Vetrina Made in Italy: Nora Cocian.


Per la "Vetrina Made in Italy", oggi vogliamo presentarvi l'opera di Nora Cocian.


Titolo: IL FUOCO DELLA VERITA'
Serie: Mac Talbot Family
Genere: Romance
Pagine: 423
Prezzo: € 5,35
Uscita: Gennaio 2015
Link Amazon: Il fuoco della verità

Sinossi:
Blantyre, Scozia, l'ultimo luogo in cui Roscoe Mac Talbot vorrebbe rimettere piede dopo anni di assenza; se fosse per lui la famiglia potrebbe andare anche al diavolo. L'unico motivo per tornare al castello Mac Talbot è recuperare un anello che vale più di ogni altra cosa al mondo.
Ad aspettarlo a Blantyre non ci sono solo Gladys, la sorella di ghiaccio, e il gemello Damian dalle mille sorprese, ma un passato turbolento e tentatore che ormai non gli appartiene più. La ricerca del tesoro è più complicata del previsto e gli mette sulla strada Rose, la donna del passato e Chiara, un'italiana piccola e tosta, lontana anni luce dal suo ideale di bellezza femminile.
Tra colpi di scena, tentativi di seduzione e intrighi, la passione divampa. Quali altri misteri nasconderà per Roscoe il clan Mac Talbot?


Ora lasciamo la parola all'autrice che ci racconterà qualcosa di più su questo primo libro della serie "Mac Talbot Family"

La morte improvvisa dei coniugi Mac Talbot, ricchi armatori scozzesi, getta nel panico la cittadina di Blantyre. Tutti si chiedono chi salirà alla guida delle Mac Talbot Industries.  I candidati sono i tre figli: Damian, il suo gemello Roscoe e Gladys, oltre ad alcuni membri del consiglio di amministrazione che aspettano come avvoltoi l’occasione di accaparrarsi la poltrona del comando. Ma non è detto che la morte dei Mac Talbot sia stata un incidente. Il detective Gleason, infatti, ha dei seri dubbi  in proposito e decide di aprire un’indagine riservata.
L’evento funesto richiama a casa Roscoe, il quale non fa più parte della famiglia da tanti anni. Si è trasferito in America dopo aver fatto fortuna con i diamanti. Roscoe torna a Blantyre non per piangere i genitori, ma solo per impossessarsi dell’anello di famiglia, l’unica cosa che lo interessi davvero.
Il ritorno a casa è un tuffo nel passato e i vecchi trascorsi e le conoscenze di una volta ritornano a galla. Rose, il suo amore di gioventù, non è quasi per niente cambiata ed esercita su di lui lo stesso fascino di un tempo. Il rapporto con i fratelli invece, è fatto solo di litigi: i tre non sono fatti della stessa pasta. Roscoe non vuole piegarsi alle rigide regole della famiglia, Gladys paga il prezzo di scelte sbagliate e di una vita vissuta all’insegna del controllo, Damian, il più pacato, sembra essere immune al gene ribelle dei Mac Talbot, costretto a nascondere la sua vera inclinazione.
Nella tranquilla Blantyre fa la sua comparsa Chiara, cugina del detective, un’infermiera italiana, dal passato travagliato. Tra Roscoe e Chiara l’inizio non è dei migliori. Lei, tipica bellezza mediterranea, è molto diversa dallo standard delle donne a cui il tenebroso Highlander di solito si accompagna. Fra loro sono subito scintille, prima che la passione divampi.
Anche la vita perfetta di Gladys ha le sue crepe e i suoi risvolti. Con un matrimonio fallito alle spalle, crede che tutti gli uomini siano privi di scrupoli come il suo ex marito.
Damian, imbrigliato nel ruolo di perfetto capofamiglia dopo la morte del padre, ha chiuso a doppia mandata la sua vera natura. Solo grazie alla presenza costante del fidato amico Brian riuscirà a dare spazio ai suoi sentimenti.
La lettura del testamento sconvolgerà i piani di tutti, dando così inizio a una serie di vicende, colpi di scena e amori impensabili che porteranno i nostri eroi all’acquisizione dell’eredità e alla scoperta del mistero Mac Talbot.  

Vi siete fatti un’idea di cosa vi aspetta?
Se siete ancora curiosi e volete saperne di più, di seguito troverete un piccolo estratto tratto da IL FUOCO DELLA VERITA'...





