Un incontro fortuito sulla neve: "BACI SOTTO IL VISCHIO" di Anika Perry, buona lettura!
Mancano
esattamente cinque giorni a Natale e per la prima volta lo trascorrerò da sola.
Con una nuova vita, in un nuovo appartamento e in un nuovo paese.
A quasi
ventisette anni, ho sentito il bisogno di avere un posto tutto per me. Il caso
ha voluto offrirmi quest'opportunità con una improvvisa offerta di lavoro che
sapevo di non poter rifiutare.
Anche
se dall'altro lato del paese.
Starete
pensando: “che tristezza!”, e invece vi posso assicurare che non è così!
Sì, i
miei mi mancano molto, ma li sento tutti i giorni al telefono. Dovevano
mettersi in viaggio per raggiungermi, ma non hanno potuto a causa della salute
di mio padre.
Quindi,
eccomi qui, in giro per Detroit mentre nevica, tra le bancarelle dei mercatini
di Natale, a cercare gli ultimi regali.
Mi
riduco sempre all'ultimo momento!
Non lo
faccio intenzionalmente, ma sono un'indecisa cronica. Sono capace di restare
ore e ore ferma ad arrovellarmi il cervello su quale sia il regalo che si
addica alla personalità della persona che lo riceverà.
Mi
piace fare regali che abbiano un significato, e non le solite cose come un
maglione o le scarpe di lana della nonna. Sono una persona molto attenta ai
particolari, non posso farne a meno, credo sia una piccola mania.
Stamattina
fa più freddo del solito, un giorno perfetto per indossare i miei ugg e la mia
sciarpa di lana preferita, quella con le palline e coordinata al cappello.
La
musica natalizia e il vento che trasporta il profumo di ciambelline fritte mi
riportano ai tempi passati, quando eravamo tutti a casa della nonna, raccolti
intorno all'albero di Natale vicino al camino. Chiudo gli occhi e mi lascio
avvolgere da quella sensazione calda. Mi mancano le giornate in cui l'amore
familiare si nascondeva nei piccoli gesti e si respirava nell'aria che
profumava di zenzero e canditi.
Un
attimo prima sono immersa nei mie pensieri, quello dopo... mi ritrovo col
sedere nella neve!
Riapro
gli occhi di scatto.
«Ahi!
Ma cosa...?»
«Attenta
a dove cammini! Guarda tu se proprio oggi dovevo macchiarmi il cappotto con il
caffè!» esclama un uomo, prima di buttare il bicchiere con il caffè restante
nel contenitore più vicino e prendere un fazzoletto. Infine, abbassa lo sguardo
su di me, che intanto sono rimasta immobile col sedere ghiacciato.
Lo
fulmino con gli occhi.
Tento
di rialzarmi ma la borsa mi scivola e si rovescia a terra. Non c'è mai fine
alle figuracce!
Mi
inginocchio e comincio a raccogliere le cose in tutta fretta buttandole alla
rinfusa nella borsa.

Lo
sento sospirare e avvicinarsi, ma mi alzo prima che possa raggiungermi. Lo
guardo, sperando non se ne accorga, e vedo che indossa un completo grigio, che
gli cade a pennello, con una camicia bianca. È vestito di tutto punto e io mi
sento ancora più in colpa.
«Sta
bene? Le fa male da qualche parte? Mi scusi per la sfuriata, ma avevo una
riunione importante stamattina. Lei cammina sempre ad occhi chiusi?».
«Ehm,
no, ero sovrappensiero. Comunque io sto bene, ma lei ormai ha il cappotto e il
pantalone rovinati. Sono desolata.»
Alza un
dito, come per dirmi di aspettare un minuto e tira fuori il cellulare dalla
tasca. Digita per un secondo e poi se lo porta all'orecchio. Mi guarda negli
occhi mentre aspetta che gli rispondano. Ha degli occhi bellissimi, non riesco
a distogliere lo sguardo. Sono magnetici, di un verde chiaro e brillante.
«Ehi,
Jude, ho avuto un imprevisto» si ferma in ascolto, ancora con gli occhi nei
miei «Sì, lo so che era importante, ma non riesco a raggiungerti. Ti chiamo
dopo per sapere com'è andata.»
