Buoni e cattivi, qual è il punto di vista delle autrici? Teresa Siciliano nel suo nuovo articolo analizza le posizioni delle principali autrici di storici italiane e straniere. Un interessante articolo da non perdere!
In
un romanzo rosa è importante distinguere fra il bene e il male, dal momento che
nelle regole del genere è ricorrente l’esigenza che i protagonisti agiscano
secondo le leggi morali comunemente accettate. O almeno devono imparare a farlo
nel corso della vicenda. Negli eventi storici si fa
intendere quale fosse la linea giusta, dal momento che non tutte le lettrici si
orientano facilmente in questo ambito. Sembra scontato, ma non lo è, dal
momento che sulla trama influisce pesantemente il punto di vista dell’autrice.
Rammento
che da ragazzina notai con grande stupore che in Via col vento si parteggiava, nella guerra di secessione, per il
Sud e per la schiavitù. E si parlava sprezzantemente della Capanna dello zio Tom come di un romanzo assurdo che offriva
un’immagine puramente fittizia della condizione dei neri.
La
cosa è frequente nei romanzi storici. In genere, ad esempio, non capitano regency
filonapoleonici. L’unico che mi viene in mente in questo momento è il Gioco dell’inganno della Castellano (che
non è propriamente un regency), in cui Napoleone è forse il personaggio più
interessante, almeno secondo me. E ciò perché i rosa provengono in massima
parte dall’area anglosassone e quindi stanno con gli inglesi e con Wellington.
Può capitare qualche critica, come nel recente Una svolta del destino della Kelly, ma forse più in chiave
pacifista che altro. Potremmo inoltre fare riferimento a Innamorarsi di un lord della Balogh, in cui stranamente Alleyne ha
un comportamento, diciamo, non molto coraggioso a Waterloo, dove scopre (pensa
un po’!) che la guerra è una brutta cosa e anche molto pericolosa.
In
Italia in genere le autrici assumono il punto di vista filorisorgimentale. Si
distingue un po’ la Formenti che nel Destino
in una stella, mi pare, apprezza il passaggio della Lombardia al dominio
austriaco, che certo (non si può negarlo) rappresentò un netto miglioramento
rispetto alla dominazione spagnola, ed elogia il governo di Maria Teresa.
In
modo ancora più audace nel racconto Leonessa
di marzo (nell’antologia Amori
sull’ali dorate) si spinge fino a rappresentare l’amore fra un’italiana ed
un ufficiale austriaco, cosa che, data la collocazione all’interno di un volume
celebrativo del 150esimo dell’unità italiana, allora mi parve perfino
scandalosa, nonostante il racconto fosse piuttosto bello.
Qualcosa
del genere la Formenti aveva già fatto in Un
uomo da odiare, di ambientazione medievale, in cui in qualche modo (udite!
udite!) ci si schierava dalla parte di Federico Barbarossa e non della Lega
Lombarda (quella medievale, intendo, quella di Berchet).
Le
altre scrittrici dell’antologia risorgimentale, invece, non hanno dubbi e mi
piace ricordare Bella mia della
Masella, che avrà il suo seguito in Non
soltanto una notte sullo sfondo dell’impresa dei Mille. Parimenti in
quest’ambito possiamo ricordare L’ultimo della
Albanese, che chiama in causa, in qualche modo, Ippolito Nievo. Non mi pare di
aver letto nulla, invece, di tono filoborbonico. Ma confesso di non sentire
affatto la mancanza di quelle argomentazioni che affollano le pagine storiche
di Facebook. E, prima che mi accusiate di antimeridionalismo, tenete presente
che sono figlia di due calabresi.
Anche
quando si occupano di storia straniera, è inevitabile per le nostre autrici
fare una scelta di campo. Ad esempio la Picasso nel bellissimo Cuori traditi si schiera nella guerra
dei Cent’anni con la Francia di Giovanna D’Arco. E basta rammentare come
Shakespeare (o chi per lui) presenta il personaggio per capire che il punto di
vista inglese, ancora alla fine del Cinquecento, era tutto diverso. Parimenti,
la Kent in Vento di Cornovaglia sta
con i monarchici e contro Cromwell.
Un
altro punto spinoso della storia inglese è la battaglia di Culloden con la
repressione dei seguaci del Pretendente che seguì. Ho letto infiniti romanzi,
soprattutto Harlequin, su questo tema. Mentre Stevenson (tanto per fare un
riferimento colto) nel Master di
Ballantrae rappresenta soprattutto i, diciamo, neutralisti, che ad esempio
mandano un figlio a combattere con il re e uno con i ribelli, mi pare che la
maggior parte delle autrici si schieri con gli scozzesi e lamenti la
distruzione della loro cultura.
Poi
ci sono le posizioni personali. Per esempio in Passione proibita la Balogh spezza una lancia (in verità più d’una)
a favore delle riforme vittoriane, partite su impulso del principe Albert,
marito della regina Vittoria, con l’appoggio della parte più intelligente della
borghesia e anche della nobiltà del paese.
In
Italia, che ha avuto una storia molto diversa, emergono pure i punti di vista
in qualche modo locali: per esempio la Masella torna più volte sul conflitto
fra Genova e il governo di Torino, cosa di cui io, romana, prima dei suoi
romanzi non sapevo nulla.
Insomma
i romance storici non sono quasi mai puro intrattenimento. Sono invece spesso
portatori di un filone interpretativo che bisogna individuare. Si può
altrimenti sposare tesi reazionarie, tipo che a Roma si stava meglio prima del
20 settembre piuttosto che dopo.
Permettetemi
una piccola digressione personale. Non so se ricordate il finale della Grande guerra di Monicelli. Il milanese Gassman
e il romano Sordi stanno per rivelare un’importante informazione militare al
comandante austriaco, ma poi lo sentono parlare sprezzantemente della codardia
italiana e, punti nell’orgoglio patriottico che non sapevamo avessero, si
faranno fucilare piuttosto che parlare. Di quella scena mi ricordai, quando si
introdusse la cosiddetta tassa europea una tantum.
Ma
io avrei pagato un milione! Un milione avrei pagato per non darla vinta ai
tedeschi che non ci volevano nell’euro! Eppure sono nata dopo la guerra,
l’Austria e la Germania per me sono paesi fratelli, ho perfino molto rispetto
per i tedeschi.
Ma
così andò. Certe cose si assorbono con il latte materno e con la storia orale
appresa in anni lontani, tutte e tre (mia madre, mia sorella ed io) sedute
intorno alla stufa a legna, per scaldarci nei lunghi pomeriggi d’inverno.
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Articolo molto interessante che riprende e approfondisce un argomento che varie volte abbiamo sfiorato. Aggiungerei un dettaglio: nella maggior parte dei romance re e sovrano sono maiuscoli, molti miei personaggi non la usano e in correzione bozze ho chiesto e spesso ottenuto che restassero minuscoli, quando erano nominati da repubblicani. Grazie dell'articolo!
RispondiEliminaImmagino la reazione di redazione e correttore di bozze!
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