Quanto nero è tollerabile in un rosa?
Questa la domanda che si pone Teresa Siciliano nel suo nuovo articolo "Il rosa e il nero". Leggete questa bellissima analisi dell'evoluzione di un genere sempre più ibrido.
Fateci sapere la vostra opinione!
(attenzione agli spoiler)
La
narrativa rosa ha sempre avuto dei confini invalicabili: ad esempio il lieto
fine, oppure un insieme di valori positivi, che i protagonisti hanno in
partenza o acquisiscono nel corso del romanzo. Nel tempo queste caratteristiche
hanno cominciato a sbiadirsi o ad entrare addirittura in crisi. Forse perché
ormai la nostra epoca non crede più all’esistenza del bene assoluto. Probabilmente
a ciò hanno molto contribuito anche la narrativa fantasy (ad esempio quella di
vampiri) e il c.d Romantic Suspense: quando fai entrare il male nella trama,
soprattutto nelle forme più patologiche, le cose si fanno difficili per chi
scrive.
Quindi
mi chiedo da un po’ di tempo: quanto nero è tollerabile in un rosa?
Consideriamo
qualche esempio di vampiri: quelli della Gianinetto sono temibili, ma
sostanzialmente buoni: infatti i suoi protagonisti in genere si preoccupano per
gli umani, cercano addirittura di proteggerli e, diciamo, si sforzano di
non fare mai del male a personaggi
“buoni”. Solo nell’ultimo volume finora uscito, Liam, questo aspetto va un po’ in crisi (e difatti è quello che a
me è piaciuto di meno fra i tre).
Se andiamo invece a leggere La cacciatrice della notte della Frost,
non ci vengono risparmiate scene macabre e sangue a fiumi. Addirittura la
protagonista vomita più volte nel corso della narrazione. E io ho rischiato spesso
di seguirla a ruota.
Ricorrente
in molti romanzi il caso in cui un vampiro, al momento della trasformazione,
non riesce a controllarsi, al punto di bere sangue dalla vittima fino ad
ucciderla. E mi ricordo il caso in cui il malcapitato in precedenza aveva
soccorso il vampiro e lo aveva salvato. Bella ricompensa!
Ancora
più eclatanti i numerosi giallorosa con serial killer, seguiti al successo
mondiale del Silenzio degli innocenti. In questo settore
spicca, secondo me, Nora Roberts e, in particolare, Un’ombra dal passato. Vi troviamo innanzitutto DUE serial killer:
uno, Perry, come dire, scientifico, per cui la cattura e l’uccisione della
vittima sono un’affermazione di potere, la vittoria in una sfida, l’altro, Eckle,
che invece si compiace del sangue e delle sofferenze della vittima. Il tutto
senza che l’autrice scenda in particolari trucidi né subisca il fascino del
male.
Prendiamo
una delle scene più importanti. La vittima è una giornalista cinica e
antipatica, a cui perciò è impossibile affezionarsi. Viene pestata
sistematicamente e violentata, ma l’autrice usa spesso la dissolvenza e
l’ellissi, con l’effetto di fare molta impressione, ma senza compiacimento e
senza quindi provocare il rigetto da parte di chi legge. E, nel finale, verrà
addirittura salvata.
Ci
sono invece alcune scrittrici che insistono su particolari orridi: mi ricordo
un RS, in cui il cadavere, al momento del rinvenimento, era in stato di
avanzata putrefazione e quindi ricoperto di vermi. Cosa che ci veniva descritta
senza pietà.
Ma
affrontiamo il tema scottante della tortura: può essere praticata dai cattivi,
o comunque dai nemici, oppure dai protagonisti.
In
Semplicemente amore della Balogh, Syd, infiltrato nelle linee
nemiche, è stato torturato a lungo fino a perdere un occhio, un braccio e quasi
una gamba: l’autrice non rappresenta la scena in modo oggettivo, ma soprattutto
le sensazioni e i sentimenti del giovane, mentre viene ferito e a lungo crudelmente
mutilato fino a sfiorare la morte, prima che un blitz di suo fratello e degli
inglesi lo salvi in extremis. In Ti
salverò della Campbell Gideon è rimasto per mesi prigioniero in un buco,
legato ai cadaveri in decomposizione dei compagni uccisi, sempre allo scopo di
strappargli informazioni. Entrambe le autrici sottolineano il coraggio dei
prigionieri, che non cedono e non parlano. Ma, mentre la Balogh non insiste sui
particolari, la Campbell approfondisce certi aspetti e ancora di più ne fa
immaginare. Per cui le lettrici si sono divise fra quelle emozionate e quelle
orripilate.
Il
punto più dolente, però, almeno per me, è il fenomeno recente delle torture
inflitte dai personaggi “buoni”, fenomeno probabilmente da interpretare come in
qualche modo derivato dall’attentato dell’11 settembre: tutto è lecito pur di
fermare i terroristi.
