
La scrittrice che si è sempre distinta
in questo campo è la Balogh: ed ecco i down di Una lady scandalosa e degli Huxtable o la sordomuta di La melodia del cuore. Al tema la
scrittrice ha dedicato una serie intera,
I sopravvissuti, con qualche dissenso da parte delle lettrici. Cosa che,
per quanto ricordo, non era mai successa prima. Probabilmente la causa è da
vedersi nel fatto che tutti i protagonisti della serie sono handicappati e
nessuno guarisce più o meno miracolosamente nel finale. Per quanto mi riguarda,
invece, almeno un titolo è da annoverarsi fra i migliori dell’autrice. Ed è La luce dell’amore.

A seguito di circostanze piuttosto
romanzesche (è il punto debole della trama), si ritrova unito in un matrimonio
di convenienza con Sophia: in realtà lei si è innamorata a prima vista della
sua bellezza e del suo garbo, lui della sua voce musicale. E fin dall’inizio
Sophia capisce bene il suo bisogno di indipendenza e cerca tutti i modi per
garantirgliela.
La prima svolta è far addestrare un cane con cui Vincent possa
uscire nel parco della sua tenuta da solo, poi studia delle modifiche al
sentiero che porta al loro lago, in modo che possa percorrerlo aiutandosi
semplicemente con una staccionata e fa piantare lungo i lati piante profumate
ed erbe aromatiche per fargli sentire la natura che non può vedere, infine fa
approntare un percorso delimitato da siepi che gli permetta di spingere il suo
cavallo al galoppo per cinque miglia, anzi dieci, considerando il ritorno.
Insomma è l’avverarsi di un sogno per Vincent.
Prese
a immaginarsi una pista del genere. Lunga quasi cinque miglia. Priva di
ostacoli. Progettata in modo tale da permettere al cavallo di avanzare o di
correre senza una vera guida. Da permettere a lui di correre. Miglia e miglia
sempre in movimento, con l’aria fresca a sferzargli il viso.
La
libertà.

E Sophia?
Sophia
si morse forte il labbro. Sarebbe stato umiliante se tutti quegli ospiti
l’avessero vista piangere. E poi i suoi occhi si focalizzarono sulla madre di
Vincent, che se ne stava insieme a Ursula accanto alla porta. Aveva le guance
rigate di lacrime. È l’ultima
vittoria: quella su una suocera affettuosa, ma sempre troppo protettiva verso
il figlio invalido.
Qualcosa di simile avverrà anche nel
volume seguente Due cuori in fuga:
qui Ben, che ha resistito furiosamente ai medici che volevano amputargli le
gambe per evitare la cancrena e ha ricominciato a camminare con l’aiuto di
bastoni, grazie all’aiuto di Samantha accetterà il fatto che la cosa più
importante è riuscire a spostarsi velocemente da solo con l’aiuto di una sedia
a rotelle e tornare in questo modo ad una vita attiva e pienamente
soddisfacente.

Invece la Balogh ci insegna da sempre
che non bisogna aspettarsi miracoli irrealizzabili, ma adattarsi a quello che
non si può cambiare e cercare di sfruttare ingegno e determinazione per
rendersi il più possibile indipendenti, anche nelle circostanze più avverse.
La felicità può essere anche solo
questa.
Devo dire che per affrontare un handicap grave in un romanzo ci vuole molto coraggio. Non solo la Balogh, ma anche la Ciuffi ne ha avuto. In un romanzo Mondadori, di cui non ricordo il titolo, il protagonista perdeva entrambe le gambe, e la cosa mi aveva molto commosso. Ottimo articolo, come sempre. Miriam Formenti
RispondiEliminaBravissima, come sempre, Teresa Siciliano.
RispondiElimina