Mette
giù senza salutare né aspettare la risposta. Sono a disagio perché inizia a
guardarmi con un sorrisetto strano.
Avvampo
e distolgo lo sguardo, puntandolo sui miei stivali. Si china a terra e
raccoglie un'agendina, la mia!
Come ho
fatto a non vederla quando ho raccolto le altre cose? Non faccio in tempo a
togliergliela dalle mani che lui la apre e legge il mio nome. «Allora, uhm…
Signorina Claire, come minimo penso di meritarmi un altro caffè, no?»
Non
sopporto quel sorrisetto arrogante che gli piega le labbra, così gli lancio
un'occhiataccia.
«Non
vado a prendere caffè con uno sconosciuto, soprattutto non con uno che si mette
a sbirciare nella mia agenda senza permesso. Le lascio il mio numero, mi faccia
avere il conto per il cappotto.»
Gli
allungo il mio biglietto da visita e gli strappo l'agenda dalle mani.
«Aspetti,
non mi sono neanche presentato...» mi guarda stranito.
«Non importa» gli dico da sopra una spalla e fuggo via. Entro in un vicolo e mi fermo sperando che il respiro e i battiti impazziti del mio cuore si calmino.
«Non importa» gli dico da sopra una spalla e fuggo via. Entro in un vicolo e mi fermo sperando che il respiro e i battiti impazziti del mio cuore si calmino.
***
Sono
passati due giorni da quando è accaduto quell'episodio ed io non riesco a
togliermi dalla testa quei dannati occhi verdi. Li ho addirittura sognati. Non
capisco perché, in fondo l'ho visto solo una volta per non più di dieci minuti.
Non conosco neanche il suo nome, ma questo non mi impedisce di fantasticare
come un'adolescente alla sua prima cotta.
Devo
essergli sembrata un'imbranata!
Mi
strofino la faccia con le mani, sentendomi patetica, e guardo fuori dalla
finestra. Anche oggi nevica e domani sarà la vigilia di Natale.
Ho
inviato tramite posta i regali che alla fine sono riuscita a trovare. Ho
comprato del cibo preconfezionato che scalderò in forno.
Essendo
da poco qui a Detroit, conosco pochissime persone, quindi me ne starò in casa
da sola con la mia bella dose di dolci e canzoni natalizie in sottofondo,
davanti al camino mentre leggo un buon libro.
Il
suono del campanello mi interrompe. Sarà il postino o qualcuno che avrà
sbagliato. Apro la porta ma non c'è nessuno. Rimango di sasso quando scorgo un
biglietto rosso posato sul tappetino d'ingresso. Sopra c'è il mio nome in bella
grafia. Lo prendo e rientro in casa. Lo apro e vedo che all'interno c'è un
foglio con il logo della lavanderia all'angolo, invece del prezzo trovo un
messaggio:
Ti
aspetto tra due ore al caffè sulla trentaduesima
per
“saldare il conto”.
Mr.
Sconosciuto.
Che
arrogante! Ha dato per scontata la mia presenza, come se non avessi scelta se
non quella di andarci. Scoppio a ridere di gusto per il modo in cui si è
firmato e per il logo della lavanderia. Poi penso che sul mio biglietto da
visita ci sono il mio nome e cognome, il numero di cellulare e addirittura l'email,
ma non c'è il mio indirizzo. Come l'avrà avuto?
Sono
proprio curiosa di chiederglielo.
Mentre
scelgo qualcosa che mi faccia sentire comoda e carina allo stesso tempo, mi
chiedo se anche per lui io sia stata un pensiero fisso come lui lo è stato per
me in questi due giorni.
Ma cosa
dico? Un uomo bello come lui non avrà certo pensato all'imbranata che gli ha
rovinato la giornata, al limite mi avrà pensata per maledirmi. Vorrà solo
vedermi per saldare il conto della lavanderia e tanti cari saluti.

Se il
conto vuoi saldare, nella saletta devi arrivare.
Segui
il percorso delle bacche rosse.
Alzo la
testa e vedo che il soffitto e i lampadari del bar hanno delle foglie e bacche
di agrifoglio disseminati qua e là. Mi incammino e mi trovo davanti ad una
porta con una ghirlanda appesa al centro. Deve essere la saletta privata che
intende lui. Faccio un respiro profondo ed entro.
