"AMORE FRA LE RIGHE" ospita oggi un racconto storico di un'altra grande della letteratura romance in Italia.
Non lasciatevi scappare "Ballo in maschera" di Alexandra J. Forrest, un gioiello romantico di ambientazione Risorgimentale!
«Oh, vi prego, basta coi discorsi di
politica e di guerra!»
esclamò Elisa fingendosi imbronciata. «Raccontatemi
qualcosa di piacevole, altrimenti cancellerò dal mio carnet tutti i balli che
vi ho riservato!»
«Soltanto
due ciascuno», si lamentò Oliviero. «Sappiamo bene con quale nome intendete colmare
lo spazio rimasto vuoto.»
«Sareste
dunque gelosi?» domandò lei, guardando
entrambi i propri cavalieri con un aggraziato movimento del capo che fece
ondeggiare i riccioli castani.
«Lo
saremmo, se Nicola di San Severo vi corteggiasse seriamente», replicò Ezio. «Ma mi pare che finora non si sia fatto
avanti.»
Elisa continuò a sorridere, ma inghiottì
amaro. Le piaceva civettare ed essere circondata da adoranti corteggiatori, ma
il suo cuore batteva solo per l’affascinante conte di San Severo e lui, in
effetti, sembrava non ricambiare i suoi sentimenti con la stessa intensità . Il
suo corteggiamento era assai discreto, troppo esitante per scoraggiare i
rivali, e anche se le mandava fiori e piccoli doni non aveva, almeno fino ad
allora, espresso le proprie intenzioni. Represse un sospiro e scrutò ansiosa in
direzione dell’ingresso da cui affluivano alcuni ritardatari, fra i quali però
non c’era Nicola, e si sforzò di celare la delusione.
Il salone era ormai affollato. La serata
danzante sarebbe stata preceduta da un ricco buffet allestito in una sala
adiacente, ma numerosi camerieri in livrea si muovevano fra gli invitati per
offrire rinfreschi, mentre in sottofondo si udivano gli arpeggi dell’orchestra.
Il tono delle conversazioni era sommesso e fra i più giovani avvenivano giochi
di sguardi, rapidi cenni d’intesa. Sorrisi seducenti di fanciulle che un
subitaneo levarsi dei ventagli celava, bastanti tuttavia a inviare silenziosi
messaggi e a farsi notare.
Elisa cominciava a perdere la speranza di
veder apparire Nicola, ma i giovanotti facevano a gara per prenotare balli e
lei ne scriveva i nomi col sorriso sulle labbra, scambiando qualche battuta
come se non avesse altro pensiero al mondo che divertirsi.
«Se il
vostro cavaliere preferito tarderà ancora, rischia di non fare neppure un giro
di valzer con voi»,
dichiarò con una sfumatura di malizia Oliviero.
«Nel carnet
c’è spazio a sufficienza per quando arriverà »,
replicò lei.
«Guardate,
la marchesa è rientrata. Questo significa che non vi sono altri ospiti da
ricevere.»
Era vero, fu costretta ad ammettere Elisa.
Se Violante aveva lasciato lo scalone d’onore voleva dire che nessun altro
sarebbe arrivato. Ma lei non voleva rassegnarsi. Nicola stesso le aveva
assicurato che sarebbe stato presente al ricevimento e dunque, prima o poi,
l’avrebbe visto varcare quella soglia.
Nel frattempo si sarebbe concessa una coppa
di spumante e qualche tartina.
La riunione di gabinetto col Ministro e lo
Stato maggiore era stata più lunga del previsto, ma il suo protrarsi era
giustificato dalla gravità delle decisioni da prendere. Cavour, con un’abile
manovra politica, aveva costretto l’Austria a dichiarare guerra al Piemonte, e
ora Napoleone sarebbe stato costretto a propria volta a rispettare il patto
d’alleanza e a scendere in campo al fianco dell’esercito piemontese. Quando
finalmente, dopo animate discussioni si era raggiunto un accordo, Nicola si era
reso conto di quanto fosse tardi. Tuttavia non intendeva rinunciare al
ricevimento a Palazzo Mazzetti dove era certo lo aspettasse Elisa Serpieri e vi
si era fatto condurre senza passare da casa per cambiarsi. E pazienza se invece
della marsina avrebbe indossato l’uniforme.
