Questo bizzarro racconto nasce all'improvviso, quando Federica Soprani, autrice di "Corella, l'ombra dei Borgia", dei "Victorian Solstice" (assieme a Vittoria Corella) e di altri piacevolissimi lavori, propone una collaborazione a Lucia Guglielminetti. Una one shot in cui far incontrare il suo vampiro, Guillaime De Joie, raffinato, bellissimo e molto antico, con il sadico olandese Raistan Van Hoeck . L'alchimia tra due tipi così diversi - opposti, appunto - è risultata esplosiva.
Insaziabili Letture ospita il primo capitolo di questa bellissima storia. Per saperne di più seguite queste due autrici sul blog dedicato al magnifico Raistan!
1
“Dai
bello, siamo arrivati.”
Mark
Norren spinse il cavalletto a terra con un colpo poderoso e fermò il motore.
L’Harley si acquietò con un cupo brontolio ma le braccia dello straniero non si
decidevano a mollarlo.
Se lo
scrollò un po’ di dosso e quello parve riemergere da un sogno tutto suo.

“Eh,
quanta fretta! Prima ci beviamo qualcosa, che dici?” lo canzonò bonariamente,
aiutandolo a scendere dalla moto. Attraverso il tessuto pregiato della giacca
sportiva poteva quasi percepire la consistenza delle sue spalle, delle sue
braccia. Non che fosse mingherlino, ma trasmetteva una sensazione di fragilità ,
di delicatezza. Quando lo lasciò andare il tizio barcollò visibilmente,
portandosi una mano alla fronte.
Mark
rise roco, mentre lo agguantava di nuovo.
“Mi
piace il tuo giubbotto” biascicò l’altro, sfiorando con le dita la manica di
pelle.
“Lo hai
già detto, bello. Se fai il bravo dopo te lo faccio provare” promise Mark,
cercando di indirizzarlo verso l’ingresso del locale. Ma lo straniero opponeva
resistenza. Pessima idea.
“Non ti
metterai a fare lo stronzo adesso, vero?” domandò brusco Mark, stringendolo più
forte. Poteva vedere il suo profilo stagliato contro le luci rutilanti di
Leicester Square, mentre il capo gli si piegava in avanti sul collo divenuto
improvvisamente troppo debole per reggerlo. Si costrinse alla calma. Dopotutto
non avrebbe avuto senso buttare all’aria quell’inaspettato colpo di fortuna.
Quando lui e i ragazzi avevano visto quel bellimbusto arrancare lungo Camden
High Street in un orario in cui tutti i fottuti turisti avevano ritenuto saggio
tornarsene ai loro alberghi, aveva subito capito che sarebbe stata la sua
serata fortunata. Una rapida occhiata ai suoi abiti era stata sufficiente per
annusare quanta grana potesse avere in tasca. Mark, però, non era tipo da
fregarti il portafogli e tanti saluti. Lo straniero si era diretto verso di
loro non appena li aveva scorti e aveva puntato su di lui, come se fosse andato
lì apposta. Ovviamente non era vero, ma a Mark non era dispiaciuto che un tipo
del genere avesse scelto lui tra gli altri, anche solo per farsi fregare.
Sembrava balzato fuori da una dannata rivista di moda, non solo perché niente
di ciò che indossava aveva l’aria di costare meno di mille sterline. No, erano
il suo aspetto e il suo portamento, che nemmeno l’ubriachezza evidente riusciva
a vanificare del tutto. La sua faccia sembrava ritoccata al computer, troppo
regolari i lineamenti, troppo fini, non fosse stato per quella bocca
esageratamente carnosa, che si schiudeva a rivelare i denti candidi mentre gli
rivolgeva un sorriso sbilenco.
“Hai un
giubbotto bellissimo” gli aveva detto, con un vago accento francese.
“Anche
tu hai una bella giacca, bello. Vuoi che andiamo da qualche parte a scambiarci
i vestiti?” gli aveva risposto Mark, tra le risate degli amici, che giÃ
lanciavano occhiate prudenti lungo la strada, per accertarsi che non ci fossero
bobbies in giro. Ma quello, anziché
incazzarsi, aveva riso a sua volta, strizzando gli occhi blu, e aveva risposto
sì, magari perché no?
Detto
fatto.

