I recensori sono obiettivi? Dove finisce il gusto personale e inizia l'irragionevolezza?
Scoprite cosa ne pensa Teresa Siciliano nel nuovo articolo "Il punto di vista dei recensori"!
Scoprite cosa ne pensa Teresa Siciliano nel nuovo articolo "Il punto di vista dei recensori"!
Nei gruppi facebook rosa si fa un gran parlare di
recensioni: quelle che non escono, quelle a cinque stelle finte o forse
addirittura comprate (anche se io non sono sicura che in Italia si tratti di un
fenomeno davvero esistente e rilevante) e soprattutto le stroncature che per lo
più vengono considerate frutto di invidia e malvagità . Del resto, almeno in
Italia, è diffusa l’idea che perfino i critici letterari di professione siano
scrittori mancati (e frustrati). Non so con quanto fondamento. Diciamo comunque
che perfino loro, a volte, sbagliano clamorosamente.
Per il rosa probabilmente
sono le blogger l’equivalente dei critici letterari di professione. L’unica
differenza, ma basilare, è che per loro non si tratta di un lavoro, ma di
un’attività gratuita di volontariato, cui sono spinte dal grande amore per la
letteratura al femminile. Quindi assomigliano molto alle lettrici normali, per
capacità di entusiasmo, ma certo sono nel settore molto competenti. Soprattutto
perché leggono tantissimo.
Il grosso difetto di molte lettrici che intervengono
nei blog e su Amazon è una certa tendenza alla polemica e all’insulto, anche
pesante, mentre si tratta di luoghi dedicati allo scambio di pareri, anche
divergenti, e alla discussione letteraria, e quindi civile.
È vero che alcune lettrici, protette dall’anonimato (naturalmente
sempre consigliato su internet dagli esperti per ragioni di sicurezza), si
lasciano andare a volte a pareri umorali, non motivati o addirittura
logicamente contraddittori.
Per
esempio, su Sei giorni di Elinor
Glyn, grande intellettuale rosa americana del primo Novecento, una persona che
attualmente si firma "life 69" afferma “non ha senso. penso che la scrittrice debba dedicarsi ad
altro....nella vita ci sono tanti mestieri forse e' IL CASO CHE SI DEDICHI AD
ALTRO. Elinor Glyn per me e' bandita............forse la commessa e' il suo
mestiere” (ho riportato il giudizio esattamente come è pubblicato su Amazon).
Lei stessa, o un’altra persona, aveva pubblicato la stessa recensione, al
momento non più presente sul sito, a proposito di Quel certo non so che, sempre della Glyn, sempre con l’invito a
fare la commessa. Invito non solo insultante verso tutte le commesse d’Italia
(il cui lavoro non è facile e richiede grande competenza, tanto che attualmente
sta prevalendo l’anglismo Personal Shopper), ma che dimostrava l’incapacità di
andare su Google a cercare informazioni. Cosa che avrebbe permesso alla
lettrice di scoprire l’importanza della Glyn per la letteratura di genere e il
cinema hollywoodiano dell’epoca, nonché il fatto che è morta settant’anni fa. E
quindi comunque non potrebbe fare la commessa.
Parimenti una Daniela, a proposito del
bel romanzo della Gianinetto Qui per te,
scrive (faccio sempre copia/incolla):
“il libro parte molto bene all'inizio mi sembrava una storia d'amore carina per
poi scoprire che non è altro che un 50 sfumature, senza tante scene
erotiche (che fin qui va anche bene), molto corto l'ho letto in poco più di 2
ore e la trama è quasi identica a libro sopra citata se ci aggiungi che lo
anche pagato.......sconsigliato a chi ha già letto la trilogia.”
Identico
alle Cinquanta sfumature?! La cosa più divertente è che io ci sono cascata e,
non amando il sadomaso, ho evitato di comprare il romanzo, finché una
benemerita promozione a prezzo stracciato mi ha indotto ad andare a vedere come
la Gianinetto, autrice che stimo moltissimo, avesse rielaborato il tema delle
Sfumature. Mica potevo mai immaginare che per Daniela Sfumature era sinonimo di
rosa!!!