CAPITOLO 5
Fortunatamente il tempo ebbe pietà dei parenti, dei conoscenti e dei curiosi che affollavano l’angolo del cimitero di Blantyre dove si ergeva, simile a un tempio pagano, la cappella di famiglia. Le colonne doriche in marmo bianco svettavano alte quasi a sfidare l’autorità indiscussa del Padreterno richiamandone su di esse l’attenzione. Lì, sulla terra, in quell’angolo di mondo i padroni erano loro, i Mac Talbot. Pertanto, nessuno trovava sconveniente o empia la costruzione di un edificio come quello, un Partenone in miniatura che rievocasse la potenza della famiglia.
Dentro vi era racchiusa la storia del piccolo centro scozzese attraverso le tombe dei Mac Talbot passati a miglior vita, abbellite da azalee bianche e rosa che rendevano la pietra e il marmo meno austeri e freddi. Chiara scese dalla Mini Minor blu con il tettuccio crema del cugino e si avventurò al suo fianco lungo il viale alberato. Ecco cosa intendeva Matthew quella mattina uscendo da casa: «Non aspettarti il solito funerale. Sarà un evento, quindi non scandalizzarti. Non capita spesso che la città balzi all’apice dell’importanza mediatica. Si tratterà di uno spettacolo senza precedenti, fidati.»
Chiara lo aveva giudicato il solito esagerato. «Figurati, - lo aveva zittito - non credo sia tanto diverso da un funerale di gente famosa in una grande città. Dimentichi da dove vengo, cugino?» Ma era bastata un’occhiata al camposanto per afferrare esattamente il concetto. Era un piccolo cimitero ordinato e pieno di verde. Alcune tombe erano a terra, le più antiche probabilmente, altre dovevano essere custodite nelle cappelle. Era tutto così diverso dai paesaggi italiani, sembrava di stare dentro una piccola e perfetta cartolina illustrata, se non fosse stato per il cielo grigio e il freddo pungente.
«Benvenuta alla fiera della vanità, cugina.» Matthew la prese sottobraccio e insieme si avviarono verso l’ingresso della cappella di famiglia dove erano già riuniti i primi avventori. Si fermarono poco distante da un gruppo, sulla sinistra del settore riservato ai conoscenti e già assiepato da reporter e fotografi. Non molti, per la verità; a Matthew non sfuggì che doveva aver funzionato a dovere la scrematura capillare e implacabile della famiglia.
Erano presenti tutte le figure politiche e importanti della comunità: il sindaco e la giunta al completo, i vari assessori e consiglieri che il defunto Arthur aveva aiutato nella scalata al seggio. Erano presenti i capi delle industrie più in vista dello stato e partners della Mac Talbot Industries. Gli amici dei defunti superavano di gran lunga in numero dei parenti compresi i figli. Matthew si piegò su di lei e le sussurrò leggermente per raggiungere all’orecchio. «Chiara, guarda quei tipi laggiù, sono i figli. Vedi, la bionda stupenda con il cappello nero e gli occhiali scuri, lì sulla destra della colonna d’entrata? Si tratta di Gladys, e i due pilastri umani ai suoi lati sono i gemelli. Damian è il biondo rossiccio con la coda che sembra un vichingo, e Roscoe, il cristone con i capelli scuri. Lui non vive qui. È tornato per l’occasione. Poi c’è…» Chiara gli afferrò il braccio costringendolo ad abbassarsi ancora di più. Non era colpa sua se era alta solo un metro e sessanta: «Brian, quello è Brian Law, giusto Matt?»
«Un tipo che non si può scordare, eh? Fin da piccolo è stato una specie di membro onorario della famiglia, l’amico fedele di tutti e tre i rampolli reali. Qualche tempo fa credevamo che riuscisse a impalmare Gladys, ma la storia tra loro non finì bene.»
Chiara acuì lo sguardo e osservò con più attenzione Brian. Per stazza avrebbe potuto benissimo essere un Mac Talbot, ma i suoi occhi, che sembravano tagliati nel ghiaccio, erano qualcosa di singolare, sembravano in grado di scavare dentro. Era bello, ed era bella anche Gladys. Chissà cosa non era andato fra quei due. La voce di Matthew la risvegliò: «Però Brian continua ad essere l’amico fidato di sempre. I gemelli gli sono rimasti vicini considerandolo come un fratello minore, soprattutto dopo che la principessa del castello aveva sposato un arrivista del posto.»
Sembravano proprio i quattro moschettieri, fermi all’entrata della tomba di famiglia. Chiara si sentì turbata. I tre fratelli emanavano un’aura di elegante distacco, che lasciava gli altri in soggezione. Le tornarono in mente le immagini delle divinità greche costrette a scendere sulla terra solo per compiacere i sudditi. Una fugace apparizione che celava l’ansia di ritornare sull’Olimpo e staccarsi da tutto ciò che loro consideravano volgare e contaminante. La donna bionda era davvero affascinante, avvolta in una mantella nera che sembrava morbidissima anche da lontano. Lana senz’altro, e di ottima fattura. Al collo un sontuoso abbraccio di volpe argentata doveva assicurare il giusto tepore in un pomeriggio così freddo.