Violante Mazzetti stava conversando con
alcuni invitati quando l’ospite ritardatario, nonché più atteso, apparve sulla
soglia del salone. Le danze erano da poco iniziate e numerose coppie volteggiavano,
sorridenti e aggraziate, al suono di un valzer. Il suo dovere di padrona di
casa imponeva che andasse ad accoglierlo perciò, dopo essersi scusata coi
conoscenti, andò incontro a Nicola col più radioso dei sorrisi.
«Benvenuto,
amico mio», lo salutò offrendogli
la mano. «Temevo che stasera ci
avreste privato del piacere della vostra compagnia.»
«Sono
desolato per il ritardo, mia cara, ma sono stato trattenuto da una riunione di
gabinetto al Ministero»,
spiegò il giovane con un sorriso.
«Allora
avrete ancora più voglia di divertirvi. Approfittate del buffet e poi
lanciatevi nelle danze. Le vostre ammiratrici non attendono altro!»
«Avete
visto Elisa?»
Le parve di percepire una sfumatura d’ansia
nel suo tono. «Certamente. Poc’anzi
sfarfallava al braccio di Ezio e Oliviero Castellani. Quei due giovanotti le
ronzano sempre attorno.» Lanciò
una rapida occhiata in giro e fra le coppie impegnate nel ballo, ma non vide
Elisa. «Forse la troverete al buffet, o magari
fuori sulla terrazza. Ora però vi devo lasciare. Mi scusate, vero?»
Nicola le rivolse un cenno e Violante si
dileguò fra gli ospiti. Lui indugiò qualche istante, poi andò a salutare degli
amici e a porgere omaggi alle signore, senza dimenticare di rivolgere garbati
complimenti per la loro eleganza, con la segreta speranza di incontrare Elisa,
alquanto sorpreso che non fosse fra i ballerini che affollavano il centro del
salone. I fratelli Castellani danzavano con altre ragazze, notò con sollievo,
ma dove era finita Elisa?
«Nicola,
finalmente siete arrivato», disse
una voce alle sue spalle.
Si girò sorridendo, chinandosi a sfiorare
con le labbra la mano che Letizia Ristori gli aveva offerto. «Avrei lasciato la riunione prima, se avessi
saputo di essere atteso con tanta ansia da voi.»
«Non da
me, sciocco!» replicò lei dandogli un
colpetto col ventaglio sul braccio. «Mi
riferivo a Elisa.»
«Davvero
mi aspettava?»
«Ma
certo. Siete cieco, per caso?» sibilò
irritata. «Non dovrei dirvelo, ma
Elisa ha perso la testa per voi.»
Il cuore gli prese il volo e l’emozione
trasparì dal suo viso. «Sapete
dov’è adesso?»
«Sulla
terrazza a spargere lacrime per la vostra indifferenza, suppongo.»
«Vi
ringrazio», rispose Nicola
allontanandosi in fretta.
Letizia lo guardò e sospirò, riprendendo a
muovere pigramente il ventaglio.
«Avete
scordato il nostro ballo?»
domandò Armando Diaz offrendole il braccio.
«Come
potrei averlo dimenticato?»
rispose civettuola seguendolo e prendendo posto con lui fra le altre coppie.
La notte era chiara e serena, insolitamente
mite per la stagione.
Appoggiata alla balaustra Elisa rincorreva i
disordinati pensieri che le affollavano la mente e si interrogava sui
misteriosi motivi che tenevano Nicola lontano da lei. Un impegno improrogabile…
o forse un’altra donna. Dopo tutto il conte di San Severo era uno degli scapoli
più ambiti e quasi tutte le ragazze da marito di sua conoscenza lo
consideravano irresistibile. Persino quelle già fidanzate o sul punto di esserlo
lo guardavano adoranti. Competere con tante agguerrite rivali era alquanto
sfibrante e finora la sua strategia per conquistarlo si era rivelata poco
efficace.
«Cosa ci
fa la più bella ragazza della festa tutta sola qua fuori?»
