Il Natale si avvicina e Insaziabili Letture non si lascia sfuggire l'occasione di farvi qualche regalino! Oggi inauguriamo la rubrica "Romantic Xmas" che raccoglierà i racconti natalizi delle più amate autrici straniere.
Iniziamo oggi con AMY LANE, la mamma di Talker e Brian, di Deacon e Crick e tanti altri personaggi che hanno segnato le lettrici italiane!
Direttamente dall'universo di Green's Hill, un racconto erotico e paranormale che riscalderà questo timido inverno!
Il Natale di Clocklebur
Un racconto di Green’s Hill di Amy Lane
Traduzione di Deborah Tessari e Antonella Miccio
con la revisione di Christiana V
Green, il Signore di Green’s Hill ai piedi della Sierra di Auburn, amava davvero Corinne Carol-Anne Kirkpatrick, nome in codice
Crocken Green, ma questo non significava che vedesse l'ora di trascorrere la
serata con lei, visto che l’avevano lasciata a casa negandole la partecipazione
a una missione potenzialmente pericolosa.
«Non avvilirti, amore,» le disse dolcemente,
guardandola mentre cercava di mettere comodo il suo fondoschiena ingrossato sul
lato opposto del divano. Il suo corpo stava cambiando e i cuoricini dei gemelli
nel suo ventre crescevano di giorno in giorno.
L’occhiata che lei gli scoccò non indicava certo ʹavvilimentoʹ. “Non trattarmi con condiscendenza,
Green,” sbottò lei. “Sono…” I suoi occhi si gonfiarono e
lui cercò di non ridere. Era stanca, il seno le faceva male, così come i piedi e la schiena, la passera le
doleva (termine interessante, che lui detestava, ma lo trovava comunque buffo) e anche la pancia, aveva l'acidità di stomaco, le emorroidi, le vene
varicose e un gran mal di testa. Sì, aveva tutti i sintomi della gravidanza, ma non voleva lamentarsi. Non
col suo amato. Si sentiva di merda, non voleva lagnarsi ed era ancora più
incazzata perché tutte le cose di cui non voleva lamentarsi erano i motivi per
cui non era potuta andare in missione. Per il suo amore, che di solito
era più vocale che discreto, quello era un paradosso.
I suoi occhi erano ancora gonfi e agitava le mani alla
ricerca delle parole. Green stava per porre fine alle sue sofferenze e darle un
po’ di sollievo, quando il suo corpo la tradì.
Il suo stomaco brontolò e, a dispetto delle tante emozioni contrastanti
nel suo cuore, il suo corpo le fece provare
quella che odiava di più.
Il suo labbro inferiore tremò e gli diede uno sguardo così
pieno di sofferenza che quasi gli spezzò il cuore.
“Ah,” mormorò, “dannazione, Green!”
Lui rise dolcemente e aprì le braccia. Cory si precipitò da lui e gli posò la testa sul petto, permettendogli
di far scivolare le sue mani tra i rossi ricci selvaggi.
“Non c’è nulla di cui
vergognarsi, sai,” disse piano.
“Non potevo andare con loro,” mormorò.
“Non potevo andare con loro. Sono sempre andata con loro. Sono sempre… dannazione, Green. Mi prendo cura
di loro. E Bracken era così arrabbiato!”
Green fece una smorfia. Sì, Bracken era arrabbiato. Grazie a una trasfusione di sangue improvvisata,
quell’estate, e alcune magiche conseguenze, Cory riusciva a sentire nel sangue la
sua rabbia, nel senso letterale della parola.
“Certo che era arrabbiato,” disse piano. “Voi due siete stati una squadra
per quasi due anni, amore. Pensi sia stato facile per lui lasciarti qui?”
“Bene, allora non avrebbe dovuto
farlo… cazzo. Cazzo cazzo cazzo cazzo cazzo…” continuò con la litania. La prossima battuta sarebbe stata: “Non avrebbe dovuto incastrarmi!”, la cosa peggiore era che,
senza volerlo, lei aveva accidentalmente neutralizzato i metodi
anticoncezionali sia di Bracken che di Green. E così era rimasta incinta di due
gemelli fatati, quando il suo piccolo corpo mortale avrebbe avuto difficoltà a
portare a termine la gravidanza di un solo bimbo.
“Cristo, Green!” scoppiò finalmente. “C'è una maledetta cosa di cui
possa lamentarmi che non sia stata colpa mia?”