Sotto la mantella Chiara notò il tubino anch’esso nero lungo al ginocchio. Gladys era davvero una donna stupenda e aveva un fisico che era l'opposto del suo. Se una come Gladys fosse balzata dalla taglia quarantadue alla quarantasei, si sarebbe gettata da una torre a testa in giù. Come aveva fatto Brian a lasciarsela scappare? Gli uomini! La risposta si accese fulminea nella mente prepotente. Tutti uguali! Delle volte erano in grado di lasciarsi scappare le migliori occasioni accecati dalla loro stupidità. Sospirò: chi era lei per dirlo? In fondo, non aveva esperienza in merito e la relazione con Luca di qualche anno prima non poteva considerarsi buona a tal punto da renderla un’esperta e pronta a stilare una classifica. Un brivido le si arrampicò su per le gambe e non fu per il freddo. Di colpo le tornarono in mente le immagini crudeli e assurde di una notte di tanti anni prima. Quella notte. Probabilmente sussultò, come le accadeva spesso e come sempre toccò al cugino tranquillizzarla. Matthew infatti le strinse il gomito con forza. I due si guardarono: «Sto bene, sto bene. È solo un brivido di freddo» lo rassicurò sforzandosi di sorridere, cercando di sembrare il più possibile credibile. Non poteva permettere che il passato venisse fuori e la sopraffacesse. No. Aveva lavorato tanto per controllare le sue emozioni. Con forza di volontà le richiuse in un cassetto in fondo alla mente e fu in grado di affrontare il presente stampandosi un sorriso tirato sul viso. Matthew annuì e insieme avanzarono verso gli altri.
Chiara tornò con lo sguardo ai formidabili quattro, che erano comunque un’ottima fonte di distrazione, attratta da una calamita invisibile, specialmente dai gemelli. Era impossibile ignorarli. Belli e austeri nei completi di circostanza: entrambi in doppio petto nero di lana con pantalone con risvolto. Classico, notò, ma estremante azzeccato per l’evento. Tutti e due indossavano occhiali da sole e mentre il biondo aveva i capelli raccolti in una coda bassa dietro la nuca, l’altro sembrava davvero un Highlander, e Chiara lo immaginò fermo sulla collina sopra il cimitero, il viso dipinto con i colori del castello e incorniciato da ciocche nere ribelli, mosse dal vento. In piedi, con la falce in mano pregna del sangue dei nemici e mostrata al volgo con orgoglio. Lui, il padrone del maniero, il Ma’istyr di un’epoca passata, lontana. Lui, fiero nel suo kilt da battaglia e i calzari sporchi di fango e polvere… Wow, il kilt! Ma poi era vera la diceria secondo la quale gli scozzesi non indossavano altro sotto quella gonna virile? Chiara tornò al presente e abbassò la testa sentendosi avvampare. E che cavolo! Non era certo quello il luogo adatto per simili pensieri, si rimproverò.
Il cugino richiamò la sua attenzione con un colpetto di gomito «Vedi quell’uomo lì, dietro alla signora in grigio? Quello alto e ben piazzato con i capelli corti e l’abito antracite? - Matthew indicò con un cenno del capo in direzione del soggetto in questione - «beh, quello è l’ex marito di Gladys, l’uomo che ha suscitato le invidie di tutti in città. Ora però è tornato uno dei tanti dopo aver perso lo scettro di principe consorte. Buffa la vita, eh?» Il sorriso che accompagnò il discorso nascondeva un non so che di soddisfazione, come tutti del resto in città. Giustizia era fatta.
Gladys era una donna giovane, bellissima che aveva affollato i sogni di più di un cittadino maggiorenne. A dirla tutta, ora che la osservava, gustando le gambe lunghe e affusolate avvolte nei collant neri velati, Matthew non poté negare di averli avuti anche lui. Non era immune al fascino della bella signora tanto che per la prima volta si sentì a disagio. Imprecò a bassa voce stringendosi dentro al cappotto per nascondere l’erezione inaspettata e irriverente che premeva nei pantaloni. Matthew si spostò sperando di per ritrovare al più presto la freddezza necessaria. Rammentò il perché della sua presenza lì e la cosa parve funzionare. In fondo, era andato al funerale non solo perché conosceva la famiglia, ma soprattutto per osservare e scoprire qualsiasi dettaglio utile alle indagini dell’incidente.

