che la faceva sentire più bella ma Annabeth si sentiva bella anche senza
l’aiuto di nessuno, con loro si sentiva solamente a disagio.
Cercò di liberare la mente da
quei pensieri cupi, osservando attentamente la figura che, nello specchio,
ricambiava il suo sguardo; i capelli biondi erano stati magistralmente
acconciati in voluminosi boccoli da Lisa, sua cameriera personale e confidente,
il viso era stato imbellettato e gli occhi azzurri, rimarcati di nero,
sembravano brillare.
Annabeth aveva comprato il
vestito nuovo di nascosto, aveva imparato un’importante lezione l’anno prima:
tua madre riconosce i tuoi abiti. Al vestito, blu con ricami dorati, era
abbinata la maschera color oro che le avrebbe nascosto metà del viso. Tutti
questi accorgimenti, uniti alla confusione che ci sarebbe stata, l’avrebbero
aiutata a mimetizzarsi tra la folla.
Indossò la maschera e si volse
verso la porta delle sue camere. Lisa stava entrando con un enorme sorriso in
volto, eccitata quasi più di Annabeth.
«Gli hai detto tutto?» le
chiese, mormorando cautamente.
L’espressione di Lisa mutò
all’istante.
«È pronto» assicurò, annuendo
energicamente.
«E tu?» chiese Annabeth,
studiando la figura della cameriera.
«Pronta a mettermi a letto»
confermò con un sorriso.
Annabeth pensò che fosse così esaltata
perché probabilmente non aveva mai dormito in un vero letto in vita sua. Quelli
nell’ala della servitù di certo non meritavano di essere definiti letti.
Del resto, Lisa era l’unica a
somigliarle vagamente; i biondi capelli stopposi erano stati raccolti in una
treccia, così da dissimularne lunghezza. Benché avesse solo tredici anni, era
già ben formata e, più importante del resto, era l’unica di cui si fidava, e
l’unica così scellerata da darle ascolto.
Si assicurò che Lisa prendesse
il suo posto sotto le coperte e, col
cuore in gola per l’eccitazione, aprì lentamente la porta.
Fuori ad aspettarla c’era
Aidan, il cugino di Lisa, nonché stalliere.
Annabeth si chiese se quella
famiglia avesse una qualche specie di segreto per far crescere i loro ragazzi
così alti.
Aidan la squadrava dall’alto
del suo metro e ottantacinque, gli occhi scuri, dietro la maschera, sembravano
sereni. Indossava il completo scuro che Annabeth gli aveva inviato tramite Lisa
e sembrava fosse a suo agio in quella mise; poteva davvero passare per un ricco
ragazzo Londinese.
L’espressione del ragazzo si
incupì, rivelando il fastidio causato dal tono di Anna.
«Lo stesso vale per te»
sussurrò con voce profonda.
Annabeth si sentì arrossire.
Davvero non sapeva perché si stesse comportando in quel modo, dopotutto era lui
a farle un enorme favore e non il contrario.
«Andiamocene da questo
corridoio» suggerì brusco, «o va a finire che ci sgamano prima ancora che
arriviamo al primo piano.»
Annabeth annuì, rincuorata dal
tono di lui, che si era addolcito un po’ di più ad ogni parola pronunciata.
«Mia madre è venuta a
controllarmi circa un’ora fa» disse, osservando l’orologio in fondo al
corridoio del terzo piano. «Dobbiamo solo cercare di evitare la servitù e gli
eventuali invitati ritardatari.»
Aidan le lanciò un’occhiata poi,
facendo un cenno con la testa, la invitò a seguirlo al piano inferiore.
Cercando di fare il minor
rumore possibile con i tacchi che picchiettavano insicuri il pavimento della
lucida scalinata, Annabeth si interrogò sui motivi che avevano spinto il
giovane stalliere ad accompagnarla in quella folle avventura.