E
quindi, nel Prezzo della passione
della Leigh, Micah non si oppone a che sua cugina (?!), per giunta una spia sempre
al servizio degli Stati Uniti, venga drogata con sostanze in grado di spezzarle
la personalità e quindi di tirarle fuori quello che sa. Dal momento che il
pericolo è quello di ucciderla o farle perdere la ragione, chi legge viene
‘rassicurato’ che comunque ci si fermerà prima di creare troppi danni. Non so
se voi vi fidereste, ma io certamente no. Per giunta, mentre Bailey viene
sottoposta al trattamento, il caro cugino che “le vuole bene”, se la spassa allegramente
a letto con la sua Rissa, senza una preoccupazione al mondo. Il che mi pare il
massimo del cinismo anche da parte della scrittrice. Né ai miei occhi migliora
la situazione il fatto che, come scopriamo solo nel volume seguente, Bailey,
per una serie di circostanze, non verrà affatto torturata. Perché Micah,
ovviamente, non lo sapeva.
Qualcosa
di simile succede in Implacabile
della Vieri Castellano, dove il protagonista sottopone a tortura il cattivo di
turno, senza uno scrupolo al mondo. E senza neanche precipitarsi subito a
salvare la sua donna, prigioniera della stessa banda.
Qualcosa
di simile avviene in Obiettivo pericoloso
della Clare, nella forma di quello che viene eufemisticamente chiamato
interrogatorio di terzo grado: l’accusato, che è uno stupratore coinvolto in un
traffico di ragazze rapite, drogate e costrette alla prostituzione, viene
interrogato per una notte intera senza bere, mangiare e soprattutto senza poter
andare a gabinetto, con conseguenze mortali. Tutto avviene nell’assoluto disprezzo
dei diritti umani. Perché si tratta di delinquenti, si suggerisce. E quindi
tutti i metodi sarebbero accettabili.
Concludiamo
infine con lo stupro di guerra: quanto è lecito parlarne in un rosa?
Mettiamo
a confronto La dama spagnola della Fulford
e Una svolta del destino della Kelly.
In entrambi i romanzi si fa riferimento allo stesso episodio storico: la presa
e il sacco di Badajoz, avvenuto nel 1812, all’interno della guerra
anglo-francese in Spagna. Le protagoniste sono state in tutti e due i casi
vittime degli stupri di gruppo e di massa avvenuti in quella circostanza. La
Fulford sottolinea che i soldati inglesi erano esasperati dal lungo assedio in
condizioni difficili e che, ubriachi, si abbandonarono alle violenze più
efferate, nonostante alcuni ufficiali cercassero di impedirglielo. Il suo
Harry, un capitano inglese, vanamente cerca di soccorrere un ufficiale amico
che stava tentando di impedire il saccheggio di un negozio e che invece viene
bestialmente assassinato da commilitoni.
Invece
Benedict della Kelly ammette che lo stato maggiore, compreso Wellington, lasciò
mano libera ai soldati per due giorni, sapendo più o meno quello che sarebbe
accaduto, mentre lui stesso senza opporsi se ne andò a dormire, sfinito dalla
battaglia. A differenza della Fulford, qui l’autrice descrive dettagliatamente
gli stupri ripetuti subiti da Liria, allora quattordicenne, e dalla sua sorella
più giovane, che ne muore, in un flashback particolarmente impressionante.
Insomma,
dove sta andando il rosa? Chi non lo legge nutre verso di esso un grande disprezzo,
ritiene che si tratti di storielline da ombrellone, melense, basate su un
volemose bene generale.
Personalmente
ritengo invece che abbiamo passato il limite e snaturato il genere. Quando si
vogliono raccontare cose di tal genere, cose che senza dubbio si verificano
nella realtà, e in tal modo, forse non si dovrebbe usare il genere rosa.
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Cara consorella Teresa, argomento davvero affascinante. So che pure io ti inquieto un po’, ma qui scendi in particolari specifici, interessanti da analizzare. In generale penso che le pennellate di nero siano consentite soprattutto nel paranormal, basta però che tutti i crismi del romance vengano rispettati, dall’inghippo da risolvere per la coppia in conflitto al lieto fine per i buoni. Che la Dea ti benedica, Anonima Strega
RispondiEliminaArticolo approfondito e interessante. Da vecchia scrittrice di rosa condivido in pieno il parere dell'autrice. Ogni genere letterario è suscettibile di aperture e di inserimenti garbati perché la ripetitività non giova a nessun romanzo, ma l'eccesso è inaccettabile. Deruba il libro della sua peculiarità e lo fa diventare un mix da calderone. Paola Picasso
