L'Angolo di Matesi: "ROMANZI A PUNTATE".


L'Ottocento e i romanzi a puntate o "d'appendice".



L’Ottocento è stato il secolo dei romanzi a puntate. E ciò dipendeva dal fatto che erano pubblicati sui giornali in una sezione apposita che si chiamava appendice. Donde il termine “romanzi d’appendice” per indicare quelli più dichiaratamente commerciali. Ma per la verità a puntate sono usciti i romanzi di Balzac e di Dickens fino a quelli di Zola e Verga. Alcuni, per esempio I misteri di Parigi di Sue, hanno incontrato uno straordinario successo, paragonabile a quello di telenovele come Anche i ricchi piangono o di soap come Dallas e Beautiful di fine Novecento. Il difetto di questo genere, almeno nei suoi esemplari più popolari, dipendeva dal fatto che spesso l’autore scriveva le puntate in contemporanea alla pubblicazione. Poteva quindi accadere che si scordasse di aver ucciso un personaggio e lo facesse ricomparire come se niente fosse o, in modo più grave, si adeguasse anche in modo becero ai gusti del pubblico, che ad esempio vuole sempre far convertire i cattivi e preferisce un volemose bene finale. Per la mia generazione memorabile il primo Cuore selvaggio che utilizzava come motore della vicenda una contrapposizione fra il figlio legittimo, cattivo, e il figlio illegittimo, buono nonostante le apparenze. Coerentemente gli sceneggiatori prevedevano la giusta conclusione sullo sfondo della grande eruzione della Martinica del 1902, in cui i buoni dovevano sopravvivere e i cattivi no.


E preparavano gli spettatori con una maledizione terribile della solita profetessa (in questo genere di letteratura maghe e streghe fanno sempre profezie destinate ad avverarsi). Macchè! Immagino dietro la pressione del pubblico si optò per una riconciliazione fra i due fratelli, con la punizione solo della cattiva di turno (il solito antifemminismo, ahimè!) e mandando a quel paese la coerenza complessiva. In fondo erano passate tante settimane nel frattempo e dell’inizio nessuno si ricordava più. Se vado con la memoria agli anni Sessanta e quindi ai Romanzi della Rosa, mi tornano in mente tanti romanzi a puntate, per esempio quelli di Eloisa, Ourida, Orietta: in genere il primo volume rappresentava i protagonisti ancora ragazzi, il secondo da adulti. Ma la trama era coerente senza sbrodolamenti. Del resto i libri di Delly non avrebbero avuto tanto successo, per tanti decenni, altrimenti. In ogni caso la divisione in due volumi non ci disturbava: pareva normale proprio perché rappresentava un amore nel corso del tempo.



La pratica è stata ripresa da Mondadori negli ultimi anni: ed ecco il caso di Whitney, amore mio, che provocò tante polemiche. Perché la divisione in due tomi era dovuta a pure ragioni di foliazione, in nessun modo giustificate da motivi interni alla trama, e inoltre i due volumi uscirono, se ricordo bene, a distanza di due mesi l’uno dall’altro. Inutilmente suggerimmo di farli arrivare in edicola in contemporanea, il che avrebbe risolto il problema del prezzo, senza rovinare la lettura alle acquirenti. Non so per quali ragioni questo cambiamento risultò impossibile.


Ancora peggio sono andate le cose più di recente, quando il fenomeno tornò in grande stile con aspetti anche nuovi. Se ricordo bene cominciò con le famigerate Sfumature di grigio: le definisco così perché detesto ogni forma di sadomasochismo, ma ammetto di non aver neanche preso in considerazione l’idea di leggere il romanzo. Qui la storia veniva spezzata in tre volumi, pubblicati a distanza di tempo l’uno dall’altro, e poi l’autrice ha pure aggiunto Grey, in cui si racconta la stessa identica vicenda, ma dal punto di vista del protagonista. Lo stesso ha fatto la McGuire con Uno splendido disastro, moltiplicato poi in non so quanti volumi (perché a me ne è bastato, e avanzato, uno). E che dire di Calendar girl, successo travolgente nei supermercati, in DODICI volumi, uno per mese per un anno (povero Pirandello, come sono cambiati i tempi!), dove mi dicono (perché non mi sogno neppure di leggerli) che però, grande innovazione, l’uomo cambia ogni mese: siamo all’uomo-kleenex? Evviva il femminismo!
Cerco di stare molto attenta prima di comprare e scarto a priori le storie in tre puntate o più. Ma ogni tanto mi tocca una fregatura: ad esempio Prigioniera del tuo amore della Reed, dove solo arrivata alla fine ho scoperto con orrore (e ho vagheggiato rappresaglie sanguinose su autrice ed editore) che la storia non finiva affatto, anzi si interrompeva ad un momento cruciale e doloroso per la lettrice, senza che nessuno mi avesse avvertita. A che servono allora le sinossi? Per me è incomprensibile il motivo per cui tante lettrici osannino questo tipo di narrativa, che è truffaldina e inoltre ha ritmi lentissimi. E d’altra parte in quale altro modo si potrebbe far durare per più volumi una storia in partenza piuttosto semplice?


Per giunta si è avuto anche l’effetto collaterale di far moltiplicare i romanzi con doppio punto di vista: ad esempio nei capitoli dispari certi eventi vengono raccontati dalla protagonista femminile, nei capitoli pari dal protagonista maschile, e si tratta sempre degli stessi eventi. Ecco come si raggiungono le 300 o (senza pudore) le 400 pagine. Ma, se guardiamo solo l’effetto commerciale, la cosa funziona alla grande. Non so perché.






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