Genere: Dark Erotic Romance
Editore: Quixote Edizioni
Pagine: 376
Prezzo: € 4,49 (E-book)
Uscita: 11
Aprile 2018
Traduttore:
Mirta Augusto
Sinossi:
Non mi picchiava
perché pensava che avessi messo gli occhi su sua figlia. Mi picchiava perché
poteva. Perché avevo bisogno della sua casa e del suo cibo, e della sua
cosiddetta cura. Mi picchiava perché sapeva che non mi sarei ribellato. Sono
passato da una famiglia violenta all’altra ed erano tutte uguali: il gusto del
sangue sulla mia lingua, il suono delle ossa rotte nelle mie orecchie.
Era quella la mano di
carte che mi era capitata. Ma quando finalmente sono riuscito a sfuggire da
quel sistema che mi ha lacerato e distrutto, ho dedicato la mia vita a
vendicarmi di coloro che avevano alzato le mani su di me, che mi avevano
sputato addosso, che mi avevano detto che io ero niente.
Ero pronto a
combattere. L’ambiente in cui mi muovevo mi ricordava costantemente chi fossi e
da dove venissi. E l’attività era fiorente.
Poi ho conosciuto
Brea. Lei è stata del tutto inaspettata, come un jolly in un mazzo di carte.
Potevo percepire il suo passato doloroso, ma ho fatto della sua luce il mio
nutrimento. Era la fuga dalle tenebre che mi circondavano. Il mio momento di
libertà.
Poi quel momento è
finito.
E non appena si è
aperta la porta, i miei peggiori incubi erano lì ad aspettarmi. Brea era stata risucchiata
dall’ombra della mia distruzione e alla fine aveva visto il mio lato peggiore.
Marni Mann mi deve una
notte nel letto di Mike Chabot (il prestavolto che ha scelto per Trapper) e un
viaggio in Siberia per congelare i bollenti spiriti. Se non mi accontenta, le
chiedo i danni morali.
Sì, perché certe cose non si fanno. Non si può
eccitare una lettrice fino a farle esplodere le ovaie e poi non pagarle almeno
una notte con un modello super sexy o in alternativa una seduta da uno
psicoanalista.
Esigo di essere risarcita per aver sbavato in
modo indecente sul tablet, per le ore perse con gli occhi sognanti e il sorriso
da ebete mentre dalla scrivania mi occhieggiava il solito mezzo milione di cose
da fare e CHE NON HO FATTO!
E, se proprio volete parlare di cose che non ho
fatto (o almeno non con la frequenza di Brea e Trapper) scendiamo subito in
dettagli piccanti: sexting, sesso telefonico con uno sconosciuto, ginnastica
in verticale e orizzontale, con almeno un paio di posizioni che non conoscevo e
sono certa non siano menzionate nel Kamasutra (Beccata! Quelle le conosco
tutte
).

Oh, non lasciatevi fuorviare dalle mie
chiacchiere su quanto sia stato straordinario assistere ai giri tra le lenzuola
messi in scena da due protagonisti F-A-V-O-L-O-S-I: “A carte scoperte” è più di
un erotico e adesso vi spiego perché proprio io, la lettrice con la puzza sotto
il naso, lo consiglio al cento per cento.
Iniziamo dai protagonisti.
Se vi menzionassi tatuaggi old school con carte
da gioco e simboli che ricoprono braccia e busto? Se aggiungessi al pacchetto
cicatrici sexy e occhi color tempesta? Se mi lasciassi sfuggire un, cito, “uccello
enorme”? Bene, adesso ho la vostra attenzione e riuscite a disegnare anche voi l’immagine
che ho stampata sulla retina da tre giorni, quella del dio del sesso e giocatore
di poker più oscuro di Boston, il tipo perfetto confezionato in un involucro da
badass tanto a suo agio seduto al tavolo verde quanto con una pistola in mano.
Maliziose! Intendo una pistola vera, non sto parlando più del suo pene, anche
se quello meriterebbe una descrizione articolata in almeno cinquanta pagine di
enciclopedia.
Non è finita qui. A fare da contraltare a questo
gran pezzo di strafigo c’è l’eroina migliore di sempre, o almeno per i miei
standard, una che nonostante la vita l’abbia recentemente picchiata fino a
farla sanguinare dolore, non si abbandona nemmeno per un secondo a un oceano di
autocommiserazione, ai pianti da oh-povera-me-martire. Brea è cazzutissima, il
tipo che se vuole una cosa non ci pensa due volte: se lo prende e fanculo quello
che la gente può pensare. La vita è troppo breve per rinunciare a ciò che ci fa
stare bene. E l’idea di stare bene per Brea ha le fattezze di Trapper
Montgomery, compresa la sua “cazzo di V” e il barracuda che ha in mezzo alle
gambe (Gesù, come fa a camminare? Andrebbe studiato. Vorrei studiarlo. Cosa aspetti? Vieni da me, baby!).
Mi sono innamorata di entrambi i protagonisti,
questa è la verità. Se fossi un uomo, entrerei nelle mutande di Brea alla
stessa velocità con cui strapperei i boxer a Trapper.
Perché sono sexy, perché sono degli sporcaccioni
con un linguaggio che ha fatto arrossire perfino me, e perché hanno un cuore ENORME.
Non ho solo riso con loro, infatti, non mi sono
solo sciolta in una pozza di desiderio mentre emettevo gridolini da fangirl,
ma ho anche pianto di commozione. Se non mi credete, chiedete a Bandito, il mio
gatto, che ha osservato la sua umana smoccolare con uno sguardo schifato che
solo chi possiede un felino può intendere.
Il passato di Trapper, il sistema che l’ha
formato, l’attività che è diventata la sua missione di vita ci impongono
riflessioni profonde sull’amore, la dedizione, l’altruismo e la bontà.
Marni Mann mixa in maniera sublime gli aspetti
più superficiali e sensuali della storia con quelli dolorosi, creando un
prodotto equilibrato a cui non manca nulla e che riesce sempre a mantenere la
sua freschezza, pur nei passaggi più difficili da affrontare.
Credetemi, l'autrice è eccezionale, non solo perché ha una
mente perversa e spassosa, ma perché è capace di dipingere l’intero spettro delle
emozioni senza lungaggini, in modo essenziale e onesto. Non ha bisogno di
pagine e pagine di capitoli inutilmente introspettivi per evocare gioie e
dolori, le bastano poche parole, poche battute di un dialogo per colpirvi allo
stomaco, alla gola, al cuore.
Il paradiso in terra per una lettrice stanca
delle schifezze pseudo-psico-filosofiche presenti sul mercato.
Ho adorato ogni frase, amato ogni passaggio
grazie alla forza brutale e a tratti grezza di uno stile che mi ha avvinta,
impedendomi di distrarmi.
E se questo non fosse già abbastanza, lasciatevi
rassicurare sul fatto che la Mann non gioca con il lettore, non lo prende in
giro, gli fa vedere ciò che vuole nei termini che lei impone. Non ha filtri di maniera, non è paracula. Vuole piacere
per ciò che è e per ciò che scrive infischiandosene del politically correct.
Una strategia avventata, ma degna di autori
bravi, sicuri di sé e cazzuti almeno quanto i loro personaggi, o forse di più.
In definitiva, “A carte scoperte” è una
divertente, entusiasmante partita di poker, con tre giocatori al tavolo (voi e
i protagonisti) e un mazziere estremamente furbo.
Siete pronti a rischiare tutto? Io, sì.
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