Oggi Teresa Siciliano ci parla del romanzo storico di Walter Scott e dell'influenza che l'"Ivanhoe" ha avuto su altri autori, tra cui Alessandro Manzoni. Voi avete letto il libro? Vi piacciono i romanzi storici?
Commentate e fatecelo sapere!
Per
romanzi storici si intendono comunemente quelli che vogliono ricostruire
un’epoca anteriore di almeno 50 anni rispetto alla pubblicazione, anche se
personalmente (avendo ormai 65 anni) non riesco ancora ad esempio a considerare
storia gli inizi del Novecento, quando mio nonno combatté a Vittorio Veneto.

È ambientato all’epoca di Riccardo Cuor di leone e Giovanni
Senzaterra (e Robin Hood) che compaiono tutti come personaggi. Lo sfondo è,
quindi, la difficile fusione di Sassoni e Normanni per andare a formare il
popolo inglese. Ivanhoe è un sassone, ma, anziché cercare di tornare alla
situazione prima di Guglielmo il Conquistatore, ripone fiducia in Riccardo e si
aspetta da lui che sia il re di tutti. Per questo lo ha seguito in Terrasanta,
rompendo con suo padre Cedric, che lo considera un traditore, e lasciando la donna
amata, Rowena.

La figura femminile più riuscita del romanzo, infatti, non è
Rowena, ma Rebecca, di cui l’autore sottolinea l’intelligenza e rappresenta il
coraggio in una celebre scena molto melodrammatica. Nell’introduzione al
romanzo lo stesso Scott risponde ai suoi lettori, che avrebbero preferito nella
conclusione un matrimonio fra Ivanhoe e Rebecca, secondo il principio romantico
dell’amore che trionfa su tutto, e accampa problemi di verosimiglianza storica:
nel medioevo (e, in verità, forse non solo allora) il matrimonio fra un
aristocratico sassone e una ragazza ebrea era davvero impensabile. Non ne sono
sicura, ma forse il primo fu quello di Lord Carnarvon addirittura.

Ovviamente la citazione serve a Manzoni per differenziarsi
da Scott: ambientazione non medievale, ma seicentesca, niente melodramma,
niente associazione amore-morte. Ugualmente, a differenza di Rebecca (per cui è
meglio la morte del disonore), Lucia non minaccia e neppure pensa al suicidio per sfuggire allo stupro, ma si rivolge alla
Madonna perché la salvi. Ugualmente mentre Bois-Guilbert è diventato cinico e
malvagio a causa di una delusione d’amore, Manzoni cancella dalla storia
dell’innominato un episodio analogo. E la ragione è chiara, se si considera che
I promessi sposi sono un romanzo
d’amore senza neppure un bacetto fra i protagonisti. Del resto, si dice che lo
scrittore affermasse una volta che di amore ce n’era abbastanza nel mondo,
senza bisogno di metterlo anche al centro della letteratura.

E, per
concludere, non posso non ricordarvi l’allusione polemica al Tom Jones di Fielding: in due scene
parallele in cui il protagonista finisce in un’osteria e prende una bella
sbronza, Renzo, a differenza di Tom, evita sempre di fare il nome della sua
Lucia ai compagni di bisboccia: “ ché troppo ci dispiacerebbe se quel nome, per
il quale anche noi sentiamo un po’ d’affetto e di riverenza, fosse stato
trascinato per quelle boccacce, fosse divenuto trastullo di quelle lingue
sciagurate”. Insomma, discrezione e riservatezza, perfino quando non si è più
padroni di sé. Non per niente nel suo romanzo Tom Jones pagava duramente il
proprio errore!
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