L'Angolo di Matesi: "MICHELE E HERTHA".


La professoressa Teresa Siciliano oggi ci parla di uno dei romanzi rosa piĆ¹ importanti per la sua giovinezza: "SAN MICHELE" della tedesca Elizabeth Werner.
Venite a scoprire "MICHELE e HERTHA" o piuttosto "MICHELE e MICHELE"?


Uno dei romanzi rosa piĆ¹ importanti della mia giovinezza ĆØ stato negli anni Sessanta San Michele, in realtĆ  pubblicato addirittura nel 1887 da una scrittrice tedesca, Elizabeth Werner. 
ƈ la storia del generale conte Michele di SteinrĆ¼ck e dei suoi due nipoti: l’erede Raoul, piĆ¹ legato al paese di origine della madre, la Francia, che non al proprio, la Prussia, e Michele, risultato di una mĆ©salliance piĆ¹ grave: sua madre Louise per amore ĆØ fuggita di casa e ha sposato il borghese Rodenberg, affascinante ma inaffidabile e violento, che ha maltrattato per anni la moglie e il figlio nato dal loro matrimonio.
Quando Michele ĆØ rimasto orfano, suo nonno si ĆØ rifiutato di riconoscerlo e lo ha affidato ad un guardaboschi, ignorante e manesco. Per sua fortuna il parroco di San Michele, dopo aver tentato vanamente di far cambiare idea al conte di SteinrĆ¼ck, non lo abbandonerĆ  e lo affiderĆ  a suo fratello, il celebre scienziato professor Wehlau, che lo alleverĆ  ed istruirĆ  insieme a suo figlio Hans.
Lo ritroviamo dieci anni piĆ¹ tardi, quando ĆØ diventato un ufficiale dell’esercito ed ĆØ molto cambiato: 

La sua maschia figura sembrava fatta apposta per indossare l’uniforme militare. I capelli biondi e ricciuti coronavano un volto che non poteva accampare pretese di bellezza… ma non ne aveva neppure bisogno! 
Anche gli occhi non erano piĆ¹ quelli del ‘sognatore’! Profondi e penetranti, avevano qualcosa di gelido, come del resto tutta la sua persona. 

Com’era prevedibile, nonno e nipote si misureranno presto e Michele, dopo tanti anni, potrĆ  finalmente dirgli tutto quello che pensa di lui.

“Poteva mettere l’orfanello in un istituto se non voleva averlo sotto gli occhi… E invece l’ha consegnato a chi ha saputo solo ingiuriarlo e maltrattarlo… A chi avrebbe fatto di lui un uomo rozzo, buono solo a trascorrere la sua vita in mezzo ai boschi. La bontĆ  di un estraneo lo tolse a tanta miseria… A un estraneo ĆØ debitore dell’educazione e della sua posizione sociale… Al nonno sarebbe stato debitore della morte civile!” 

La reazione di SteinrĆ¼ck sarĆ  orgogliosa ed energica, ma non basterĆ  a piegare il nipote:

“Col suo albero genealogico lei crede di esser molto al di sopra della massa comune degli uomini e non ha esitato a cancellare con un pugno di ferro chi ha osato sfidare l’orgoglio degli avi! Ma il suo blasone non ĆØ irraggiungibile come il sole nel cielo. Un giorno forse porterĆ  una macchia che lei non potrĆ  lavare. Allora capirĆ  che cosa vuol dire dover espiare la colpa e l’onta di un altro con un sentimento di onore nel petto… Allora capirĆ  che giudice spietato ĆØ stato verso mia madre!” 

E, quando rimane solo, SteinrĆ¼ck non puĆ² fare a meno di ammettere, almeno con se stesso, che Michele ĆØ sangue del suo sangue, l’erede del suo carattere e della sua personalitĆ . 
E la protagonista femminile? vi chiederete. Si chiama Hertha, ĆØ l’ultima discendente di un altro ramo della famiglia, ricchissima e quindi destinata da sempre a sposare Raoul per riunire titolo e patrimonio. Ma Raoul ama un’altra donna, HĆ©loise de Nerac, per giunta una spia francese, anche se lui non lo sa, e Hertha non riesce ad affezionarsi al fidanzato, bellissimo ma frivolo e debole. Anche lei incontra Michele e, ignorando i loro legami familiari, civetta con lui e vuole vederlo ai suoi piedi. 