Mi
sembra di aver fatto un salto temporale. La sala è in penombra, illuminata solo
dalla luce del camino e da qualche candela, è arredata in stile arte povera. Le
note di una canzone che non conosco vibrano nell'aria, rendendola elettrica.
C'è un tavolino al centro con due poltroncine e un divanetto proprio di fronte
al camino. Lui è lì, di spalle, con un bicchiere con un liquido ambrato nella
mano destra, sembra perso nei suoi pensieri. Appena la porta si chiude, lui si
gira verso di me e si alza dal divano con il più radioso dei sorrisi. Posa il
bicchiere sul tavolino e si avvicina, forse un po' troppo. Si ferma a meno di
un metro da me e con le mani nelle tasche del pantalone e la camicia azzurra
arrotolata fino ai gomiti, sembra una fantasia erotica in carne ed ossa.
Mi
guarda, in attesa, come se spettasse a me rompere quel silenzio. Ne approfitta
per squadrarmi dalla testa ai piedi ed io faccio lo stesso.
Non ho
intenzione di cedere e lui l'ha capito, sospira e si arrende: «Ciao Claire. Sei
venuta, non ci speravo». Deglutisce e poi riprende: «Questo vuol dire che,
forse, non sono stato l'unico ad avere un pensiero fisso in questi due giorni».
Sono
imbarazzata dal modo in cui mi guarda, ma cerco di non darlo a vedere.
Raddrizzo
le spalle, mi lecco leggermente le labbra e lo guardo negli occhi: «Sono venuta
perché avevamo un conto in sospeso e mi dispiace per quel piccolo incidente
dell'altro giorno. Non sono la tipa che lascia debiti in giro. E poi sono
curiosa. Non conosco neanche il tuo nome, quindi sembra un po' egocentrico da
parte tua pensare di essere stato tra i miei pensieri. Scusa il gioco di
parole».
Scoppia
a ridere, beffardo. «Ah, Claire, Claire. Hai un nome bellissimo e musicale,
adatto alla ragazza dolce che sembravi essere due giorni fa mentre te ne stavi
nella neve. Non metterti sulla difensiva. Sì, non mi conosci ed hai ragione ad
essere cauta, ma posso assicurarti che il mio non è un interesse morboso. Mi
hai colpito da quando ho posato gli occhi su di te, ecco perché non mi sono più
presentato alla riunione. Pensavi davvero che una stupida macchia di caffè mi
avrebbe fermato, se avessi voluto andarci? Speravo di passare un pochino di
tempo con te ma tu mi hai lasciato lì come uno stoccafisso, in mezzo alla strada,
con un biglietto da visita tra le dita.»
Scuote
la testa divertito, ha gli occhi che brillano alla luce soffusa.
È bello
da mozzare il fiato.
Ho le
guance che scottano per le cose che ha detto e per l'emozione di sapere che non
sono stata l'unica a pensare a lui.
«Non mi
hai ancora detto il tuo nome, caro Mr. Sconosciuto».
«Come
hai detto tu: non importa, no? Vieni, sediamoci, mi sono azzardato a ordinare
qualcosa da mettere sotto i denti anche per te, ormai è quasi ora di pranzo.
Non hai altri impegni, vero?»
Scuoto
la testa e mi tolgo il cappotto per appoggiarlo sul divano, ma lui me lo toglie
dalle mani con gentilezza e lo ripone ordinatamente. «Ho qualche punto da
recuperare dopo l'uscita infelice di quella mattina» mi strizza l'occhio e mi
fa cenno di accomodarmi di fronte a lui.
Il
tavolino è pieno di cose squisite e, solo adesso, mi rendo conto che stamattina
non ho fatto colazione. Mi brontola piano lo stomaco, ma adesso non sono in
imbarazzo. Aver saputo che ha un interesse per me, probabilmente lo stesso che
io ho per lui, mi ha tranquillizzata.

Io gli
racconto di me, della mia famiglia e del fatto che i miei non abbiano potuto
raggiungermi per via della salute cagionevole di mio padre. Mi dice che non ha
dovuto fare molte ricerche per sapere dove trovarmi, ma si è divertito a
sentire l'amico che gli diceva di essere uno stalker. Gli è bastato scorgere il
nome della strada sulla mia agenda e fermarsi a sbirciare ogni citofono,
facendo due più due con il mio cognome che non è tipico del posto.