Oppure
guardiamo l’intervento (del 2011, quindi sull’edizione precedente) di Malvasia
a proposito de La figlia del matematico
della Kinsale, intitolato “Infarcito di
luoghi comuni”, dove in una recensione molto lunga e, secondo me, quasi mai
adeguatamente motivata, afferma: “Potrei definirlo un Harmony, non fosse
che gli Harmony sono brevi”, dove ovviamente il termine viene usato in senso
spregiativo. E, dopo un riassunto non sempre adeguato del romanzo, continua:
“Il tutto condito da riferimenti ad argomenti di cui l'autrice sa poco o niente
ma che ‘fanno figo’, probabilmente illudendosi che di tali argomenti le
lettrici sappiano ancor meno e che cadano nell'inganno.” Non sono sicura su
quali siano gli argomenti in questione, ma, se ci si riferisce alle condizioni
dei malati di mente, o supposti tali, nell’Ottocento, l’autrice è invece
documentatissima e basta anche solo un’occhiata a Wikipedia per verificarlo.
Ciò
non toglie che Amazon dovrebbe evitare di riunire sotto il titolo di un libro
le recensioni su precedenti edizioni: per esempio le lamentele sui numerosi
refusi potrebbero essere valide riferite a quell’edizione,
mentre la stroncatura della traduzione, che è anche quella attuale, mi pare
risibile. Non vorrei che si ritenesse incompetenza linguistica lo splendido
sforzo di rendere le difficoltà di espressione, causate dall’ictus. Invece, non
sono sicura di cosa si potesse trovare in vendita di cotto in un villaggio del
Galles intorno al 1830.
Anch’io rimasi stupita, però, quando scoprii nel Ventre di Parigi di Zola, che certo risale
a decenni dopo, che ai Mercati generali di Parigi si potevano trovare cibi
cotti. Non quelli a cui noi siamo ormai abituati, ma avanzi delle tavole dei
benestanti, anche un po’ mangiucchiati (puah? Puah!).
Gli esempi che ho fatto mi sembrano
significativi. Però bisogna ammettere che differenze anche abissali di
valutazione sono frequenti e dipendono dal gusto di ciascuno. Lo si accerta con
sicurezza quando si conosce l’identità del recensore. Per esempio Giusy Valenti
e io abbiamo espresso di recente giudizi diversi su Nella gioia e nel dolore della Gaffney: Giusy 5 stelle col titolo “Bellissimo giallo/rosa”, io 3 stelle con titolo “Un
romanzo sconcertante”. Due giudizi entrambi ben motivati, mi pare, ma quasi
totalmente divergenti. Qui bisogna rassegnarsi e accettare con garbo che su un
romanzo si possono esprimere opinioni perfino opposte, senza però fare a pugni
con Aristotele.
Gli infortuni di una recensitrice (o “recensora”)
Scrivo recensioni sul sito Harlequin e poi quasi solo
su quello dei Romanzi Mondadori da circa dieci anni. Nel corso del tempo ho
discusso (va bene, un po’ litigato) con tutte le scrittrici
italiane storiche di quelle collane. Litigato piuttosto appassionatamente e tanto
più quanto più le amavo e le ammiravo.
La prima fu
Mariangela Camocardi con cui l’oggetto del contendere fu Il
talismano della dea,
bestseller apprezzatissimo, su cui io invece (non per niente mi definisco
bastian contraria) espressi il seguente giudizio: “Romanzo d’appendice
all’italiana, tipo Carolina Invernizio, prolisso, con una prima parte, secondo
me, troppo lunga e deludente. Il formato da 400 pagine non si addice alla
Camocardi, che in passato ha scritto di molto meglio. Mi spiace di essere in
disaccordo con tutte le altre lettrici. Forse dovrei semplicemente smettere di
leggere questa collana.” Se non sbaglio, era il 2009 e non posso descrivervi
adeguatamente il putiferio che ne derivò sul sito Harlequin, uno di quei
“linciaggi” online, cui ormai siamo abituati su facebook, ma che allora erano
una novità , almeno per me. E ciò nonostante io mi affannassi a ripetere che ero
una fan della scrittrice fin da Nina del
Tricolore e che era la prima volta, la prima, che non apprezzavo un suo
romanzo. Fu tutto vano.