Quando Lisa le aveva detto –
tutta euforica come sempre – di aver trovato un accompagnatore abbastanza
sconsiderato da seguirla al ballo in maschera, Anna non avrebbe mai immaginato
che intendesse il suo serio e scontroso cugino. Anche se Aidan aveva solo un
anno in più di lei, era sempre stato molto maturo e riservato. Aveva avuto modo
di osservarlo le volte in cui era andata a prendere la sua Lola per portarla a
fare una cavalcata; con la scusa di spazzolare il pelo color caramello della
sua giovane cavalla, aveva avuto tutto il tempo per decidere che, oltre ad
essere meno socievole di Lola, era bello come pochi giovani della sua età.
Perfino la sua bellezza era seria. Non era il tipo da preoccuparsi di sistemare
i capelli quando conveniva o di portarli della lunghezza suggerita dalla moda
del momento, i suoi riccioli castani, corti fino alla nuca, non cambiavano mai
– e lei non voleva che cambiassero.
Si scoprì inaspettatamente
affezionata a quei tratti familiari, a quel naso che virava verso sinistra, a
quegli occhi marroni incredibilmente profondi. Forse, si disse, era perché lo
conosceva da tutta la vita, forse vederlo in giro per la tenuta l’aveva
abituata a pensare che fosse sempre lì, quasi fosse di sua proprietà.
Concentrata com’era sui suoi
piedi, andò a scontrarsi proprio con la schiena larga di lui, perdendo la
maschera nell’impatto.
«Scusa» mormorò impacciata.
«Ero distratta.»
Aidan la osservò rimettersi la
maschera, trafficando con i nastrini.
«Dovremmo stare vicini» le sussurrò
avvicinando il viso al suo. «I camerieri di guardia davanti alla sala devono
credere che siamo sposati.»
Quando fu tornato a distanza di
sicurezza, lontano dal suo orecchio, Annabeth si accorse di avere la bocca
secca. Annuì stordita, inspirando a fondo il buon profumo si Aidan.
Poggiò la mano sul braccio che
lui le offriva e si preparò ad entrare nell’atrio principale. Sotto la stoffa
della giacca che aveva comprato per lui, il braccio di Aidan era fermo e forte;
lo strinse, infinitamente grata di essere con qualcuno che avrebbe saputo
cavarsela in caso di guai.
Erano quasi arrivati alla porta
in legno di noce che li separava dalla festa e che attutiva la musica che
veniva suonata nella stanza.
Ad assicurarsi che non
entrassero ospiti indesiderati – come Annabeth, ad esempio – c’erano i due
camerieri più grossi che avessero mai lavorato per loro.
«Ti sta bene il blu» le disse
Aidan, fermandosi.
« È per questo che non lo
indosso mai» rispose, confusa da quell’improvvisa sosta. Sperava che non avesse
cambiato idea.
Aidan le si parò davanti,
mettendo tra loro la distanza di poche dita. E proprio le sue, di dita, snelle
e callose, corsero a sollevarle la spallina destra del vestito, poi, come se
non ci fosse appena stato un terremoto di sensazioni dentro di Anna, le porse
di nuovo il braccio, posando la propria mano su quella di lei.
«Cerca di parlare il meno
possibile o ti riconosceranno» le sussurrò.
Annabeth annuì obbediente; non
avrebbe potuto parlare nemmeno se avesse voluto: le gambe le tremavano ancora
per le sensazioni appena provate e dubitava di riuscire a formulare una frase
di senso compiuto.
Il muscolo del braccio di Aidan
si era irrigidito e, lanciandogli un’occhiata, Annabeth si accorse che aveva
raddrizzato la schiena, sembrando ancor più alto di quel che già era.
«Il barone di Villafiorita e
sua moglie» si annunciò, ostentando altezzosità.
Annabeth non aveva pensato che
potessero essere richiesti nomi ad una festa in maschera, del resto sua madre
l’aveva sempre scoperta prima ancora di arrivare al primo piano.
