Genere: Narrativa Contemporanea
Editore: Longanesi
Pagine: 389
Prezzo: € 9.99 (e-book); € 16.00
Uscita: 25 agosto 2016
Sinossi:
Giugno 1994. Roma sta per affrontare un’altra estate di turisti e afa quando ad Angelica viene offerta una via di fuga: la grande villa in campagna di suo nonno, a Borgo Gallico. Lì potrà riposarsi dagli studi di giurisprudenza. E potrà continuare a nascondersi.
Perché a soli vent’anni Angelica è segnata dalla vita non soltanto nell’animo ma anche su tutto il corpo. Dopo l’incidente d’auto in cui sua madre è morta, Angelica infatti, pur essendo bellissima, è coperta da cicatrici. Per questo indossa sempre abiti lunghi e un cappello a tesa larga. Ma nessuno può nascondersi per sempre.
A scoprirla sarà Tommaso, un ragazzo di Borgo Gallico che la incrocia per caso e che non riesce più a dimenticarla. Anche se non la può vedere bene, perché per Tommaso sono sempre più i giorni neri dei momenti di luce. Ma non importa, perché Tommaso ha una Polaroid, con cui può immortalare anche le cose che sul momento non vede, così da poterle riguardare quando recupera la vista. In quelle foto, Angelica è bellissima, senza cicatrici, e Tommaso se ne innamora. E con il suo amore e la sua allegria la coinvolge, nonostante le ritrosie.
Ma proprio quando sembra che sia possibile non aspettare la notte, la notte li travolge...
“Non
aspettare la notte” è l’ultimo atteso romanzo di Valentina
D’Urbano, autrice dell’intenso “Il rumore dei tuoi passi”,
ed è edito dalla Longanesi.
La
protagonista di questo libro è Angelica Gottardo, figlia di un noto
avvocato della capitale e studentessa modello di Giurisprudenza. Una
ventenne come tante se non fosse per le brutte cicatrici che le hanno
devastato il corpo, ma forse ancora più profondamente l’anima.
Angelica infatti è sopravvissuta ad un terribile incidente d’auto
che le ha portato via la mamma, oltre all’integrità del suo
aspetto fisico.
Guardò
il viso della ragazza davanti a lei e poi la punta delle sue dita, le
unghie curate e trasparenti, le mani sottili e morbide di chi non fa
niente, e poi le braccia, che erano un campo di battaglia, una guerra
che non aveva vinto nessuno.
Sono
passati sette anni da quella fatidica notte e la ragazza accetta di
passare l’estate nella tenuta del nonno in Toscana per trovare un
po’ di tranquillità, ma soprattutto per nascondersi dagli sguardi
della gente. Esce poco Angelica e quando lo fa, indossa camicette a
maniche lunghe, abiti che le coprano le gambe e un cappello a tesa
larga che le lasci il viso in ombra. Il caso vuole che la ragazza
venga ‘vista’ da Tommaso, un bel ragazzo di vent’anni che
soffre di una brutta malattia degenerativa agli occhi che gli sta
portando via la vista. Tommaso riesce a vedere Angelica nella sua
bellezza originaria, innamorandosi anche dei segni che deturpano il
suo viso. Tommaso è allegro, pieno di vita e bello di una bellezza
senza artifici, genuina, come il suo cuore. E questa sua ‘bellezza’
nel senso più profondo fa sì che Angelica riesca ad aprire il suo
cuore e ad accantonare (momentaneamente) le sue paure più profonde e
radicate.
Si
ameranno con lo slancio dei vent’anni e, anche quando la ragazza
tornerà a Roma, faranno in modo di continuare a vedersi, fino a
quando uno stupido sbaglio riaccenderà le paure e la sfiducia di
Angelica in se stessa e verso gli altri. Nel frattempo la malattia di
Tommaso progredisce pericolosamente verso la notte che lo attende. Le
strade dei due ragazzi si dividono bruscamente, complici orgoglio e
testardaggine e tutto sembra allontanarli per sempre…
Non
ti innamori delle cose perfette, senza segni. Le cose perfette sono
di tutti. Ti innamori delle zone d'ombra, delle crepe, delle storture
che vedi e senti dentro, che ti appartengono. Ti innamori di chi è
riuscito a sopravvivere
Questo
romanzo affronta molti temi, come il riuscire a ‘vedere oltre’
(le apparenze, le convenzioni, il proprio orgoglio ecc.) ed è
simbolico il fatto che il personaggio che riesce a vedere meglio sia
proprio quello affetto da una rara malattia della vista. Tommaso è
sicuramente il personaggio che ho apprezzato di più per la sua
schiettezza e per la sua capacità di amare in modo assoluto. Neppure
le giornate più buie riescono a fermare la sua gioia di vivere, che
irrompe nella storia col fracasso del suo ‘Ciao’ scassato e col
suo ottimismo nello scattare istantanee con la Polaroid, fiducioso
che un giorno potrà vederle con occhi sani.
In
cucina c’era odore di caffè e i rumori tipici di tutte le mattine;
Tommaso aveva imparato a riconoscerli, a farci molto caso,
soprattutto nei giorni cattivi. Il ronzio del frigorifero vecchio,
attutito solo in parte dal chiacchiericcio della tv. I cucchiaini
girati in fretta nelle tazze, suo padre che ogni tanto si lasciava
sfuggire un risucchio perché il caffè era bollente, le ciabatte
della mamma strascicate sul linoleum consumato.
Gli
odori, i sapori, i rumori. Le cose che succedono fuori, nel mondo,
quando una mattina ti svegli e improvvisamente scopri che il mondo è
sparito.
Angelica
sicuramente l’ho compresa molto meno. O meglio, fino ad un certo
punto della storia sono entrata in empatia col suo personaggio, ho
sofferto con lei per la perdita della mamma, la persona che dovrebbe
difenderti da tutto e da tutti, ma non ha ‘saputo’ farlo. Ho
compreso la sua paura di lasciarsi andare a un sentimento che credeva
precluso per lei, a causa del suo aspetto esteriore. Quando sembra
che finalmente sia riuscita ad aprirsi all’amore, e anche ai rischi
che questo comporta, prende delle decisioni che non ho né capito né
condiviso.
Che
devo dire? Ho adorato la prima parte del romanzo, che mi ha travolta
un po’ per ‘l’effetto nostalgia’ e per il rimpianto della
vita dei primi anni ’90 che era più semplice e meno tecnologica
rispetto ad oggi ma, forse, più serena e genuina. Dalla seconda
parte ho avvertito un distacco emotivo, soprattutto verso il
personaggio di Angelica, e ho avvertito delle forzature nella trama,
forse perché ha preso delle direzioni che non avrei voluto. Ho
trovato molto belli i personaggi di contorno, tra i quali spicca la
tosta sorella di Tommaso, che riesce a dire quello che pensa con la
schiettezza che contraddistingue anche il fratello.
La
scrittura della D’Urbano è molto lineare e, con pochi tocchi
sapienti, riesce a fornire le dovute descrizioni coinvolgendo il
lettore, senza annoiare mai. Ho letto alcune recensioni che non hanno
apprezzato questa svolta nella sua scrittura, che è sicuramente meno
cupa rispetto alle opere precedenti; io invece penso che ogni autore
deve sapersi evolvere e raccontare storie che sono nelle sue corde al
momento della stesura del romanzo. Se amate le storie ricche di
sentimenti, non potete rinunciare a leggere questo romanzo: non
aspettate la notte!
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