Con
la scrittrice facemmo pace definitivamente con Chi voglio sei tu nel 2011 e con il bellissimo Un segreto fra noi, ma
tornammo a discutere (in modo più pacato) con E poi arrivi tu, il terzo della serie sulle sciantose, dove quella
benedetta scrittrice incrudelì sul mio adorato Denis, riservandogli una
punizione spietata. Però la Camocardi mi ha anticipato a Firenze che è in
arrivo un quarto volume dove, mi sembra di capire, perdonerà e salverà il
personaggio. E si farà perdonare da me (e anche da qualche altra).
Nel
corso degli anni ho discusso con tutte le scrittrici italiane: con la Albanese,
la Ciuffi, la Formenti, la Masella, la
Melville, la Picasso e, in qualche misura, perfino con una delle giovani,
Lorena Bianchi alias Angela White. Al momento è ancora sfuggita la Kent, ma non
dispero per l’avvenire.
Il
fenomeno dipende dalla mia maledetta sincerità , per cui non scrivo mai
recensioni diplomatiche, e tantomeno menzognere, e dal fatto che i miei
interventi possono essere davvero taglienti nei confronti delle autrici che amo
di più, e da cui quindi mi aspetto sempre il massimo. Non parliamo poi del
fatto che leggo con grande velocità e quindi sono capace di stroncare un
romanzo nel giorno stesso dell’uscita. Con l’esperienza ho imparato a pensarci
un po’ su, ma non posso dire che le cose siano molto migliorate. Anche perché a
nessuno, me compresa, piace essere criticato.
Comunque,
care scrittrici, quando mi vorreste mandare all’inferno, pensate che sono
ancora lì sul divano a tormentarmi e mi si sono anche intrecciate le dita!
Per me si dovrebbe fare un netto distinguo fra recensione e commento. Io posso tranquillamente commentare, ma sono troppo umorale e molto spesso incompetente per dare una valutazione degna. Credo che la qualifica di recensore top su Amazon operi in tal senso, infatti oltre al numero delle recensioni viene valutato il feedback nei confronti del recensore: ho notato che vi è sempre competenza.
RispondiEliminaComplimenti per l'articolo :) Dal mio punto di vista di autrice hai mostrato una cosa importante: le critiche negative che fanno più male sono quelle (riportate nei tuoi primi esempi) che poggiano su basi assurde o inesistenti. Se leggi un rosa e lo critichi in quanto tale, forse sei tu, lettore, che hai sbagliato l'acquisto ;) E gli insulti e le offese, in quel caso si tratta di pura cafonaggine. Non prendo neanche in considerazione quei casi in cui un'opera viene criticata o valutata male per mettere in cattiva luce un'autrice (sono casi forse rari, ma esistono su tutte le piattaforme), quelle non sono recensioni ma dispetti.
RispondiEliminaPer il resto, il lettore ha sempre ragione: è la sua opinione, e va da sé che un romanzo possa incontrare opinioni diverse, anche divergenti. Un autore deve essere consapevole del fatto che, "pubblicando", si espone al "pubblico" giudizio. Si lancia senza il paracadute, insomma. Paura! ;) Ma è proprio questa paura, in fondo, che ci spinge a fare bene, a (cercare di) fare sempre meglio.
Un articolo interessante, ironico, e carico di verità .
RispondiEliminaDavvero un bellissimo post!!!! Io non sono una critica esperta, nemmeno un scrittrice mancata, mi definisco una semplice lettrice che ha amato i libri fin da piccola. Ora recensisco solo sul mio blog i libri che leggo , più che scrivere una recensione, ne parlo come se parlassi all'amica di lettura che non ho mai avuto nella mia vita. Ben venga che ci sono persone che dello stesso libro ne parlano bene oppure lo criticano un po' . E' bello come un libro possa far suscitare emozioni diversi!