Elisa si voltò di scatto, il cuore in
tumulto. «Nicola, che sorpresa!» esclamò, cercando di apparire disinvolta.
Per fortuna non c’era luce sufficiente perché lui potesse scorgere il rossore
che le era salito al viso.
Lui le si accostò e sorridendo le porse il
braccio. «Volete fare due passi?»
«Volentieri», accettò senza esitare.
«Temo
che i vostri ammiratori resteranno delusi non vedendovi rientrare.»
«Se ne
faranno una ragione»,
replicò Elisa.
«Mi
siete parsa molto pensierosa poco fa, mentre vi osservavo.»
«Lo ero,
in effetti. Mi stavo chiedendo cosa o chi vi impedisse di partecipare alla
serata.»
«Niente
avrebbe potuto trattenermi. A riunione conclusa mi sono precipitato qui senza
passare da casa per cambiarmi, come potete vedere.»
«Avete
preso parte a una riunione al Ministero?»
«Con
Cavour e lo Stato Maggiore al completo.»
«Allora
è vero che ci sarà la guerra. Se ne parlava anche stasera, ma non volevo
crederci.»
«Ormai è
inevitabile», sospirò Nicola. «Non posso entrare in dettagli, ma tutto è
pronto.»
«E voi
partirete presto, immagino.»
«Devo
raggiungere il mio reggimento fra due giorni, a Pinerolo.»
Elisa si sentì girare la testa e non riuscì
a parlare per l’angoscia. Nemmeno si accorse di essersi quasi aggrappata al
braccio di lui con un tremore improvviso. Nicola sarebbe andato in guerra! Un
pensiero sconvolgente che minacciò di travolgerla. Chiuse gli occhi un momento
e cercò dentro di sé la forza di dominare l’emozione. Due giorni… Due giorni
soltanto, pensò con la mente in subbuglio.
Il suo turbamento non passò inosservato. «Vi sentite poco bene? Volete sedervi?»
«Solo
qualche attimo», mormorò lei.
L’accompagnò a una panchina e le sedette
accanto, spiando con ansia il suo bel viso. Le tenne la mano gelida,
carezzandole piano le dita. «Forse
non è il momento giusto per dirvelo, ma vi amo. Sono innamorato di voi da tanto
tempo, ma non avevo il coraggio di farmi avanti. Adesso mi rendo conto d’aver
sbagliato, ma non voglio lasciarvi senza sapere se anche voi mi amate.»
«Oh,
Nicola, certo che vi amo!» esclamò lei con
slancio. « Dovrei essere arrabbiata con voi per avermi lasciata nel dubbio così
a lungo, ma sono troppo felice e vi perdono.»
«Mi
aspetterete?»
«Sono
vostra, Nicola», affermò guardandolo negli occhi. «Vi amo con tutto il cuore e
vi aspetterò.»
«Domani mi
presenterò al vostro tutore per dichiarare le mie intenzioni.»
Elisa
sorrise, sfiorandogli la guancia con una carezza. «Amore mio, sono maggiorenne e
pertanto libera di scegliere l’uomo che sposerò.»
«Lo so,
tuttavia desidero rendere ufficiale la nostra promessa.»
«Come
siete solenne!» esclamò. Cosa aspettava a baciarla? Forse aveva bisogno di un
incoraggiamento, pensò accostando il viso a quello di lui con un tacito, ma
inequivocabile invito.