Roscoe alzò la testa sulla piccola folla riunita soltanto dopo che Padre Alex impartì la benedizione finale disturbato dal cigolio delle casse che lentamente entravano nei loculi slittando su mini rotaie. Non gliene fregava un emerito cazzo di chi fosse venuto a leccare il culo quel giorno. Potevano andare tutti al diavolo, per quanto lo riguardava. Quando incrociò lo sguardo della donna in piedi poco distante da lui, tuttavia, qualcosa attirò la sua attenzione. Sollevò impercettibilmente un sopracciglio sotto i Police scuri. Era lei, senza alcun dubbio. Rimase fermo ad osservarla rendendosi subito conto di quanto il tempo fosse stato clemente Anzi, pensò, Rose era più bella ora di come la ricordasse. Il corpo era ancora snello e le forme non sembravano aver subito cambiamenti.
Sebbene nascosto da un abito di circostanza, Roscoe giurò che il seno fosse ancora alto e sodo come la prima volta che lo aveva toccato, strizzato, mordicchiato nelle sommità godendo dei suoi gemiti.  Quando chiuse gli occhi un ricordo ormai lontano tornò prorompente alla mente e il tempo si fermò al loro primo incontro.
Rose slacciò il bottone sul fianco e l’abito si aprì in un attimo scivolando a terra mollemente rivelando quello che i suoi occhi sognavano di conoscere da tempo. Roscoe la divorò con lo sguardo e il respiro gli si mozzò in gola quando Rose assecondò il suo desiderio in un modo che non si aspettava di certo. La voce era flautata: «Cosa ci vuole per farti scaldare?»
E lui innocentemente rispose: «Vorrei prima conoscerti, sapere tutto di te…» Rose gli prese la mano e fissandolo negli occhi, se la portò addosso. Il giovane rimase interdetto, non si aspettava una resa tanto veloce. Ciò che visse quella sera fu una delle esperienze più incredibili: assaporò con la mano stretta in quella della donna la dolcezza del viso, le guance morbide e le labbra turgide leggermente socchiuse. Tracciò i contorni del collo e le spalle seriche e lisce come porcellana. Sentiva di doversi ritirare, ma non poteva. Rose guidava i suoi movimenti e quando sfiorò un seno con la mano, fu travolto da una miriade di sensazioni che gli resero l’uccello duro e dolorante. Roscoe gemette davanti al capezzolo e tenne a bada la brama di mordere e succhiare il bocciolo roseo. Lo studio proseguì e la mano scese tremante sul ventre, roteò attorno all’ombelico, raggiunse guidata il pube nascosto dietro un morbido cespuglio di riccioli neri, e si inoltrò tra le cosce tornite. Roscoe abbassò lo sguardo estasiato e incredulo. Ciò che provò in quel viaggio assurdo e meraviglioso, tutte le sensazioni che visse perlustrando quel corpo celestiale, erano frutto della sua lussuria. E quando un dito entrò nella vagina, spinto e incoraggiato da lei, rischiò di perdere la ragione e si sentì mancare. Lo considerò un bel modo di morire dopo tutto.
«Ecco, ora mi conosci…» sussurrò lei tenendosi ancorata alla sua mano. Il respiro veloce la stava tradendo e i movimenti del corpo non potevano essere fraintesi. «Ora… così continua… sì…»
Roscoe  si lasciò guidare dai suoi sospiri e dalla sua mano spingendosi più a fondo dentro di lei con due dita. La voleva anche se non avrebbe dovuto. Rose, una donna sposata, ma tanto bella e desiderosa di essere amata. La desiderava fin dal primo incontro e ora era nelle sue mani.
Continuò a torturarla e a penetrarla con le dita. Sapeva che se non si fosse fermato subito, non lo avrebbe fatto più, ma il linguaggio del corpo era inequivocabile: anche lei lo voleva e si dava a quelle dita come se non avesse mai conosciuto niente di meglio prima. Un terzo dito la riempì per allargarla meglio. Era pronta, lo sentiva dagli umori che lubrificavano il movimento rendendolo fluido e veloce, lo sentiva dai gemiti sempre più forti; lo vedeva dagli occhi, annebbiati dal piacere crescente, lo avvertiva dalle piccole contrazioni del canale caldo stretto intorno alla sua mano. Lo sentì in tutta la sua forza appena calò il pollice sul clitoride gonfio, massaggiandolo senza pietà. Rose gridò inarcandosi verso di lui e godette travolta dall’orgasmo…
«Mi dispiace per i tuoi genitori…» La voce di Rose lo riportò bruscamente al presente. Roscoe le strinse la mano fissandola negli occhi belli come sempre, seppur celati sotto un paio di grandi lenti scure. “Il suo mare calmo”, così li aveva sempre definiti ogni volta dopo aver fatto l’amore. La lasciò andare senza rispondere e passò oltre. In fondo quello era il passato, triste, buio, terribile passato. La mano di Damian stretta sulla spalla lo fece voltare. Il fratello gli indicò con un cenno della testa Gladys, visibilmente nervosa data la vicinanza dell’ex marito. Dovevano intervenire.
Gladys stava andando nel panico e non era da lei. Aveva sperato che Hector Affleck, il bastardo, non avrebbe avuto il coraggio di darle le condoglianze, ma lo vedeva avvicinarsi lentamente sicuramente per umiliarla ancora una volta. Non doveva succedere! I fratelli, superando il resto della folla di curiosi, la raggiunsero, l’affiancarono e come abili e temibili guardie del corpo la scortarono alla limo di famiglia parcheggiata lungo il viale.
Chiara osservò la scena con attenzione. Sembrava l’ennesima dimostrazione di arroganza. Ma chi si credevano di essere questi Mac Talbot? Snobbavano gli altri anche nel momento del dolore? Che gente i ricchi!
D’un tratto l’attenzione fu sviata altrove. Chiara avvertì il profumo di tabacco e legno e giurò di averlo già sentito in precedenza. Si voltò curiosa, ma non vide nessuno di familiare. Eppure quel profumo…