“Non
vuoi che ci divertiamo insieme?” gli sussurrò, più dolcemente, passandogli la
mano intorno alla nuca. Quello reclinò il capo all’indietro, socchiudendo gli
occhi e cercando quel contatto come un gatto che volesse carezze. Che fosse un
frocio di merda Mark lo aveva già capito, ma francamente due colpi a un tipo
simile non avrebbe avuto problemi a darli, prima di pestarlo a dovere e
lasciarlo in mutande in un vicolo.
“Ok, ti
porto dove possiamo stare tranquilli” riprese, incoraggiante, deviando
dell’ingresso del locale e incamminandosi lungo il Long Acre. Nessuno faceva
caso a loro. Due ubriachi che procedevano allacciati sul marciapiede erano meno
rari di fili d’erba in un prato. Certo, il fatto che uno fosse vestito da
motociclista e avesse l’aria di chi non dorme in un letto da giorni e l’altro
sembrasse uscito da Vogue-Uomo avrebbe potuto saltare all’occhio. Ma non a
Londra, evidentemente.
Mark
imboccò all'improvviso uno stretto vicolo il cui accesso risultava quasi
invisibile dalla strada. Londra era zeppa di posti simili. Secoli passati a
curare solo la facciata delle case avevano fatto sì che dietro di esse si
sviluppasse un dedalo di viottoli ciechi e cortili di servizio, in cui la
servitù poteva muoversi indisturbata senza infastidire troppo i signori con la
propria vista degradante. A Mark, che di quei secoli non sapeva nulla, rimaneva
il retaggio di quei budelli oscuri, come buchi scavati dalle tarme in un bel
mobile pregiato. Utili se dovevi fare qualcosa che gli altri non dovevano
vedere. Perfino i rumori della strada sembravano più lontani, attutiti dai muri
di mattoni anneriti e freddi. Contro uno di quei muri depositò lo straniero.
“Qui ti
piace?” si informò, appoggiandosi alla parete di fianco a lui e afferrandogli
il mento con la mano. Quello si abbandonò contro il muro con un sospiro, segno
evidente che non aspettava altro che quell’intimità . Mark gli fece scivolare la
mano dal volto al cavallo dei pantaloni, stringendogli il membro attraverso il
tessuto. Non era un finocchio, non aveva intenzione di sprecare tempo in
preliminari inutili, anche se un pompino da quelle labbra carnose non gli
sarebbe dispiaciuto. Lo afferrò e lo girò, faccia al muro, armeggiando con i
suoi pantaloni, schiacciandolo col proprio peso. Lo straniero era docile nelle
sue mani, accondiscendente. Quando Mark affondò il volto nell’incavo del suo
collo si inarcò contro di lui, cercandolo con voluttà .
Considerata
sufficiente quella pantomima, Mark si slacciò i pantaloni e fece per abbassare
quelli dell’altro. Ma la mano dello straniero lo fermò. Una presa salda,
inaspettatamente forte per dita affusolate come quelle.

“Che
bel giubbotto, Mister. Vuole lasciarlo a me?”
L’addetta
al guardaroba dello Steel flamingo gratificò
il nuovo cliente con un’occhiata di evidente apprezzamento. Tipi così saltavano
all’occhio. Era quasi sicura di aver già visto in giro quel viso mozzafiato,
quei capelli biondi. Magari era un attore, accidenti a lei e alla sua poca
memoria. Il giubbotto di pelle indossato sulla camicia di seta gli conferiva un
aspetto trasandato e sexy.
“No, cherie, ci mancherebbe!” le rispose
lui, rivolgendole un sorriso da cherubino. E aggiunse strizzandole l’occhio:
“L’ho appena preso, lasciamelo sfoggiare un po’.”
Così
dicendo si inoltrò nel locale gremito.
La storia continua su:
Splendido Angela!! Grazie per la segnalazione e per l'opportunità :)
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