L'amore non è bello se non è litigarello. Scoprite gli alti e bassi della relazione tra Teresa Siciliano e i libri di Adele Vieri Castellano!
Sono
laureata in lettere classiche e per 36 anni ho insegnato Italiano e latino per
lo più nel liceo Aristofane di Roma. Quindi ho sempre adorato il mondo
greco-romano: su questa scelta credo abbia avuto molta influenza il film Quo vadis? di Mervyn LeRoy del 1951 (ma
che naturalmente io vidi molti anni dopo in seconda visione, come usava allora)
e soprattutto il romanzo di Sienkiewicz, che lessi nell’adolescenza durante un
memorabile viaggio in treno verso la casa di mia nonna in Calabria, viaggio che
allora durava non ricordo più se 12 o 14 ore. Come è noto, Sienkiewicz ambienta
la vicenda dell’amore impossibile fra una cristiana e un romano pagano sullo
sfondo dell’epoca neroniana, ricostruita sulla base di Tacito, ma dando rilievo
soprattutto alle figure di Petronio da una parte, di Pietro e Paolo dall’altra,
a detrimento in particolare dell’importanza di Seneca.
Per molti
anni ho cercato invano romanzi storici di ambientazione romana: se rammento
bene, nella collane dei Romanzi Mondadori ne uscì soltanto uno, di certo non
memorabile.
Poi nel
1994 (nel 1994!) incappai per caso in un giallo Mondadori, Vacanze romane, che raccoglieva tre romanzi di Danila Comastri
Montanari, Mors tua, In corpore sano e Cave canem. In essi l’autrice presentava, sullo sfondo del regno di
Claudio, l’aristocratico Publio Aurelio Stazio, stranamente simile a Petronio, che
dimostrava notevoli abilità investigative e che sarà il protagonista di molti
romanzi successivi. Ma, nonostante l’accattivante sfondo storico, sempre di
gialli si trattava. E all’epoca quel genere non mi attraeva particolarmente.
D’altra parte non ho mai gradito i romanzi romani di origine anglosassone che
mi sembrano sempre un po’ falsi. Per esempio mai mi è piaciuto, a differenza
del film, il libro Ben Hur di
Wallace.
Solo nel
2012 emerse finalmente una nuova scrittrice italiana: Adele Vieri Castellano
con Roma 40 d.C. Destino d’amore. Ammetto che all’inizio mi colpì negativamente
il grande battage pubblicitario sul web, che all’epoca per me era una novità.
Frequentavo allora con piacere il sito della Leggereditore, che era molto
migliore di adesso. E osservai con un po’ di sconcerto molti interventi di
persone che avevano già letto un libro non ancora pubblicato. Come si capirà,
non sapevo ancora dell’esistenza di blogger e beta-reader. E neppure che
caratteristica dell’autrice è quella di avere un gran numero di amiche e
sostenitrici appassionate. Inoltre rimasi un po’ sconcertata dal nome del
protagonista, Marco Quinto Rufo, ed espressi queste perplessità. Ne derivò una
piccola polemica, che comunque cercai di smorzare, dal momento che il romanzo
stuzzicava il mio interesse. All’epoca Fanucci pubblicava l’ebook con molto
ritardo: quindi lessi il romanzo solo quando ne trovai una copia usata. Si
trattava di un esordio molto promettente, perché l'azione era ricca e spesso
avvincente e alcune scene, per esempio il tentativo di Messalina di sedurre
Rufo e il finale con una specie di giudizio di Dio, mi sembrarono ben scritte. Però
criticai le numerose descrizioni e in genere la lunghezza del libro (418
pagine): com’è noto, sopra le 300 pagine, per me non si tratta di un romanzo,
ma di un’iliade. Ho il sospetto che la recensione a quattro stelle su
Leggereditore e Ultima books scontentò alcune persone.
D’altra
parte fin dall’inizio mi è piaciuto molto Cuore
nemico (cinque stelle): certo anche lì avevo da ridire su quella che
chiamavo prolissità della Castellano, ma la maturazione della scrittrice mi
pareva indubbia e alcuni episodi erano davvero di alto livello.
Qualche
perplessità in più, invece, mi suscita tuttora l’operazione prequel Roma 39 d.C, di cui mi piace (molto) solo il flashback sulla morte
di Manio Valerio, il padre di Rufo.
In ogni
caso, come lettrice aspettavo un altro romano. Invece uscì Il gioco dell’inganno. Premetto che avrei preferito diversamente (e
stiamo ancora aspettando il libro di Messalla), ma l’ambientazione a Venezia
nell’epoca napoleonica mi sembrava molto accattivante e l’autrice, incontrata
di persona alla Libreria Fanucci, mi riuscì molto simpatica. Il prezzo del
cartaceo è stato sempre troppo alto per me e quindi cominciai ad aspettare
l’ebook (sempre rompendo l’anima alla casa editrice perché si sbrigasse), ma,
come succedeva allora (perché la Leggereditore ha sede a Roma), trovai prima il
romanzo alla mia bancarella dell’usato.