Green non poté fare a meno di ridere. “Sì, cara. Puoi lamentarti di
avere fame. È colpa mia, avrei dovuto darti mangiare già prima. Ecco, lascia
che ti prenda qualcosa.”
“Ci penso io," disse una voce alle
sue spalle, Green si girò leggermente e sorrise. “Grazie, Cocklebur. Molto gentile da parte tua.”
“Un dolce, Signore?”
Green fece una smorfia. Primo, perché anche se Cocklebur era
uscito dal lago quasi nello stesso periodo di Green, aveva insistito a rivolgersi
a lui come a un superiore. E secondo, perché Cory aveva annuito con troppo
entusiasmo alla parola dolce.
“Ci sono del pollo e delle
verdure in frigorifero, se non ti dispiace riscaldarle con un po' di pane,” disse Green, guardando
severamente Cory. Lei si rattristò, ma Green capì, dal modo in cui lei alzò gli
occhi al cielo, che acconsentiva. Probabilmente mangiare un dolce l'avrebbe
fatta sentire peggio mentre qualcosa di sano l'avrebbe fatta sentire meglio. La
logica più semplice non era sempre la più facile da seguire.
Cocklebur portò il cibo, e una bottiglia di acqua per Green,
con un gesto plateale e un inchino. “Ecco a te, piccola Dea,” disse a Cory. “Siediti e sii la regina del castello, va bene?”
Cory fece una smorfia che assomigliava vagamente a un
sorriso. “Grazie,
Cocklebur. È carino da parte tua. Potevo pensarci io.”
L'espressione che, per un momento, distorse il volto
dell'elfo lo rese quasi brutto, cosa impossibile per una creatura di un popolo
noto per la sua bellezza disumanamente perfetta. “Continua a fare la scansafatiche imbronciata, e vedrai se me
ne importa un cazzo!” sbottò
e se ne andò con un balzo, lasciando Cory ancora più triste di quanto non fosse
prima.
“Ah. Maledizione, Green, non
intendevo...”
“Sì, lo so. Calmati e mangia.
Poi dormi un po'. È il suo modo di fare. Ti farà le sue scuse fra un minuto...”
“Lo so, lo so, e andrà meglio.” Cory si fiondò sul cibo e non
insistette. Con Cocklebur quello era più o meno ciò che si doveva sperare: che un
giorno le cose sarebbero migliorate.
“Vuoi sapere perché?” le chiese Green, mentre lei
mangiava. Cory lo guardò con la bocca piena e annuì. Non voleva ammetterlo, ma
lui capì che era affamata. Si dava troppo da fare durante il giorno, pensò
preoccupato, ma non disse nulla.
“Okay, te lo racconto... o meglio
ancora, fatti un pisolino mentre lavoro e te lo faccio vedere,” la persuase, pensando che
quello potesse essere l'unico modo per farla riposare per il resto della
gravidanza.
“Me lo mostri?” lei deglutì e poi sbadigliò. “Voglio dire, nel senso che me
lo fai vedere? Puoi farlo?”
“Certamente,” le rispose Green. “Mettiti qui. Hai finito?” Lei annuì e lui le prese il
piatto. Con il pensiero convocò dei folletti per far portare via le stoviglie,
poi si mise la testa di lei in grembo per poterle accarezzare i capelli e
scostarglieli dal viso. “Non è
una cosa che faccio spesso, ma se me lo permetterai, te lo farò sognare. SarÃ
come guardare un film mentre dormi, va bene? Solo che riuscirai anche a sentire.”
Cory ridacchiò. “Uhm, quanto riuscirò a sentire?” chiese assonnata. “Voglio dire, uhm... Green. Sì, uhm... Ti sei portato a letto
tutti all'Hill. Il sogno sarà ...?”
“A luci rosse?” Green sorrise. “Ci puoi contare, amore. Se preferisci
dormire invece di scopare...”
“Mi dispiace, Green...”
“Nessun problema, amore. Chiudi
gli occhi e sogna. All'inizio potrebbe spaventarti un pochino, ma alla fine
sarà un bel sogno e forse potrai capire un po' meglio il nostro amico, va bene?”
Lei emise un piccolo gemito mentre appoggiava
la testa sulla coscia e si addormentò.
Green diede avvio al sogno dal momento in cui erano iniziate
le cose tra loro.
CONTINUA...
Cosa ne dite, vi sta piacendo? Volete saperne di più?