I camerieri si lanciarono uno
sguardo e , facendo un inchino, si spostarono per farli passare.
Annabeth sbarrò gli occhi,
sorpresa, e sorrise ad Aidan.
Quando spinsero le porte non fu
come Anna l’aveva immaginato. Nella stanza c’erano pochissime persone, circa
venti, non un centinaio come si era aspettata. Osservò confusa lo sconosciuto
che suonava il piano, accompagnato da una bella donna che cantava. Gli ospiti
stavano davanti al lungo tavolo che di solito veniva usato per il rinfresco.
Rivolti verso le pareti c’erano almeno quindici separé, ognuno con un dipinto
diverso sulla facciata.
Lentamente, Aidan la condusse
al tavolo; nessuno dei presenti si voltò a guardarli, troppo occupati ad
ascoltare colei che stava parlando.
Annabeth riconobbe la voce di
sua madre.
«Come ogni anno, sarò la prima
a pescare» stava dicendo.
Annabeth si alzò sulle punte
dei piedi, poggiandosi ad Aidan per poter sbirciare al di sopra delle spalle
degli ospiti.
Sua madre, che indossava un
abito ed una maschera rosa, pescò un biglietto a caso tra i tanti messi alla
rinfusa sul tavolo, fece vedere al resto delle persone ciò che vi era scritto –
collina – e si diresse verso il
separé su cui erano raffigurate delle colline.
Toccò a suo padre pescare – lo
riconobbe dai radi capelli. Mostrò il biglietto agli altri e si diresse al
separé con la luna.
Aidan aveva ormai capito quello
che stava succedendo e cercò di portar via Annabeth prendendola per i fianchi
ma lei era troppo curiosa di capire il gioco.
Quando la settima persona ebbe
scelto il proprio biglietto e si fu diretta verso il paravento con le colline, dietro cui era nascosta sua
madre, Anna sfuggì alla presa delicata di Aidan e pescò il proprio biglietto.
Con il cuore in gola, Aidan la
guardò andare dietro il paravento che raffigurava un bosco – rendendo grazie
che fosse uno dei pochi ancora vuoti. Ansioso di raggiungerla prima che lo
facesse qualcun altro, pescò il proprio biglietto e, sebbene vi fosse scritto monti, si diresse dietro quello cui era
nascosta Anna.
La ragazza lo osservò delusa.
«Non capisco» confessò, fissando il divanetto davanti a lei. «Tutto questo mistero per una festa in cui ci si nasconde per sedersi e bere sherry?» domandò indicando il tavolino dei liquori.
«In realtà è whiskey» la corresse
Aidan. «E credo che dovremmo andarcene prima che qualcuno ti scopra e tragga
conclusioni affrettate.»
Ma Annabeth si sedette,
rilassando le spalle per la frustrazione.
«Davvero, Anna, dobbiamo
andarcene quanto prima» cercò di convincerla ancora una volta.
«Non capisco!» ripeté.
Annabeth si tappò la bocca, la
musica si era fermata, facendola quasi scoprire. Dall’altra parte della sala si
udì un risolino.
«Ora dobbiamo andarcene sul
serio!» esclamò imbarazzato Aidan.
«Perché la musica si è
fermata?» gli chiese invece lei.
Ma lui non la stava più
ascoltando. La prese per i fianchi con un braccio, sollevandola dal divano, e
con la mano libera le fece segno di restare in silenzio.
Aidan cominciava a pentirsi di
essersi fatto convincere da quella matta di Lisa. Ammetteva che l’idea di
passare la serata con Anna l’aveva stuzzicato non poco.
Da quando la ragazza aveva
imparato a cavalcare, due anni prima, la osservava scorrazzare con Lola per
tutta la tenuta; i capelli biondi spettinati ed i vestiti sporchi di erba e
terriccio, sarebbe quasi potuta sembrare una di quelle ragazze che gli
chiedevano di baciarle. Sarebbe stato molto lieto di baciare Annabeth ma non
era una cosa fattibile, non in quel momento almeno.