Nicola
fissò incantato la bocca dischiusa per qualche attimo, poi la imprigionò nella
propria
con passione, forza e tenerezza insieme. Un bacio che era ardore e possesso, ma anche languore e sensualità . Fuoco e miele, con in più l’aroma intenso delle spezie. Morbide come velluto, gentili e prepotenti, la risucchiarono in un vortice di sensazioni, toccandola fin nel profondo, raggiungendo i più remoti recessi della sua anima e avvolgendola in una spirale fiammeggiante che la stordì. Lui prendeva e donava, si ritraeva un poco e ricominciava la lenta,estenuante carezza delle labbra. Non era soltanto un bacio: erano mille e mille baci. Era come essere lambita dalle onde tiepide della risacca, travolta dalla piena di un torrente, trascinata alla deriva nell’oceano e oscillare sull’orlo del cratere di un vulcano in eruzione. Neanche nelle sue fantasie più ardite aveva immaginato che baciare Nicola potesse essere così sconvolgente. Niente l’aveva preparata alla tempesta sensoriale che ribolliva dentro di lei e le procurava le vertigini, risvegliava desideri proibiti…
con passione, forza e tenerezza insieme. Un bacio che era ardore e possesso, ma anche languore e sensualità . Fuoco e miele, con in più l’aroma intenso delle spezie. Morbide come velluto, gentili e prepotenti, la risucchiarono in un vortice di sensazioni, toccandola fin nel profondo, raggiungendo i più remoti recessi della sua anima e avvolgendola in una spirale fiammeggiante che la stordì. Lui prendeva e donava, si ritraeva un poco e ricominciava la lenta,estenuante carezza delle labbra. Non era soltanto un bacio: erano mille e mille baci. Era come essere lambita dalle onde tiepide della risacca, travolta dalla piena di un torrente, trascinata alla deriva nell’oceano e oscillare sull’orlo del cratere di un vulcano in eruzione. Neanche nelle sue fantasie più ardite aveva immaginato che baciare Nicola potesse essere così sconvolgente. Niente l’aveva preparata alla tempesta sensoriale che ribolliva dentro di lei e le procurava le vertigini, risvegliava desideri proibiti…
Aveva la
mente in fiamme, e non soltanto quella, quando infine Nicola interruppe la
fusione delle loro labbra e si scostò. Gli occhi neri di lui ardevano di fuochi
tenebrosi e il suo respiro era affrettato quanto quello di Elisa. Si guardarono
in silenzio, sopraffatti dall’intensità delle emozioni, faticando a ritrovare
una parvenza di calma. La passione che il bacio aveva acceso seguitava ad ardere
e adesso esitavano a toccarsi di nuovo per timore di non poterla dominare. Ma
lo volevano davvero?
«Camminiamo,
volete?» le propose alzandosi. Si sentiva bruciare come di febbre e sperava che
l’aria fresca del giardino placasse il tumulto del suo cuore e dei suoi sensi.
Mai aveva desiderato una donna come desiderava Elisa. Mai aveva sperimentato
una simile torbida sensualità , un amore così struggente e passionale da
compromettere la sua lucidità .
Lei prese
la mano che le porse e, pervasa da uno strano senso d’irrealtà , si avviò al suo
fianco verso la scalinata che dal terrazzo scendeva nel parco.
Imboccarono un sentiero fra i tanti che s’intrecciavano in mezzo a siepi
e aiuole. Qua e là alberi secolari l’ombreggiavano, disegnando ragnatele di
pallida luce sul loro cammino. Pian piano la musica proveniente dal salone si
attenuò fino a smorzarsi del tutto e non si udì altro che il lieve frusciare
della brezza fra i rami. Il pensiero che qualcuno avrebbe cominciato a
interrogarsi sul motivo della loro prolungata assenza s’insinuò nella mente di
Elisa, ma fugace com’era venuto si dileguò. Quella passeggiata al chiaro di
luna era troppo piacevole per lasciarle il tempo di pensare ad altro che non
fosse la vicinanza di lui. Neppure il silenzio sceso fra loro dopo che si erano
baciati poteva turbare la felicità che le faceva battere forte il cuore.
Quando
giunsero in fondo al sentiero, fra gli alberi apparve una piccola ma elegante
costruzione in stile Barocco, a cui i lampioncini cinesi che l’illuminavano
conferivano un tocco esotico.
Elisa alzò
il viso per guardare Nicola. «Non ero mai stata quaggiù. E’ la foresteria,
vero? »
«Sì, non
trovate che sia molto suggestiva?»
«Senza
dubbio», annuì. «Ma perché mi ci avete portata?»
«In realtÃ
non è stato intenzionale… » O
forse sì? «Volevo solo prolungare
la nostra passeggiata. Forse però dovremmo
rientrare. Siamo fuori da parecchio e… »
«Credete
che potremmo entrare?» chiese Elisa, sbirciando curiosa da una delle finestre.
