Nel suo nuovo articolo Teresa Siciliano ci parla del rapporto tra il romanzo rosa e la storia. Da Jane Austen alle nostre perle italiane: Mariangela Camocardi, Maria Masella e Linda Kent!
Il
rapporto dei romance con la storia è molto vario e discusso. Fra le lettrici ci
sono quelle che chiedono più storia, quelle che ne chiedono di meno. E quelle
addirittura che non sopportano la storia. Né si capisce perché leggano romanzi
di questo tipo.
Partiamo
dal regency: esso è ufficialmente ambientato in Gran Bretagna fra il 1810 e il
1820, ma di fatto si considerano tali tutti i libri ambientati nel Primo
Ottocento. Per quanto sia strano, di solito alle autrici non interessa
particolarmente l’epopea napoleonica, che non sempre compare. La loro
attenzione è piuttosto indirizzata alle regole sociali dell’alta società, cioè
quello che chiamano ton. Il punto di
riferimento mi pare Jane Austen, che però scriveva degli anni a lei
contemporanei, e il suo clone moderno, cioè Georgette Heyer.
Quindi
sappiamo tutto di Almack e del fatto che entrarvi fosse l’ambizione più alta
delle fanciulle aristocratiche e non, dal momento che era la vetrina più
importante per le debuttanti che cercavano marito, unica possibilità a
disposizione allora per una donna.
Se
osserviamo una serie nota come quella dei Bedwyn, noteremo che di Napoleone si
parla poco prima della Tentatrice e di
Innamorarsi di un lord, che sono
costruiti in qualche modo intorno all’evento principale: la battaglia di
Waterloo. Curioso che la sinossi della redazione Mondadori collochi gli eventi
del primo romanzo intorno al 1810, mentre tutti sappiamo che si tratta del
1815.
Da un
punto di vista storico le cose peggiorano negli erotici. Prendiamo in
considerazione L’amante della contessa
della Dee. All’epoca della sua uscita le lettrici discussero aspramente la
narrazione, partendo dall’indicazione della sinossi che era il solito 1810
circa. Dal momento che si raccontava come la protagonista, inglese, avesse a
lungo soggiornato in Francia, diciamo nel ventennio precedente, si sottolineò
che, durante la rivoluzione francese e soprattutto le guerre fra Francia e
Inghilterra, ciò sarebbe stato impossibile.
In
realtà, a ben vedere, la data 1810 non c’era nel libro, era un’illazione dei
curatori, probabilmente sulla base di indizi di costume e moda, interni al
volume. Che io ricordi è il caso più emblematico per dimostrare che si tratta
di romanzi storici per modo di dire.
Ma si
potrebbe anche citare Alla corte dello
zar della Rogers, dove non solo le ragazze nubili di buona famiglia si
comportano con anacronistica libertà sessuale, come pare ormai obbligatorio nei
rosa, ma i personaggi scorrazzano su e giù per l’Europa, in barba alla lentezza
e alla difficoltà dei trasporti dell’epoca: solo un accenno alla durezza
dell’inverno russo, sperimentata direttamente da Napoleone solo pochi anni
prima, durezza che però non impedisce ai protagonisti di tornare velocemente in
Inghilterra per la conclusione.
All’estremo
opposto troviamo le opere di Amanda Scott, ambientate in genere nella Scozia
medievale: molti riferimenti geografici alle isole Orcadi, molte descrizioni,
un intreccio fra personaggi storici, a noi quasi totalmente sconosciuti, e
altri inventati, molte allusioni ad eventi storici importanti, ma a noi del
tutto ignoti, narrazioni, secondo me, quasi sempre favolistiche e noiose.
Le
scrittrici italiane sono molto più attente anche quando si occupano della
storia di altri paesi: ad esempio la Kent, nel recente Vento di Cornovaglia, ha impeccabilmente ricostruito l’assedio di
Pendennis, all’epoca di Cromwell.
Personalmente,
preferisco la storia italiana. E quindi guardiamo la Camocardi e il suo Chi voglio sei tu: l’autrice
ricostruisce un ambiente per noi insolito, cioè quello delle sciantose di
inizio Novecento, e trova il modo da una parte di fare riferimento a tutte le
invenzioni tecnologiche che in quegli anni hanno cambiato la nostra vita,
dall’altra di delineare il nascente femminismo e nello stesso tempo, con la
figura di Falco, alludere liberamente, ma in modo puntuale, alla figura di
Heathcliff di brontiana memoria.
Invece, in Un
segreto tra noi, si occupa del Risorgimento e della Milano del 1848 nell’imminenza
delle Cinque giornate e allude alla repressione che seguirà sia nella
narrazione, sia nella nota storica in postfazione, pur mettendo in salvo i
nostri protagonisti, come è obbligatorio in un rosa.
Un’altra
nostra autrice molta attenta alla storia è la Masella, che porta nel romance
italiano una tinta genovese: inizia, per quel che mi ricordo, in Legami d’amore, introducendo nella
vicenda con funzione di deus ex machina
addirittura Cavour, per poi approfondire il conflitto all’interno dello stato
piemontese fra Torino e la monarchia da un lato e Genova e il movimento
mazziniano dall’altro.
E nell’ultimo titolo, La forza dei sogni, mette a sfondo della storia d’amore un
complesso intreccio fra politica, economia, finanza e vita privata nell’alta
società piemontese, fino al punto di sentirsi in obbligo di anticipare gli
eventi del romanzo di un anno, per evitare di incappare nel colera del 1854 (di
cui noi certo non sapevamo, ma lei sì).
Ci
sarebbero ovviamente molte altre autrici da menzionare, ma alla fine di questo articolo
voglio ricordare soltanto La notte del
vento e delle rose della Bulgaris, dove, con ambientazione insolita per il
rosa italiano, ci viene presentata, strettamente collegata con le vicende dei
protagonisti, una buona ricostruzione della rivoluzione
napoletana del 1799: e quindi Nelson, lady Hamilton, Eleonora Fonseca Pimentel.
Un romance un po’ sui generis per la presenza anche di toni molto cupi, stupri
e violenze. Memento forse che le rivoluzioni non sono mai passeggiate.
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articolo molto interessante. Per quanto mi riguarda scrivo (e leggo) romance storici perché mi piace la Storia e, quando mi è stato chiesto di "stemperare" i riferimenti perché potevano annoiare le lettrici, ho sofferto parecchio. Già nel mio primo romance Mondadori (Le ragioni del cuore, del 2002) il prot era un mazziniano! Sono puntigliosa (qualcuna ne dubitava?) e presto attenzione ai dettagli: il laboratorio di bianco in Un nome dal passato esisteva e dove l'ho collocato. Per l'assedio di Genova e la descrizione delle feste repubblicane in Il prigioniero ho letto documenti dell'epoca. Per l'insurrezione di Genova del 1849, raramente citata nei libri scolastici, ho scovato testi che riportano i racconti di chi ha vissuto quei giorni. Grazie a Matesi e tutte le lettrici che amano gli storici con almeno un po' di Storia.
RispondiEliminaIlluminante sotto molti punti di vista, sia l'articolo che il commento. Mi è piaciuto molto. Grazie a entrambe. VeloNero
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