L’autrice:
Nora Cocian di origini abruzzesi vive al centro di Roma ormai da 26 anni. Con studi classici e linguistici alle spalle, si è sempre dedicata all’insegnamento prima e customer service dopo, non tralasciando mai la cura della famiglia. Attualmente si occupa di volontariato oltre che della scrittura che la assorbe completamente e che è diventata la sua principale attività. “Il fuoco della verità” uscito nel gennaio 2015 è il primo romanzo della saga scozzese dei Mac Talbot.


4 commenti:

  1. Molto intrigante.
    Mi piacerebbe sapere una cosa: ogni libro è una storia a sè? Visto che è una saga sicuramente ci sono collegamenti, ma mi piacerebbe sapere se la storia, per esempio, di questo romanzo finisce o continua. Grazie
    Iaia

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  2. Ciao, essendo appunto una saga, le storie dei tre fratelli sono portate avanti contemporaneamente. C'è una predilezione per quella di Rocoe, ma anche gli altri hanno spazio qui così come negli altri due libri che verranno. Poichè la storia ha dei risvolti particolari non può finire, ma continua.

    RispondiElimina
  3. Grazie Nora. Come ho detto nel commento, la storia mi intriga, ma vorrei porti un'altra domanda. L'uscita dei prossimi libri quando è prevista? Te lo chiedo per sapere quanto devo aspettare per iniziare la lettura. Posso anche comprarlo ora, ma non lo leggerò fino a che non avrò nel mio ereader tutti e tre i libri. Le puntate non mi piacciono. Nel mio ereader ci sono più libri di autrici italiane che aspettano la fine della serie. Non posso finire un romanzo e non sapere come vanno a finire i taselli. Grazie ancora per l'attenzione e buon lavoro
    Iaia

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  4. Il secondo è in cantiere e entro l'anno verrà pubblicato. Per il terzo dovremo aspettare il 2016. Come sai, per avere un buon risultato, ci vuole dietro un lavoro che non può essere frettoloso. Spero che ti lascerai affascinare dal mondo dei Mac Talbot. Vedrai, l'attesa verrà ripagata.

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