«Immagino
di sì. La porta non è chiusa a chiave… »
«Allora
diamo un’occhiata», propose lei con un sorriso. «Suvvia, fatemi contenta.»
Nicola si
arrese. «Solo per qualche minuto.»
Dentro era
buio.
«Aspettate,
faccio un po’ di luce.» Accese le candele e fece un ampio gesto col braccio. «Non
c’è molto da vedere. Questa è la stanza principale e laggiù ce ne sono altre
due.»
Elisa si
guardò attorno. L’arredamento era essenziale, ma raffinato. Si aggirò per la
stanza, indugiando a osservare i divani rivestiti di stoffe variopinte, i
tavolini intarsiati, poltrone e sgabelli imbottiti. Preziosi tappeti orientali
coprivano il pavimento e, alle pareti, quadri con paesaggi e scene di caccia,
ma anche nudi femminili piuttosto audaci. Il sospetto che la foresteria fosse
destinata a un uso diverso da quello per cui era stata costruita le si affacciò
alla mente, insieme alle chiacchiere che riguardavano la vita sentimentale
della marchesa, che si diceva fosse piuttosto movimentata.
«Mi
mostrate anche le altre stanze?» domandò, girandosi verso il giovane.
«Credo
abbiate visto abbastanza», replicò Nicola. «Andiamo via.»
Elisa non
lo ascoltò e si diresse verso una delle porte, ma lui la raggiunse con un balzo
e le afferrò un braccio per trattenerla. «Per favore, usciamo da qui.»
«Perché vi
turba tanto il pensiero che veda le altre stanze?» chiese facendogli scorrere
un dito sul petto con aria birichina.
Deciso,
lui le bloccò la mano. «Non è posto adatto a una ragazza come voi.»
«Una
ragazza come me? Non sono ingenua come pensate, e vi rammento che mi ci avete
portato voi, sia pure non intenzionalmente. Forse vi siete lasciato guidare dai
vostri desideri. Quelli che cercate di dominare, ma che vi si leggono in viso.
Il bacio che ci siamo scambiati è stato sconvolgente per entrambi. Adesso
vorreste comportarvi da gentiluomo, ma il vostro corpo di tradisce… I vostri
occhi ardono di passione.»
«Basta!»
proruppe lui, ma non la respinse.
Elisa
affilò lo sguardo. «Non è la prima volta che venite qui», affermò. «Anche voi
vi siete lasciato sedurre dalle grazie della marchesa, non è vero?»
«Sì, ho
avuto una breve storia con lei, tempo fa.»
«E i
vostri convegni d’amore avvenivano proprio quaggiù.»
«I nostri
convegni, come li chiamate voi, non avevano niente a che vedere con l’amore. Si
trattava di semplice attrazione fisica.»
Il dito di
Elisa riprese a scorrere fra gli alamari dorati dell’uniforme. «Mentre fra noi
è diverso… »
«Voi siete
la donna che amo e che diventerà mia moglie.»
«E volete
che sia un amore casto e puro fino al matrimonio», dichiarò con tono
provocatorio.
«Di certo
sapete come far perdere la testa a un uomo, Elisa», ribatté esasperato. «La
vostra audacia mi incanta e allo stesso tempo mi irrita, così che non so se
sculacciarvi o strapparvi di dosso quel costoso vestito e fare l’amore con voi.
Forse entrambe le cose, e non necessariamente in quest’ordine.»
«Sciupare
il vestito sarebbe imperdonabile, poiché dopo non potrei tornare nel salone.
Perciò… spogliatemi.» Si girò risoluta, presentandogli una fila di piccoli
bottoni di perla.
Nicola le
posò le mani sulle spalle, lasciate scoperte dall’ampia scollatura, e
l’accarezzò piano. Poi si chinò a baciarle il collo, avvertendo sotto le labbra
le pulsazioni affrettate. Continuò a deporre piccoli baci sulla pelle morbida,
mentre armeggiava coi bottoni e si sentiva come un adolescente. Le dita rese
incerte dall’emozione e dal desiderio che gli vibrava dentro in ondate sempre
più intense, incontrollabili. Quando anche l’ultima perla sgusciò dall’asola, a
Elisa bastò un solo fluido movimento sinuoso perché il vestito si afflosciasse
sul tappeto, seguito a breve dalle sottogonne e dal bustino.
