L'Angolo di Matesi: "GERMINAL"




Teresa Siciliano questo martedì ci propone l'analisi di un romanzo innovativo, realistico e profondo: "GERMINALE" di Zola.
Non perdete questo bellissimo articolo!


Germinal fu pubblicato da Zola nel 1885. Per scriverlo l’autore si era, come al solito, minuziosamente documentato, visitando alcune miniere e prendendo appunti nei suoi taccuini: quindi il romanzo, pur ambientato circa vent’anni prima, riflette la condizione dei minatori del suo tempo. Per questo alcuni l’hanno accusato di anacronismo. Ma in realtà non è che in quel ventennio la situazione fosse granché cambiata. Né lo fece per molto tempo: se guardate qualche documentario sulla tragedia di Marcinelle, avvenuta in Belgio alla metà del Novecento, noterete che le condizioni di lavoro erano in massima parte le stesse.
Insomma il romanzo è anche un affresco d’epoca. E ciò perché lo scrittore era un grande osservatore: naturalmente, per scendere nei pozzi occorreva il permesso della direzione e naturalmente gli facevano vedere quello che volevano loro, né gli fu permesso di avvicinare da solo i minatori. Ma Zola aveva buoni occhi e cervello acuto. Perciò il libro è così valido a livello documentario, perciò allora fu ritenuto il più realistico dai lavoratori delle miniere, perciò ai funerali di Zola una delegazione di minatori andò sotto le finestre della sua casa, inneggiando al grande intellettuale al grido di “Germinal! Germinal!”. E per questo, nonostante si tratti di un romanzo sociale contemporaneo, noi oggi, a distanza di quasi un secolo e mezzo, lo leggiamo come romanzo storico. Cosa che vale per la maggior parte della serie dei Rougon-Macquart.
Il contenuto è molto crudo, sia nella descrizione della condizione ambientale, sia nella rappresentazione dei rapporti umani. Se volessimo riassumere tutto in due parole, dovremmo usare quelle di sesso e violenza.
Al centro della vicenda è la famiglia Maheu, una famiglia laboriosa,  dove sia il padre sia tutti i figli, tranne quelli piccolissimi, lavorano in miniera. Eppure il giovedì non hanno soldi per mettere in tavola una minestra fino alla paga di sabato. E nel corso degli eventi che si susseguono saranno colpiti da tutte le malattie e le disgrazie tipiche dei minatori.
I Maheu sono rappresentati nel bene e nel male in forte contrapposizione con i borghesi, così come le grandi miniere si contrappongono a quelle piccole. Famiglie come i filantropi Grégoire ignorano totalmente l’esistenza della fame e trattano gli operai come mendicanti sfaccendati. D’altra parte il direttore della miniera Hennebeau si sente molto più infelice dei suoi minatori, perché la moglie lo tradisce in casa sua addirittura con suo nipote. Mentre fra Maheu e sua moglie c’è un forte legame che viene riassunto nella scena del bagno: in una casa sovraffollata dove si dorme tutti insieme, l’unico momento di privacy è quello in cui l’uomo, tornando dalla miniera, si lava in cucina nella tinozza accanto al fuoco e ai figli si proibisce di entrare perché il padre è nudo. E quello è il momento del sesso più soddisfacente fra marito e moglie.
Ma il libro è pieno di sesso: i giovani, dopo il lavoro e la domenica, si accoppiano sfacciatamente nei campi e nei boschi, dove tutti i passanti possono vederli. È l’unica forma di divertimento per loro, per giunta gratuita, mentre l’osteria, dove pure molti vanno, comporta spese e il pericolo di alcoolismo e rovina. Quindi le relazioni e le convivenze sono frequentissime e vengono vissute dalle ragazze in modo fatalistico.
Nelle intenzioni di Zola questo doveva essere un romanzo socialista e difatti al centro c’è un importante sciopero, che permette all’autore di tratteggiare le grandi divisioni all’interno della sinistra, dai capi più moderati, ormai borghesizzati, fino agli anarchici terroristi.
Sangue e morte furoreggiano, i minatori vengono decimati e sconfitti; eppure il finale è tragico, ma non privo di speranza, all’insegna del motto: stavolta non ce l’abbiamo fatta, ma ci riproveremo fino a vincere.
In realtà dietro il romanzo c’è la terribile esperienza della Comune di Parigi, che provocò un’ondata di terrore in tutta la borghesia europea. Anche Zola, nonostante la sua simpatia per i poveri e i diseredati, era rimasto impressionato da certi eccessi. E tuttavia, questo non lo fece spostare su posizioni di destra (come sarebbe successo più tardi a Verga), anzi alla fine del secolo fu uno dei protagonisti della battaglia civile a favore di Dreyfus in chiave democratica e antinazionalista.
Del resto basta leggere le ultime righe di Germinal:
Alto nel cielo, ora il sole di germinale raggiava in tutta la sua gloria. Al caldo dei suoi raggi, la terra sprigionava in mille forme la vita dal suo grembo materno. Le sementi gonfiavano, bucavano di germogli la zolla, variavano i solchi del loro tenero verde. Le gemme degli alberi si schiudevano in lucide foglie; i campi trasalivano sotto la spinta dell’erba, agognanti alla luce. Per la vegetazione in succhio, si propagava come un fremito: era la linfa che urgeva sotto le cortecce, che traboccava dovunque. Ma sotto quel tripudio della natura, sempre più distinto, il giovane (il protagonista, Stefano) continuava a udire l’oscuro travaglio dei minatori. E di questa messe soprattutto la terra era incinta; una messe che spunterebbe un giorno alla luce, grandeggerebbe nei solchi per gli imminenti raccolti. Là in fondo un esercito lentamente cresceva; un nero esercito vendicatore che, schiantando la terra, ben presto esploderebbe alla luce.
Per questo il romanzo è stato scritto: per avvertire che  di lì a pochi anni sarebbe esplosa appunto la Comune di Parigi. O forse lo sguardo di Zola va più lontano e intravede qualcosa di più potente e duraturo, una grande rivoluzione proletaria, che almeno in una certa misura cambierà il mondo. Sia detto senza settarismi, così come non era settario lo scrittore quando rappresentava il fronte degli operai anche con tutte le sue rivalità e le sue misere ambizioni.


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