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Adrian. Adrian era appena stato trasformato in vampiro e stavano camminando lungo la spiaggia nella baia. I suoi capelli mossi biondo platino lunghi fino alle spalle erano legati in una coda, come quella dei capelli molto più lunghi e più scuri di Green. I suoi occhi azzurro cielo erano quasi trasparenti al chiarore della luna, ma il suo sorriso noncurante, amato o detestato, era al proprio posto mentre prendeva a calci un sassolino sulla battigia, proprio come fanno i bambini.

Green era a piedi nudi,
come piaceva a tutti gli esseri magici, e si stava godendo la sensazione della
sabbia tra le lunghe dita. Era tanto tempo fa, quando ancora si sapeva trarre
piacere dalle cose più semplici.
Erano lontani dalla parte
più movimentata del porto e le navi erano ancorate ai loro ormeggi. C'era un ammasso
di alberi di eucalipto davanti a loro, dove la baia si apriva verso il mare. Gli
stivali di Adrian e i piedi nudi di Green lasciavano orme sulla battigia,
quando sentirono un grido lontano.
Si guardarono l'un l'altro
con apprensione. Green non era potente, a quel tempo, non aveva un popolo e
nessuna ambizione. Ma quel grido gli era sembrato disperato, un urlo di dolore
e loro due avevano insieme più forza di qualsiasi altra persona. All’epoca
Adrian non era ancora abile nel volo come vampiro, ma questo non gli impedì di emettere
un grugnito e un salto traballante in aria, mentre Green cominciava a muoversi
con quella velocità tipica degli Dei che gli esseri umani pensavano fosse
magia.
Quando Green arrivò, era tutto finito tranne il banchetto di sangue.
Quando Green arrivò, era tutto finito tranne il banchetto di sangue.
Adrian si muoveva fulmineo
e, con cattiveria, strappava uomini da sopra una povera creatura. C'erano due
corpi vicino a Green, il loro sangue imbrattava il bagnasciuga, la gola
lacerata e gli occhi vitrei. Avvicinandosi, Green vide il suo dolce vampiro che
teneva una terza persona per i capelli e urlava “Che cosa gli avete fatto?”
“Niente! Gli abbiamo messo
i ferri e si è messo a urlare!”
Green lanciò un altro sguardo al poveretto, inginocchiato
sulla riva, alle prime ore del mattino, e trattenne il respiro. Le orecchie a
punta, anche se coperte da una fitta peluria scura, erano inconfondibili.
"È una creatura
magica," mormorò Green nella speranza di attirare l'attenzione di Adrian. Aveva
già visto Adrian uccidere da quando era diventato un vampiro, ma non aveva mai
visto fare un tale spargimento di sangue a quello che una volta era stato il
suo gentile amante. Una parte di lui piangeva disgustata, l'altra - quella che
aveva salvato Adrian dalla sua schiavitù - ne gioiva. Oh, Adrian, difendere i deboli e
vendicarsi dei cattivi: ecco per quale motivo era nato un'altra volta.
La creatura sulla battigia
emise un altro grido pietoso e Green si erse con fermezza.
“A, fammi un favore. Metti giù
quel giocattolo e togligli quelle cose dai polsi, okay? Io non posso toccarle,
mi farebbero lo stesso effetto. Dopo te lo mangi come vuoi quel tipo, e quando
hai finito porta quel tuo culo nell'oscurità .”
“Va bene, Green,” gli rispose Adrian
obbediente. Adrian avrebbe sempre obbedito a Green. Sempre. Tranne quell’ultima
e terribile volta tra molti, molti anni a venire.
Il giovane essere magico
sul bagnasciuga urlò mentre Adrian lo toccava, farfugliando qualcosa cosa che
somigliava a 'mostro' e 'sporco'. A suo merito, Adrian ignorò l'elfo: quando
era stato trasformato era preparato a quelle accuse. In un attimo, i ferri
mortali furono distrutti e gettati in mare a marcire, e
l'elfo immerse i polsi piagati e doloranti tra le onde calmanti e curative.

Fu gentile mentre arrancava nella gelida spuma e si inginocchiò di fronte
al giovane elfo. Green porse le sue mani in maniera perentoria – le creature
magiche erano apparse per rimettersi ai loro superiori - e il ragazzo pose le
proprie in quelle di Green fiduciosamente.
Le vesciche sanguinolente formatesi nel centro del palmo divennero ferite
all’altezza dei polsi, per poi trasformarsi nuovamente in semplici e dolorose
vesciche vicino all’avambraccio.
