Torna Teresa Siciliano con la rubrica l'"Angolo di Matesi".
Questa nuova stagione si apre con un bellissimo articolo sul libro e sullo sceneggiato RAI "La figlia del capitano".
Voi lo ricordate? Venite a rinfrescarvi la memoria!
Questa nuova stagione si apre con un bellissimo articolo sul libro e sullo sceneggiato RAI "La figlia del capitano".
Voi lo ricordate? Venite a rinfrescarvi la memoria!
Il mio primo incontro con La figlia del capitano di Puškin avvenne
a 15 anni grazie ad uno dei grandi sceneggiati RAI dell’epoca: il protagonista Pëtr
era Umberto Orsini e Pugacëv era
ancora Amedeo Nazzari, come già nel film di Camerini del 1947 (che però all’epoca
non avevo ancora visto). Fu anche il mio primo incontro con quello che oggi
chiameremmo un bad boy. Be’, magari non proprio boy, visto
che il personaggio ha quarant’anni e nella sua seconda interpretazione Nazzari
ne aveva addirittura 58 (molto ben portati, lo ammetto): un rivoltoso
sanguinario, che decide della vita e della morte di persone per lo più
innocenti, ma capace di generosità straordinaria verso chi in precedenza è
stato gentile con lui.

Mesi
dopo Pugacëv se ne ricorderà , quando conquisterà la fortezza di Belogorsk e lo
grazierà , nonostante rifiuti di sottomettersi, mentre tutti gli altri difensori
fedeli, a cominciare dal capitano Mironov, saranno impiccati. Nel corso della
rivolta dei cosacchi, Pëtr si
troverà diviso fra la fedeltà all’imperatrice Caterina, cui non verrà mai meno,
e l’esigenza di difendere Mascia Mironova, la sua fidanzata caduta nelle mani
di un traditore. Per questo dopo l’arresto di Pugacëv finirà sotto processo per tradimento.
Se
mettiamo a confronto lo sceneggiato di Leonardo Cortese, il film di Camerini e
il romanzo di Puškin, bisogna ammettere che lo
scrittore russo non ne esce bene: del resto all’epoca Manzoni aveva giÃ
pubblicato I promessi sposi: un
affresco storico ben altrimenti potente, con una capacità di riassumere tutta
un’epoca, creare la tensione drammatica e approfondire la psicologia dei
protagonisti incomparabilmente superiore.
Basta pensare all’esecuzione di Pugacëv:
Dai racconti di famiglia è noto che egli (Pëtr) fu liberato dalla
prigionia alla fine dell’anno 1774 per ordine firmato dall’Imperatrice; che
egli assistette all’esecuzione di Pugacëv, il quale lo riconobbe fra la folla e
gli fece un cenno con la testa, che un minuto dopo, morta e insanguinata, fu
mostrata al popolo.

Ancora
maggiore efficacia aveva il finale di Camerini: dopo l’incontro con Mascia,
venuta a implorare la grazia per il suo fidanzato, l’imperatrice si reca nella
cella di Pugacëv ad interrogarlo. La sovrana e il ribelle si confrontano ed
esprimono le loro ragioni.
“Scappai nella steppa: là ho vissuto in
compagnia dei contadini e dei cosacchi e ho visto cose straordinarie. Ma tu non
puoi capire: non sei nata in Russia, tu!”
“Vuoi forse insegnarmi come si governa, tu che
hai fatto massacrare tanti innocenti?”, replica l’imperatrice.
“Tu non puoi farci niente: sei molto
intelligente, dicono, ma non capisci i contadini. E loro non capiscono quando
tu gli parli. Con me invece venivano tutti, sempre, perché avevano una speranza:
quella di avere la terra che lavorano!”
Mentre Pëtr va verso il patibolo,
accompagnato dalle lacrime di Mascia e riaffermando la propria innocenza,
dentro la cella continua il confronto:

Caterina incalza il nemico con le
domande e si accerta che Pëtr non ha mai tradito, quindi esce dalla cella e
ordina: “A questo bandito risparmiate la
ruota. La scure può bastare.”
Segue l’incontro fra i due fidanzati: abbracci,
baci e lacrime per la grazia ottenuta dall’imperatrice. Poi rullano i tamburi.
E nel corridoio, in mezzo ai carcerieri, Pugacëv li incrocia, mentre si avvia verso l’esecuzione. Passando
accanto a Pëtr, dice sorridendo con affettuosa ironia: “Oh! sua signoria! Sempre fortunato, barin!”
Sul rullo dei tamburi, lo vediamo
percorrere, fra le guardie, tutto il corridoio verso la porta aperta, salire le
scale e scomparire alla nostra vista. Ancora un rullo di tamburi, poi il
silenzio: la decapitazione è avvenuta. Noi guardiamo prima lo sguardo vitreo di
Pëtr, poi due carcerieri che richiudono la porta: la rivoluzione è stata
espulsa, il sistema è salvo.

Forse Camerini risentiva qui l’influsso
della lotta di liberazione italiana e magari anche delle dimostrazioni
contadine dell’epoca contro il latifondo, sotto la direzione delle forze
politiche di sinistra. Mentre Puškin probabilmente doveva ancora farsi
perdonare dallo zar la sua simpatia per i decabristi.
Sono sicura di non aver letto il libro e di non aver visto il film, ma ho visto lo sceneggiato; quando ero ragazzina li trasmettevano il venerdì sera e li vedevo tutti. Non ricordo del tutto la trama, ma quello che hai scritto, cara Teresa, ha acceso in me il desiderio di vedere il film. Brava come sempre. :)
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