Genere: Thriller/Giallo
Editore: Bollati Boringhieri
Pagine: 124
Prezzo: ebook 9.99 €- € 12,90 cartaceo
Uscita: 19 Marzo 2015
Estate 1982: lasciati alle spalle i due casi d’inizio estate, il vicequestore Norberto Melis si trova in un pittoresco borgo della Liguria insieme all’agente Lambiase per un congresso organizzato dal ministero degli Interni. Quando tutto finalmente finisce, l’albergo viene invaso da scrittori e funzionari editoriali convenuti per un’importante manifestazione culturale. Che, però, ha inizio con un colpo di pistola. Chi ha ucciso il celebre autore in quella che ha tutta l’aria di una esecuzione? E perché?
Coinvolto giocoforza nel caso, Melis, che per poco non è stato testimone oculare del delitto, si trova così alle prese con un mondo fatto anche di piccole invidie, bassezze, viltà. Ma è proprio tra i colleghi del morto – come tutti i letterati, persone più portate alle parole che ai fatti – che va cercato il colpevole? Davvero le ragioni dell’omicidio stanno in quel groviglio di maldicenze, di competizione ambiziosa e di antipatie che, sotto l’apparente stima reciproca, segna quel piccolo universo chiuso su se stesso? Non starà, invece, nell’ombra del passato la spiegazione di quella morte brutale?
Coinvolto giocoforza nel caso, Melis, che per poco non è stato testimone oculare del delitto, si trova così alle prese con un mondo fatto anche di piccole invidie, bassezze, viltà. Ma è proprio tra i colleghi del morto – come tutti i letterati, persone più portate alle parole che ai fatti – che va cercato il colpevole? Davvero le ragioni dell’omicidio stanno in quel groviglio di maldicenze, di competizione ambiziosa e di antipatie che, sotto l’apparente stima reciproca, segna quel piccolo universo chiuso su se stesso? Non starà, invece, nell’ombra del passato la spiegazione di quella morte brutale?
Fuorchè l’onore è un romanzo giallo molto italiano: il ritmo è lento ma accogliente, un po’ alla Montalbano, e i personaggi principali ben distinguibili.
Il protagonista, il vicequestore Melis, è un uomo tranquillo e molto colto. A fargli da contraltare c'è l’agente Lambiase, decisamente pop, diciamo. Il caso di cui si occupano è l’omicidio, o meglio l’esecuzione, di uno scrittore molto snob sullo sfondo di una Liguria che si prepara alla fine della stagione estiva. Gli alberghi mezzi vuoti, gli anziani turisti tedeschi e il contrasto tra la Liguria di mare e l’entroterra creano la cornice per le indagini di Melis e Lambiase.
Nel complesso è un libro molto piacevole.
In particolare, il delitto è “old school”: un albergo con pochi ospiti (i partecipanti ad una piccola convention per la presentazione di un nuovo libro) nel quale soggiorna anche il nostro investigatore protagonista, personale al di sopra di ogni sospetto, una portafinestra aperta e interrogatori individuali infarciti di pettegolezzi davanti ad una tartina e a un bicchiere di vino. Adorabile!
Solo una cosa mi ha lasciato un senso di insoddisfazione: il libro è ambientato nei primissimi anni Ottanta, anche per esigenze di trama, tuttavia l’autore si è lasciato sfuggire l’occasione per giocare con quei piccoli dettagli dell’epoca che avrebbero aiutato a costruire un’atmosfera più coinvolgente. A metà libro, infatti, è facile scordarsi il carattere vintage del contesto, per poi ritrovarsi a contare gli anni sulle dita nelle ultime pagine. Perché ambientare un racconto negli anni ’80 e poi non menzionare nemmeno un gettone, una carta copiativa, una macchina da scrivere o magari qualche telefonino d’avanguardia? Dove sono le cascate di prosciutto, il vitello tonnato e il roast-beef all’inglese?
Un ultimo piccolo appunto è per il lessico: non mi capita molto spesso, ma per questo libro ho dovuto rispolverare il mio vecchio vocabolario più d’una volta e, lo ammetto, uno o due riferimenti in greco li ho intuiti, più che compresi. Un protagonista colto è una fonte inesauribile di battute argute e argomenti, ma forse l’esagerazione si poteva evitare.
In ogni caso, è un libro che consiglio per una lettura non banale e a tratti molto divertente. In particolare è degno di nota, come spesso nei libri italiani, il ritratto dell’Italia di provincia e delle sue contraddizioni. Un ritratto che i nostri autori, Hans Tuzzi non fa eccezione, dipingono in maniera eccellente e che non mi stanco mai di rimirare.
Il protagonista, il vicequestore Melis, è un uomo tranquillo e molto colto. A fargli da contraltare c'è l’agente Lambiase, decisamente pop, diciamo. Il caso di cui si occupano è l’omicidio, o meglio l’esecuzione, di uno scrittore molto snob sullo sfondo di una Liguria che si prepara alla fine della stagione estiva. Gli alberghi mezzi vuoti, gli anziani turisti tedeschi e il contrasto tra la Liguria di mare e l’entroterra creano la cornice per le indagini di Melis e Lambiase.
Nel complesso è un libro molto piacevole.
In particolare, il delitto è “old school”: un albergo con pochi ospiti (i partecipanti ad una piccola convention per la presentazione di un nuovo libro) nel quale soggiorna anche il nostro investigatore protagonista, personale al di sopra di ogni sospetto, una portafinestra aperta e interrogatori individuali infarciti di pettegolezzi davanti ad una tartina e a un bicchiere di vino. Adorabile!
Solo una cosa mi ha lasciato un senso di insoddisfazione: il libro è ambientato nei primissimi anni Ottanta, anche per esigenze di trama, tuttavia l’autore si è lasciato sfuggire l’occasione per giocare con quei piccoli dettagli dell’epoca che avrebbero aiutato a costruire un’atmosfera più coinvolgente. A metà libro, infatti, è facile scordarsi il carattere vintage del contesto, per poi ritrovarsi a contare gli anni sulle dita nelle ultime pagine. Perché ambientare un racconto negli anni ’80 e poi non menzionare nemmeno un gettone, una carta copiativa, una macchina da scrivere o magari qualche telefonino d’avanguardia? Dove sono le cascate di prosciutto, il vitello tonnato e il roast-beef all’inglese?
Un ultimo piccolo appunto è per il lessico: non mi capita molto spesso, ma per questo libro ho dovuto rispolverare il mio vecchio vocabolario più d’una volta e, lo ammetto, uno o due riferimenti in greco li ho intuiti, più che compresi. Un protagonista colto è una fonte inesauribile di battute argute e argomenti, ma forse l’esagerazione si poteva evitare.
In ogni caso, è un libro che consiglio per una lettura non banale e a tratti molto divertente. In particolare è degno di nota, come spesso nei libri italiani, il ritratto dell’Italia di provincia e delle sue contraddizioni. Un ritratto che i nostri autori, Hans Tuzzi non fa eccezione, dipingono in maniera eccellente e che non mi stanco mai di rimirare.
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