RispondiEliminaE' un articolo molto interessante che solleva interrogativi sia per chi legge sia per chi scrive. Premetto che non sono un'esperta di vampiri, non mi piacciono le storie paranormali, in nessun contesto (romance o noir), quindi il mio punto di vista è molto più limitato di quello di Teresa Siciliano e di altre autrici e lettrici. Come l'amica e collega Ornella Albanese, ritengo che nei romance debba essere predominante la storia d'amore, mentre nei noir possa comparire, ma in secondo piano. Per mio gusto personale evito il più possibile descrizioni sanguinolente o truci sia nel romance sia nel noir, focalizzandomi più sulle emozioni e sensazioni dei personaggi che sulla meccanica del fatto di sangue. Sempre per mio gusto personale e per rispetto delle mie convinzioni non riuscirei a "usare", soprattutto nei romance, un protagonista "torturatore", proprio non riesco a credere che "il fine giustifichi i mezzi" a tal punto. A questo proposito mi è stato fatto notare che il prot dei miei noir è "troppo" delicato con i criminali per essere reale, infatti è soltanto un personaggio che CREDE nella legge e questo implica anche il rispetto verso chi è sospettato. Nell'articolo si parla di stupri e ho ripensato ai miei romanzi chiedendomi se ho calcato troppo la mano. Due nei noir ("Io so" e "Le mezze verità") e sempre verso donne giovanissime, scrivendo entrambi ho sofferto molto: penso di aver scritto il giusto. Nei romance storici molti di più! "Le ragioni del cuore": donna stuprata dal marito (per me conta eccome!), "Il prigioniero": Lavinia da alcuni sbandati, "L'ultimo segreto": Giulia in fuga da Roma viene bloccata da una pattuglia austriaca, perde anche il figlio e per anni non riesce più a sopportare di essere toccata da un uomo. Per nessuno di questi ho avuto critiche dalle lettrici, ma ne ho ricevuti per "Legami d'amore": la sorella della protagonista stuprata a Genova nel 1849 da soldati sabaudi. Mi è stato scritto "è impossibile" e il buffo è che proprio quel "reato" è reale, come attestano documenti dell'epoca (documenti non di parte): dopo l'insurrezione era stato dato l'ordine di "domare i ribelli con ogni mezzo, senza tener conto di sesso o di età". Questo si riallaccia a quanto scrive Teresa su Badajoz, in quanti modi può essere raccontata la Storia? E' fuori tema e forse dovremmo dedicarci un post, ma scrivendo anche un "semplice romance storico" automaticamente ci si schiera: esempio? Nelle autrici britanniche Napoleone è il "cattivo". Se sono in ballo inglesi e scozzesi è probabile che gli scozzesi siano i "buoni". Anch'io sono fortemente di parte: i patrioti repubblicani sono i miei "buoni"! Scusate il post lunghissimo. Chi ha avuto la pazienza di leggerlo tutto, avrà capito perché non potevo commentare da cell, ma dovevo essere a pc. Ancora grazie a Teresa Siciliano per aver sollevato il problema!
RispondiEliminaRingrazio tutte, ma soprattutto l'amica Masella, che mi suggerisce qualche idea per un prossimo articolo.
RispondiEliminaComplimenti, Teresa, un ottimo articolo per un tema molto interessante!
RispondiEliminaPer quanto mi riguarda, cerco di evitare particolari troppo truculenti nei miei romanzi, un po’ perché mi disturbano in generale e molto perché sono d’accordo con te: troppa contaminazione tra i generi rischia di non essere godibile per nessuno. Condivido però in pieno quello che ha detto poco sopra Anonima Strega: il paranormal è un genere di romance a sé, che in parte consente (e addirittura richiede) una maggiore apertura al nero. Come hai giustamente scritto nel tuo articolo, i miei vampiri sono sostanzialmente “buoni”, ma sono sempre vampiri… ognuno di loro scende a patti in modo diverso con la sua natura di essere immortale e, più che cattivo, “non umano”. Liam è il più oscuro dei tre e la sua storia e la sua personalità, a mio parere, richiedevano una maggiore “lontananza dall’umano”, che si esplica in azioni che vanno al di là del bene e del male. Ma in fondo nemmeno lui è mai veramente “cattivo” e il suo percorso di redenzione attraverso l’amore credo lo renda in ogni caso un personaggio positivo.
In quanto alla tortura, è inevitabile che ogni tanto compaia, nel paranormal, ma credo che debba essere inserita solo quando è proprio necessario e mai con quei particolari troppo truculenti di cui parlavo prima. Proprio nel romanzo che sto scrivendo, il protagonista dovrà ricorrere un paio di volte alla tortura nei confronti dei cattivi: vedremo come me la caverò, ma l’intenzione è sempre quella di accennare, sfumare, dare l’idea – anche agghiacciante – ma comunque un’idea.
Paola Gianinetto
Cara consorella Paola... "tortura nei confronti dei cattivi." Eccoci al punto! Nel noir classico succede anche nei confronti dei buoni. Sta qui secondo me la differenza: i valori positivi hanno sempre la meglio su quelli negativi, nel romance. Che la Dea ti benedica, Anonima Strega
EliminaEcco perché scrivo commedie romantiche, passate o presenti, Matesi.L'hai spiegato benissimo tu, in questo interessante pezzo.
RispondiEliminaSe dovessi scrivere un suspense (di paranormal neppure a parlarne), non credo che sarebbe un romance, ma solo un thriller di cui io sono grande divoratrice ( o al massimo un giallo rosa, che secondo me non rientra nei RS). E ciò è abbastanza curioso perché sono anche una lettrice di RS, e da lettrice non mi interrogo troppo sulle scene di violenza, sempre che siano utili allo sviluppo della trama.
Un caro saluto
Viviana Giorgi
ps Hanno commentato solo autrici?