Con cautela, uscì dal riparo
del separé, trascinandosi dietro un’allibita Annabeth. Valutò la possibilità di
uscire da dove erano entrati ma sarebbe di certo sembrato strano, alle guardie,
che loro due uscissero così presto. Se si fossero chiusi in biblioteca
sarebbero rimasti intrappolati fino alla fine della “festa”. L’unico modo per
uscire definitivamente di lì era il giardino.
Lasciò andare Anna, pur
tenendola per mano, in modo che non potesse sfuggirgli. Aprì il balcone che
affacciava sul giardino e, come a volerne coprire il rumore per facilitargli le
cose, qualcuno gemette.
Aidan, arrossendo vistosamente,
si voltò a guardare la sua compagna di sventura.
Annabeth, paonazza, aveva
sbarrato gli occhi e la bocca e lo fissava scandalizzata. Alzando le gonne,
corse fuori dalla stanza, trascinando Aidan con sé.
«Non posso credere di essere
stata così stupida» dichiarò sottovoce, nonostante fossero ormai al sicuro,
all’ombra di un melo. «Tu l’avevi capito!» lo accusò. «Non potrò più guardare
in faccia i miei genitori, non dopo ciò che immagino stiano facendo!»
«Dovresti calmarti» le suggerì.
«L’importante è che nessuno ti abbia vista. Stavi per mettermi in un grosso
guaio.»
Annabeth spalancò di nuovo gli
occhi azzurri, fissandolo incredula. «Avrebbero pensato…»
«Esattamente»le confermò.
Aidan si tolse la giacca,
nonostante l’aria fosse ancora troppo fresca per stare in maniche di camicia
lui si sentiva terribilmente accaldato. Posò l’indumento sull’erba e lo indicò
alla ragazza.
«Siediti» le disse togliendosi
la maschera e passando una mano trai capelli per spettinarli. «Dovremmo
aspettare un po’ prima di rientrare, Anna.»
Annabeth si accomodò sulla
giacca e non si sorprese quando lui le si sedette vicino.
«Perché mi chiami Anna?»
domandò togliendosi la maschera. Aveva bisogno di distrarsi da ciò che aveva da
poco realizzato.
«Perché è il tuo nome» le
rispose lui, asciutto.
«Dovresti chiamarmi signorina Annabeth» gli fece presente.
Aidan la guardò.
«Mi farebbe sentire un
estraneo» ammise. «Come se non ti avessi vista toglierti le caccole dal naso
fino a sei anni» le disse sorridendo.
Annabeth avvampò, prima per
quel ricordo imbarazzante e poi per lo splendido sorriso di Aidan.
«Come facevi a sapere che ci
sarebbe stata una coppia che si chiamava Villainfiore?» chiese, nell’ennesimo
tentativo di cambiare argomento.
«Villafiorita» la corresse lui.
Come suonava bene l’italiano,
pronunciato dalle sue labbra.
«Perché li ho invitati io» le
spiegò, catturando di nuovo la sua attenzione. «Ho detto a Lisa di spargere la
voce tra le cameriere che i baroni italiani sarebbero stati al ballo e le
cameriere hanno fatto il resto. In un’ora la voce era già arrivata alle
stalle.»
Annabeth lo guardò ammirata,
lei non sarebbe mai riuscita a pensare a qualcosa di simile.
«E ovviamente ho scelto un nome
italiano poiché così non avremmo dovuto parlare molto.»
«Peccato che il tuo bel piano
non sia servito a molto, dati i risvolti» gli disse con un risolino.
Aidan fece spallucce.
«Ora posso chiederti una cosa
io?»
Annabeth annuì, curiosa di
sapere cosa le avrebbe chiesto.
«Non ho capito perché non ti
vesti di blu» confessò Aidan.
Anna lo guardò divertita.