“Oh, ragazzo,” esclamò Green con disapprovazione. “È veramente doloroso.
Vieni qui – riesci a tenerle sollevate? Se gli do un bacio, forse, si
sentiranno meglio, giusto?”
“Non sono un ragazzo.”
Sorpreso, Green guardò la giovane creatura magica mentre portava l’atroce
bruciatura fredda del ferro alle labbra e soffiava leggermente. Il ragazzo
(oppure no) emise un singhiozzo mentre alcune delle vesciche scomparivano,
lasciando solo un gonfiore. “No?” chiese Green prima di spostarsi verso la
parte più danneggiata del polso.
Due furiosi occhi verdi e marroni fissarono Green da quell’ammasso di
capelli scuri. “Sono adulto, come te,” disse l’elfo con la bocca stretta e
Green soffiò ancora, guarendo la sua pelle.
“Quanti anni hai?” chiese Green. I figli della Dea di solito raggiungevano
la maturità sessuale e poi… si fermavano. Congelati al massimo della loro
bellezza. Spesso era difficile decifrarne l’età . Lo stesso Green aveva quasi
milleseicento anni, ma gli piaceva ancora credere al buono delle cose e, per
questo motivo, diverse creature magiche credevano erroneamente che fosse molto
più giovane.
“Un secolo, forse,” sbottò la creatura magica. “Comunque abbastanza grande
per andarmene di casa!”
Green si accigliò alla vista dei
polsi, che erano ancora piagati e feriti. “Sicuramente,” mormorò. “Ti va di raccontarmi come è
successo tutto questo, allora?”
“No,” rispose bruscamente l'elfo,
distogliendo lo sguardo, irritato e deluso. “Gli esseri umani… non comprendono
il gioco, vero?”
“Intendi gioco sessuale?” Green
allungò la lingua rosea con attenzione e notò che il ragazzo piegava indietro
la testa e sospirava rumorosamente. Sì -
il tocco di Green era potente, persino lì vicino all’acqua salata che cancellava
la magia. Riceveva potere dal sesso, lo consumava con la guarigione – a volte
l’atto della guarigione si trasformava in sesso, e lui riceveva potere anche da
quello. Il corpo della giovane creatura magica (per avere cent’anni era ancora
abbastanza giovane) ormai doveva essere intorpidito e diventava sempre più
pesante e pieno. Bene. L’eccitazione era positiva – rendeva il cuore sonnolento e caldo, e non
triste e arrabbiato, e anche quello era positivo per il recupero della salute.
“No,” rispose Green, quando l’elfo
annuì con riluttanza. “Loro non lo comprendono. E lo svago tra maschi è …
difficile. Lo faranno, sicuramente… ma non riconosceranno che sia accaduto. E
quando riconoscono che è accaduto, sembrano pensare che sia richiesto loro un
certo tipo di sforzo per mostrare al mondo che sono i tipi di uomini che lo
farebbero.”
“Che tipo di uomo è quello?”
Green strinse le spalle. “Non ne ho
idea. A me piacciono tutti.”
Il giovane elfo sospirò. “Anche a me,”
disse malinconicamente, e a Green scappò un sorriso.
“Anche a me.” Fece uscire quindi una
lingua appuntita e iniziò a leccare delicatamente le ferite più profonde.
L’elfo sussultò ansimando, infine sospirò.
Green ridacchiò. “Se sono un elfo
guaritore a partire dal mio cazzo?” chiese spavaldamente e fu ricompensato da
un magnifico sorriso.
“Sì,” sospirò il giovane elfo. “Sì.”
“Allora sì,” mormorò Green, portando
il suo respiro, la morbidezza delle sue labbra e l'amabilità della sua lingua
all’interno del braccio dell’elfo, dove stuzzicò la tenera carne. “Ma prima
dovremmo conoscere i rispettivi nomi, giusto?”
“Cocklebur.”
Green fece un largo sorriso. Gli
stava bene – spinoso, malvagio e all’apparenza abituato a scontrarsi con gli
altri. “Green,” mormorò, spostandosi sulle ginocchia in modo che le sue labbra
scivolassero sul bicipite dell’elfo e poi sulla spalla. Il piccolo bastardo
sfacciato si avvicinò per avere un bacio, ma Green lo schivò, continuando a
stuzzicarlo con le labbra e la lingua lungo la parte superiore della spalla.