Purtroppo rimasi molto delusa e, come è
mia abitudine, ci andai giù pesante su Amazon: “Mi
aspettavo qualcosa all'altezza di Rufo o di Aquilato. Delusione più grande non
poteva capitarmi! Infatti si tratta di un romanzo davvero sconcertante: quasi
500 pagine per una storia senza capo né coda, lenta e piuttosto noiosa, dove
l'autrice affastella intrigo su intrigo, secondo i modi del vecchio romanzo
d'appendice all'italiana, senza logica (vedi il duello con uno dei cattivi o
tutto l'episodio del processo di Jacopo), senza approfondimento psicologico dei
protagonisti (un falso eroe e una stupida oca), per cui le figure più
interessanti risultano alcuni personaggi secondari, benché appena abbozzati, e
ahimè! Napoleone. Copertina fastidiosa, più adatta ad un romanzo erotico che ad
uno storico d'avventura.”
Lo so,
sono un po’ polemica a volte. Tanto più drastica quanto più ammiro l’autrice di
turno.
Seguì uno
scambio polemico di battute sempre su Amazon con un’altra lettrice (pseudonimo
Scarlett King) e, dal momento che in Italia ci si divide sempre fra guelfi e
ghibellini, la platea delle lettrici si divise, parteggiando per l’una o per
l’altra. Ancora oggi la recensione sul Gioco
dell’inganno detiene il mio record negativo di stroncature: 14 a 10.
Archiviata
tutta questa polemica, mi piacque invece molto La legge del lupo, l’antologia di racconti in cui l’autrice,
secondo me, trova il giusto equilibrio fra azione e brani descrittivi.
Ormai siamo
arrivati al tempo presente. L’implacabile,
pubblicato da Emma books, insieme con i libri della Lombardi e della Taroni
Dardi, si presenta come l’inizio di una serie RS e, nonostante qualche difetto,
mi è piaciuto molto. L’appunto più grave che ho da fargli è di ordine puramente
contenutistico: come ormai succede di regola nel genere, il protagonista
Damiano, per neutralizzare i “cattivi” di turno e salvare la sua donna, applica
la tortura (anche se l’autrice pudicamente usa l’ellissi
per attenuare l’effetto). Però io sono seguace di Beccaria e socia di Amnesty
International, quindi mi rifiuto di accettare la cosa perfino in letteratura e
ripeto continuamente (rompendo anche un po’ l’anima a tutti, soprattutto ai
numerosi giustizialisti sbrigativi da facebook): NON in mio nome.
Meno
bello il recentissimo Canto del deserto,
che presenta qualche prolissità di troppo, ma anche una seconda parte efficace,
ricca di eventi e di azione.
In
conclusione, siamo in presenza di una scrittrice molto prolifica (sette libri
in meno di tre anni), sempre interessante e, mediamente, di buon livello.
Certo, come, credo, tutte le altre lettrici, stiamo sempre aspettando il Messalla e, alla presentazione del Canto, l’autrice ci ha promesso che farà
presto.
Trovo sempre interessanti gli articoli di Matesi. Questo, in particolare, mi conferma come possano essere differenti, a volte, i gusti delle lettrici. Sì, perché io ho adorato "Il gioco dell'inganno", molto più degli altri di ambientazione romana (che pur non mi sono dispiaciuti). Forse mi era più congeniale il periodo storico trattato. Si sa che amo il periodo della Rivoluzione Francese svisceratamente. Ciononostante, aspetto con trepidazione il romanzo dedicato a Messalla proprio come Teresa. Che ci posso fare? È un personaggio che mi incuriosisce molto. :-)
RispondiEliminaDe gustibus, ovviamente, ma come si può dare addosso a una persona come Matesi che si mostra sempre e comunque per quella che è, che argomenta i propri commenti con educazione e particolare attenzione al lessico per evitare l'offesa fin troppo facile? Mi riferisco ai N.S., alias i Negatori Seriali col pulsante sempre sul NO nelle recensioni su Amazon.
RispondiEliminaGrande Maria Teresa, e grande Adele, due belle persone al di là dei gusti e delle scelte.
Non sapevo nulla di queste discussioni su Amazon e non ho letto il romanzo incriminato. Continuo a dire che è sempre una questione di gusti. Un romanzo può essere scritto benissimo, può avere una trama fantastica e soddisfare moltissimi lettori, ma non convincerne altri, che, magari, avevano altre aspettative. Per questi ultimi, è ovvio che la lettura sarà una delusione.
RispondiEliminaPer un autore è molto frustrante ricevere critiche negative, anche perché di solito ci mette anima e cuore a sviluppare un romanzo, ma deve accettarle, come del resto fa anche la nostra bravissima Adele.
Quello che non comprendo sono le prese di posizione di alcune lettrici.
Su una pagina di Facebook mi è capitato di leggere l'educato commento di una lettrice riguardo a un romanzo di una notissima autrice americana, e ci sono state numerose risposte del genere: 'quest'autrice non si tocca!' Il che è assurdo. Ognuno deve poter esprime il proprio parere, se posto in modo educato. Un autore, se pur bravissimo, non è infallibile, Come dicevano i nostri nonni: 'Non sempre le ciambelle escono col buco'. Complimenti a Teresa anche per questo articolo.
Miriam Formenti