“Tenente Rodenberg, non capisco… Che cosa significa questo strano linguaggio che ha tanta affinitĆ  con l’odio?” 
“Con l’odio?” proruppe Michele con impeto selvaggio. “Non basta la commedia… ci vuole la beffa? Non ha mai ignorato che io l’amo!” 
“Ed ĆØ cosƬ che chiede l’amore di una donna?” chiese Hertha stizzita, mentre un’angoscia segreta le stringeva il cuore. 
“Chiedo? Oh, no! Del resto, a un ufficiale sconosciuto, che porta un nome borghese, non sarebbe concesso di aspirare alla mano della contessa SteinrĆ¼ck… a quella mano giĆ  da tempo promessa a un uomo che porta, come lei, la corona di Conte!” 

Il fatto ĆØ che, rimasta orfana di padre da bambina, Hertha ha trovato, come diremmo oggi, una figura paterna sostitutiva nello zio e cerca qualcosa di simile nell’uomo da amare. Glielo dice perfino: 

“Dovrebbe rassomigliare a te! A te, Zio Michele… avere la tua forza ferrea, la tua volontĆ  inflessibile e perfino la tua durezza!” 

Al generale non ci vuole molto per capire cosa sta succedendo: 

SƬ, c’era un uomo che gli assomigliava tratto per tratto. Lui, forse, se avesse avuto mano libera, avrebbe saputo domare la fanciulla bella e superba. 

Per sbloccare la situazione ci vorrĆ  qualcosa di fuori del comune: in mezzo ad una terribile tempesta, Michele andrĆ  a cercare la sua Hertha, sperduta nelle forre dell’Adlerwand, e la porterĆ  in salvo, conquistando definitivamente il suo cuore e la sua mano. 
Molto piĆ¹ difficili le prove che attendono il generale: ci sarĆ  il tradimento e il suicidio di Raoul durante la guerra franco-prussiana e soltanto l’intervento di Michele riuscirĆ  ad evitare il disonore della famiglia, recuperando in tempo i documenti trafugati, per una leggerezza del cugino. In tal modo dopo Sedan e Versailles Michele potrĆ  arrivare al castello di SteinrĆ¼ck, accolto dal nonno come un eroe. 

“Tu conosci le mie disposizioni testamentarie. Il maggiorascato, dopo la mia morte, passa in altre mani, cioĆØ alla linea maschile della nostra famiglia… Lascio a te, come unico erede, il castello di SteinrĆ¼ck; con la mano di Hertha sarĆ  tuo anche il vistoso patrimonio che volevo a tutti i costi assicurare a mio nipote. Il mio desiderio si ĆØ avverato… per quanto in modo diverso da quello che pensavo! Meglio cosƬ. Tu lo conserverai e lo difenderai come conserverai e difenderai la tua Hertha, lo so… e che Dio vi benedica tutti e due!” 

Nel romanzo, come si vede, la storia d’amore, per quanto molto importante, diventa secondaria rispetto al rapporto fra nonno e nipote. Mi chiedo oggi perchĆ© giĆ  allora amassi tanto Michele, cosƬ diverso da Lotario di Waldenstein e da tutti gli altri protagonisti di Delly.
Probabilmente mi commuoveva il fatto che fosse stato un bambino affamato e maltrattato e che, sotto la spinta dell’orgoglio, fosse riuscito a forgiarsi il suo avvenire, sollevandosi molto al di sopra della sua condizione di partenza, a forza di intelligenza e di duro lavoro. Forse in modo confuso apprezzavo l’assenza in lui di ogni vena di sadismo e di estetismo, frequenti invece negli eroi di Delly (tutte cose che ho odiato e continuo ad odiare). PuĆ² essere inoltre che sentissi un’altra affinitĆ  particolare con il personaggio: in anni in cui la maggior parte delle ragazze non continuava gli studi dopo la V elementare, la via dell’acculturazione mi appariva l’unica possibilitĆ  per me di affrancarmi dalla condizione di donna di casa, economicamente dipendente dal marito… Senza parlare del fatto che la conoscenza mi ĆØ sempre sembrata la cosa piĆ¹ desiderabile del mondo, molto piĆ¹ di qualunque vestito o gioiello potessi immaginare.
In fondo il motto latino per cui ciascuno ĆØ artefice del proprio destino ĆØ stato sempre quello piĆ¹ propriamente mio.


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1 commento:

  1. Bello. Io non ho mai letto questo libro. Certamente recupererĆ².
    Miriam Formenti

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