Spinse di lato i capelli scuri pieni di nodi e tracciò un percorso sull’altra
spalla, giù fino al braccio. Si fermò e succhiò quella piega tenera e sensibile
nella parte interna del braccio, e poi soffiò lungo l’avambraccio fino al
polso. Il braccio era per lo più guarito solo grazie al tocco di Green, donato
sinceramente e in libertà , ma lui si assicurò che tutte le dolorose vesciche e
i fori sanguinanti nel polso di Cocklebur fossero scomparsi e lo guarì prima di
portare il polso del ragazzo alla bocca (che avesse un secolo o no, era ancora
un ragazzo).
Con grande attenzione, usando il
graffio dei denti e la stimolazione della lingua, la pressione delle labbra e
il succhiare, Green piantò di proposito un bacio al centro del palmo della mano
dalle lunghe dita della creatura magica.
Cocklebur emise un gemito di
eccitazione che superò l'infrangersi delle onde, e Green gli sorrise restando
in ginocchio.
“Alzati,” gli ordinò. L’elfo lo fece,
rivelando il lungo corpo slanciato da creatura magica, con fianchi e spalle
strette e il busto allungato, vestito solo con dei logori pantaloncini di
cotone. La sua erezione (decisamente da adulto, sebbene quella dell’elfo
sembrasse un po’ più piccola della maggior parte delle creature magiche) si
appoggiò pesantemente in avanti, spingendo il tessuto verso l’esterno, e Green
ci giocò per un istante, facendola andare su e giù.
Cocklebur emise un altro gemito,
premendo contro quel seducente tocco di un singolo dito fino a quando la
risatina gutturale di Green fu sufficientemente vicina da riscaldare il
tessuto, e l’elfo spinse disperatamente i fianchi in avanti.
“Pensavo non fossi un ragazzo”, Green
lo rimproverò “Gli uomini hanno un controllo maggiore.”
“Volevo solo giocare un po’…” ammise
Cocklebur dolorosamente, e Green si ricordò di se stesso. A volte il tocco era
importante quanto l’aria per una creatura magica, in certi casi anche di più.
Evidentemente era stato così per l’elfo quella notte, l'aveva indirizzato verso
la disperazione che Green e Adrian avevano scoperto su questa spiaggia
solitaria al chiarore della luna.
Senza stuzzicarlo ulteriormente,
Green tirò giù i pantaloni al giovane dalla pelle pallida, aprì la bocca e
inghiottì quel membro teso che continuava a gonfiarsi fino alla base.
“Dea... oh Dea…” singhiozzò Cocklebur
dall'alto. Tenne le dita strette ai capelli di Green e la morsa del dolore rese
dolce l’eccitazione dell'elfo guaritore. Green si tirò indietro, poi ingoiò
quella dolce carne ancora, e ancora, e ancora, fino a che Cocklebur dimenticò
se stesso, spingendo con soddisfazione nella bocca di Green senza curarsi del
piacere di quest'ultimo.
A Green piaceva quando gli esseri che
curava si comportavano in quel modo. Qualche volta il modo più sincero per
sapere se il cuore di qualcuno era guarito consisteva nel comprendere se si sentissero a proprio agio
nel comportarsi egoisticamente. Cocklebur lo era di sicuro, mentre si
aggrappava ai capelli di Green alla ricerca del proprio piacere tra grugniti e
urla silenziose. Green accolse nel palmo della mano lo scroto glabro e strinse
delicatamente. Cocklebur emise un urlo che di sicuro perfino Adrian poté
sentire nel loro appartamento senza finestre, e infine, quando Green infilò due
dita bagnate di saliva nella sua tenera entrata, lui urlò nella nebbia delle
ore prima dell’alba.
Quando venne schizzando, il suo
sperma era caldo e Green ne ingoiò la maggior parte. Attese fino a che
Cocklebur, piegato in due e ansimante mentre gli teneva stretta la testa contro
il proprio l’inguine, si riprendesse prima di alzarsi in piedi, gocciolando
schiuma fredda, imbronciò le labbra reclamando un bacio e permise all’elfo di
assaggiare il piacere che aveva riversato dentro Green.
Il bacio divenne più profondo e si
prolungò. Cocklebur si tirò indietro e leccò l’angolo della bocca di Green.
Un elfo guaritore del corpo e
dell’anima – era il miglior regalo di Green. L'unica persona che sembrava non
riuscire a guarire completamente, pensò con tristezza, era Adrian. Non sapeva
che la sola che potesse farlo non era ancora nata.