RispondiEliminaSono decisamente d'accordo con quanto ha scritto Monica Lombardi e purtroppo di commenti che si basano su basi assurde, come quelli riportati da Teresa, se ne leggono un sacco. Non c'è che da rassegnarsi. Per quanto riguarda le recensioni comprate, di sicuro non è un fenomeno presente fra le autrici professioniste. Il discorso cambia se si parla di esordienti che si autopubblicano. Su facebook ho letto una marea di annunci in cui l'autrice prometteva carte d'acquisto su amazon, in cambio di una recensione (il fatto che debba essere positiva è sottinteso). Dalle mie parti questo significa comprarsele.
RispondiEliminaCome sempre molto chiaro, bello e sopratutto molto condivisibile l'articolo di Matesi. Brava.
RispondiEliminaCosì "maledettamente sincera" da essere una delle autrici di recensioni più attendibili in circolazione, di cui aspettiamo tutte il responso con il fiato sospeso. Per fortuna che c'è Matesi!
RispondiEliminaGrazie a tutte.
RispondiEliminaVero, Mara! Anch'io spesso vado a leggere le recensioni di Matesi, se voglio farmi un'idea su un romanzo. Poi non è detto che la pensiamo allo stesso modo, ma almeno sono sicura che la sua è un'opinione sincera e priva di condizionamenti.
RispondiEliminaCara Laura, non sempre le mie sono recensioni. Spesso sono semplici opinioni, forse perché il libro non mi ha preso abbastanza da fare un'analisi vera e propria. Recensioni e opinioni sono sempre condizionati dai miei gusti personali e dalle mie convinzioni morali.
EliminaCiao Matesi,
RispondiEliminanon ho mai discusso con te. Ho come regola di comportamento di non discutere mai con le lettrici, ma ringraziarle sempre per la loro attenzione, a prescindere da eventuali critiche.
Un caro saluto al blog Insaziabili Letture e alle sue lettrici.
Angela White
Spero di non ripetermi, perché il commento che avevo fatto è scomparso!
RispondiEliminaIo detesto le critiche, che siano costruttive o no. In ogni caso sono coltellate nel cuore pulsante delle mie creature. Un tempo non ci dormivo, adesso ho imparato a conviverci. Quelle che fanno più male sono proprio quelle ragionate, argomentate, perché pongono il dubbio di essere più vicine alla verità . Quelle insultanti, sprezzanti, mi scorrono addosso. Sono abbastanza immodesta da non permettere che un commento mi faccia venire dei dubbi sulle mie capacità . Il peggiore di tutti? Lo ricordo ancora: 'Lo stile narrativo della Ciuffi è gravemente carente'. Per un momento mi si è aperto un buco nero davanti, che ha rischiato di inghiottirmi. Poi l'ho cancellato dalla mente. Non è che non rispetti le opinioni delle lettrici, ma questo è il tipico lavoro in cui bisogna innanzi tutto avere fiducia nel proprio giudizio, altrimenti si finisce per correre dietro ai gusti di tutti e perdere la strada.
Cara Roberta, di poche cose sono sicura come delle tue capacità narrative.
EliminaQuesto commento è stato eliminato dall'autore.
RispondiEliminaCome Roberta ammetto che certe recensioni fanno sanguinare il cuore di un'autrice. Però ho imparato a distinguere quelle "oneste" da quelle lasciate da chi intende unicamente denigrare e sminuire i meriti professionali altrui, consapevole di non possedere abbastanza talento per competere alla pari e con la lealtà indispensabili. A queste killer di libri altrui rispondo personalmente: 30 anni di mestiere credo che mi autorizzino a farlo.
RispondiEliminaIo con Teresa ho un rapporto di stima e amicizia consolidati e se capita che un mio romanzo le riesca meno gradito di altri, lo accetto. De gustibus non est disputandum.