Sono
incredula e non posso fare a meno di sentirmi un po' lusingata. Parliamo di
tantissime cose e ci ritroviamo a ridere come due bimbi felici, raccontandoci
di noi, di episodi esilaranti della nostra adolescenza. Si è avvicinato e mi
tiene la mano giocherellando, di tanto in tanto, con l’ anello che porto al
medio.
Era da
parecchio che non mi sentivo così spensierata. Il tempo passa in un baleno ma,
prima di andare via, lui si alza e mi porge la mano.
«Mi
concede l'onore di un ballo natalizio, madamoiselle?» Prima che possa
annuire mi tira a sé e prende un piccolo telecomando dalla tasca, preme un
pulsante e la musica precedente sfuma. Partono le note di “White Christmas”
cantata da Frank Sinatra.
Mi
lascio abbracciare e poggio la testa sulla sua spalla. Adoro questa canzone e
mi sento al sicuro con lui, protetta.
Profuma
di pino e di legno, come il profumo che si sente nel bosco d'inverno, dopo una
pioggerella che ha bagnato le foglie.
Inspiro,
cercando di non farmi vedere. Dondoliamo piano di fronte al camino, i suoi
occhi riflettono la luce calda del fuoco. Mi sposta un ciuffo di capelli che mi
è caduto sugli occhi e mi sfiora il viso. Avvicina la bocca al mio orecchio e
mi sussurra: «Alex. Il mio nome è Alex».
Mi
sorride, un sorriso che gli arriva agli occhi. Sorrido di rimando e gli passo
le dita sulla mascella forte e coperta da un velo di barba castana come i suoi
bellissimi capelli ribelli. Lui mi fa segno di alzare la testa e guardare in
alto. Sopra di noi ci sono dei ramoscelli di vischio. Ci guardiamo negli occhi
e poi, quasi contemporaneamente, ci sporgiamo l'uno verso l'altra, fino a
quando le nostre labbra non si toccano leggere, timide.
Mi
prende il viso tra le mani come se fossi di vetro e continua a darmi dei
piccoli bacetti sulle labbra, delicati. Adoro questo suo essere dolce, ma ho
bisogno di sentirlo più vicino. Gli passo una mano tra i capelli e lo tiro
verso di me.
Sorride
sulle mie labbra e mi stringe un fianco. «Non volevo forzare troppo la mano,»
mi bacia «ma stavo per impazzire, Claire.»
Gli
mordo il labbro «La cosa è reciproca, Alex.»
Sospiro.
Sento il calore del suo respiro sul viso e le nostre lingue si intrecciano,
prima piano, facendo conoscenza, e poi iniziano una danza tutta loro. In poco,
mi ritrovo con la schiena al muro, di fianco al camino, i suoi gomiti
appoggiati alla parete dietro di me, mentre sento il suo peso addosso. Gemo e
lui si scosta un attimo. Mi guarda voracemente. Ha il respiro accelerato.
«Domani.»
Bacio. «Casa tua.» Bacio. «Non voglio passare più un giorno distante da te.» Mi
bacia e va verso il divano, prende il cappotto e si allontana camminando
all'indietro con lo sguardo nel mio.
Sorrido
maliziosa e alzo un sopracciglio «È una minaccia?»
Mi
punta un dito contro e sorride determinato: «È una promessa.»
Apre la
porta e se ne va, lasciandomi lì con le mani appoggiate al muro mentre la voce
di Frank accompagna le ultime note. Mi porto le mani al cuore impazzito e
sospiro.
Sono
felice.
Mamma mia bellissimo! ❤❤❤
RispondiEliminaNe voglio ancora!
Molto carino, mi è piaciuto 😍
RispondiEliminaBellissimo racconto!
RispondiEliminaÈ veramente eccezionale....questa signorina Anika deve essere una vera romanticona...complimenti davvero
RispondiEliminaÈ veramente eccezionale....questa signorina Anika deve essere una vera romanticona....complimenti davvero...
RispondiEliminaAspettiamo il seguito di questa storia..