«Poiché ogni volta che indosso qualcosa di blu c’è sempre qualcuno pronto a complimentarsi perché “il blu fa risaltare
i miei occhi”. Ho sentito questa frase così spesso ai ricevimenti che potrei
dirla al contrario!»
«In realtà, io credo che
l’azzurro faccia risaltare molto di più i tuoi occhi, soprattutto al sole»
sussurrò guardandola di sbieco, cercando di cogliere ogni sua minima reazione.
«Il blu fa risaltare i tuoi capelli» continuò, prendendo una soffice ciocca tra
le dita. «E quando vesti di rosa» mormorò rauco avvicinandosi, «le tue labbra
catturano sempre la mia attenzione.»
Il cuore di Annabeth galoppava
impazzito nel petto; lasciò che lui le sfiorasse le labbra con le proprie, non
opponendo alcuna resistenza, abbandonando tutte le difese.
Quando Aidan si scostò,
carezzandole una guancia, Annabeth seppe che nessuno sarebbe mai più riuscito a
baciarla a quel modo, che nemmeno lo stesso Aidan avrebbe dovuto riprovarci,
perché era sbagliato.
E invece si trovò a sussurrare:
«Domani andrò a cavallo.»
«Cosa?»
«Domani» ripeté, «verrò a
prendere Lola alle stalle. Appena sorge il sole.»
Aidan continuava a guardarla
confuso.
Annabeth si alzò, ansiosa di
correre in camera sua prima di cambiare idea e rovinare tutto.
«Aspettami domani» gli sussurrò
implorante.
Aidan le sorrise sereno.
«A domani» le rispose.
La guardò correre via sotto la
luce pallida della luna.
Sapeva che non avrebbe avuto
null'altro che qualche dolce bacio da lei, a causa della differenza di rango,
ma si trovò comunque a sperare che arrivasse in fretta l’indomani.
L'autrice:
Little Redbird
Nata nella provincia napoletana ventuno anni fa, preferisco essere chiamata Red anziché Angela. Mi sento molto più me stessa quando sono il mio alter ego scrittrice. Ho iniziato con le fanfiction ma sono approdata presto tra le storie originali. Ho all’attivo un blog in cui pubblico la mia prima storia Paranormal Romance.
ma che bella storia! davvero dolci e teneri! finalmente una "coppia" che non copula dopo due nanosecondi che si conoscono!!!! sono stanca di racconti che basano tutto sulle scene hot e trovarne uno delicato come questo è davvero piacevole! bravissima! :)
RispondiEliminaBellissimo complimenti!!!! Ben scritto e intrigante...
RispondiEliminacarinissima l'idea del ballo "proibito"...certo che mamma e papà sono sporcaccioni forte :P
RispondiEliminaConcordo sulla parola "intrigante"...mantiene bene il ritmo ;)
Grazie mille a tutte!
RispondiEliminaSono contenta che vi sia piaciuto ^_^
Molto, molto carino! Davvero un bel racconto ^_^
RispondiEliminaUn racconto molto carino... trovo che intrigante sia l'aggettivo giusto, ma è anche altro... come la richiesta di Anna lascia presagire...
RispondiEliminaBrava!!!
Grazie mille, ragazze! ^^
RispondiEliminaBel racconto, di lettura facile e scorrevole.
RispondiEliminaIl contenuto è simpaticamente malizioso, senza essere volgare.
Anche l'accenno romantico non manca.
Pieni voti :-)
Questo racconto e' scritto in modo piacevolmente scorrevole, con un bel ritmo della storia. Dalla cornice, il quadro si fa sempre piu' completo fino a mostrare un dipinto malizioso,anzi piuttosto licenzioso, ma tutt'altro che volgare.
RispondiEliminaMi ricorda le feste carnevalesche e i baccanali orgiastici che si tenevano nei secoli passati, nei palazzotti patrizi di Venezia, in nome di un Carnevale irrinunciabile dal punto di vista del prestigio sociale.
Brava Little Redbird.