“Tutto guarito,” esclamò Green in
quel momento.”Tutto va meglio.”
Il giovane elfo sorrise astutamente. “Vorresti
una ricompensa, Signore?”
Green si accigliò. Dea, lui odiava i
modi del vecchio continente. Ma Cocklebur stava mostrando apprezzamento e
affetto, ed era qualcosa che lui non avrebbe fatto qualche minuto prima, quando
era stata solo la sua carne a essere guarita.
Green accettò l’offerta per quello
che era: gratitudine e gentilezza. Mise la mano di Cocklebur contro i suoi
pantaloni e spinse. Cocklebur sgranò gli occhi mentre Green piegava la testa
sussurrando “Lo vuoi? Mi vuoi dentro di te, vuoi che ti sbatta fino a quando
non vieni urlando?”
Green afferrò il giovane elfo quando
le sue ginocchia cedettero. Aveva l’abilità di sapere, a volte, cosa avrebbe
voluto il partner, cosa avrebbe riempito gli spazi vuoti nell’animo di un
giovane uomo o di una donna.
“Oh Dea,” gemette Cocklebur. “ Sì...
per favore, sì… per favore.”
Erano bagnati ed infreddoliti, ma
quella piccola supplica conteneva due per favore e due sì, e Green cercò nel
litorale un boschetto, un appezzamento nascosto di erba umida, perché Green non
avrebbe negato quella richiesta per niente al mondo.
Cory stava dormendo, il corpo arrotondato che si agitava contro Green
quando il sogno “giunse” alla sua logica e vera conclusione. Fece un piccolo
sorriso quando finì il lavoro che stava facendo al portatile mentre lei aveva
dormito e sognato i ricordi di lui. Aveva annusato la sua eccitazione per
quindici minuti buoni. Quando si svegliò dal suo sonnellino, lei sarebbe stata…
bene, di umore migliore, e non era quella
la verità .
“Mmm…” lei gemette contro di lui, la sfrenata decadenza del suono glielo
fece diventare duro.
“Bellissimo sogno, amore – ma non penso che entrerò nelle grazie di
Cocklebur in quel modo. Non pensi che
io abbia abbastanza problemi?”
Green le fece un gran sorriso. “Troverai un altro modo oltre a quello, te
lo garantisco. Nel frattempo…” Le sue mani, lunghe ed esperte, scivolarono
sotto le sue braccia e fino alla vita. Sì, era più grossa, ma uno dei bambini
che portava in grembo era il suo e quella era la carne più sexy che avesse mai
sentito.
“Nel frattempo, cosa?” lei sbatté le palpebre e lui decise di usare il suo
dono.
Chinandosi su di lei, le sussurrò all’orecchio, “Mi vuoi dentro di te, vuoi
che ti sbatta fino a quando non vieni urlando?”
“Oh Dea, sì” ansimò Cory, allora lui la prese tra le braccia e la portò
alla sua calda stanza asciutta per donarle il proprio regalo.
L'autrice:
Amy
Lane è madre di quattro figli e scrive libri occasionalmente. Quando non sta
supplicando i suoi studenti di stare seduti o fa da taxi ai suoi figli per
portarli a calcio/danza/karate – oddio! Potete trovarla a schiacciare pisolini
d’emergenza, a fare la spesa, o nascosta in bagno per leggere qualcosa senza
essere interrotta. Non la troverete mai a cucinare, pulire o a svolgere
faccende domestiche, ma si dice che prepari coi ferri set di emergenza con
cappello/coperta/un paio di calzini per qualsiasi occasione o a volte senza
motivo.
Scrive
nella doccia, mentre fa la pendolare, mentre la sua classe fa i compiti o
mentre vagabonda per il vicinato di notte, fingendo di fare esercizio fisico, e
ha imparato per necessità a farlo veloce come il vento. Vive in una casa
infestata dai ragni e fatiscente, in un quartiere scadente, e conta sul suo
adorato compagno Mack per tenerla ancorata alla realtà – lui lo fa, e come
bonus le tiene sempre il telefono cellulare carico. È sposata da oltre vent’anni
e crede ancora nel Vero Amore con la V maiuscola e la A maiuscola, e non vede
alcun motivo per cambiare idea.
Potete
trovare Amy qui:
Website: www.greenshill.com
Blog: www.writerslane.blogspot.com
E-mail: amylane@greenshill.com
Facebook: www.facebook.com/amy.lane.167
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