Ormai con
la sola camiciola addosso si girò verso di lui con un sorriso malizioso e
iniziò a slacciare gli alamari della giubba, la fibbia della cintura…
«Quanti
uomini avete spogliato?» chiese lui con voce roca.
«Nessuno,
però imparo in fretta.»
Quando
venne il turno dei pantaloni, Nicola le afferrò le mani. «Lasciate fare a me.»
Non era certo la prima volta che si spogliava davanti a una donna, ma con Elisa
era tutt’altra questione e sentirsi scrutato dal suo sguardo lo mise a disagio.
Ma lei lo abbracciò e il contatto col suo corpo gli fece superare
quell’istante. Cadde anche l’ultima, sottile barriera fra loro e Nicola la
trascinò sul divano, troppo impaziente per raggiungere la stanza da letto.
Assaporò il miele della sua bocca e la dolcezza d’ambrosia dei suoi seni, la
sentì fremere sotto le sue carezze sempre più intime e sensuali, vibrando a
propria volta a quelle di lei. Si specchiò nei suoi occhi color del mare
lucenti di passione e la marea infuocata lo sommerse nel momento in cui la
prese con languida dolcezza, serrandola con forza e tenerezza insieme.
Aggrappata
alle spalle di lui, Elisa si sentì naufragare in un oceano di piacere. Ardere
di un fuoco che divampava dal nucleo del suo essere e si diramava in ogni
singola fibra, in ogni recesso. Era velluto e acciaio, seta e potenza
mascolina, travolgente passione e levità di piuma. Era torbida lussuria e
purezza incontaminata. Sfrenato erotismo e mistica devozione si fondevano in
lui mentre l’amava, la prendeva donandosi senza riserve, lambiva, accarezzava,
sfiorava ogni parte del suo corpo, la sentiva schiudersi e offrirsi in un
crescendo di tensione emotiva e carnale così esaltante da rischiare di fargli
perdere il controllo. Si fermò, trattenendosi dentro di lei qualche istante per
assaporare le squisite sensazioni che gli procurava la sua carne rovente. Una
guaina che gli aderiva, avvolgente e morbida, infliggendogli stilettate di pura
delizia che lo eccitarono e lo spronarono a muoversi di nuovo.
Elisa
inarcò i fianchi, lo strinse con forza e gli morse la spalla. Lui reagì con un
affondo che le mozzò il respiro e la portò sull’orlo dell’estasi. Poi si
ritrasse con estenuante lentezza e la baciò sulla bocca, sulla gola palpitante
e infine scese sui seni, carezzandoli con le labbra, lambendone i boccioli turgidi
fino a farla gemere e spasimare. Si strinse a lui mentre entrava e usciva con
ritmo accelerato e quasi frenetico, lasciandosi trasportare ai margini
dell’universo dove si librarono insieme in un’estasi sublime e travolgente.
Giacevano
abbracciati sul divano quando un’improvvisa serie di esplosioni e luci
multicolori li fece trasalire.
«Cosa
succede?» chiese Elisa balzando a sedere.
«Fuochi
d’artificio, amore. Il clou della serata.»
«Allora è
molto tardi. Santo cielo, lo zio mi starà cercando!»
«Tranquilla,
saranno tutti occupati ad ammirare lo spettacolo e non si accorgeranno della
nostra assenza.»
Elisa
tornò a rifugiarsi fra le sue braccia con un sospiro. Quello che era accaduto
fra loro l’aveva trasformata e non sarebbe stata mai più la stessa, meditò con
un sorriso, lasciandosi pervadere dalla nuova consapevolezza della femminilitÃ
completa che l’intimo congiungimento aveva fatto sbocciare.
«Perché
quell’aria sognante?» domandò Nicola che l’osservava da un po’.
«Sono felice»,
mormorò lei stiracchiandosi.
«Lo sono
anch’io, ma temo sia ora di andare. Non vorrei che qualcuno troppo zelante si sentisse
in dovere di cercarci.»
Si
rivestirono in silenzio e prima di uscire Nicola spense le candele. Dalla
soglia, Elisa guardò ancora una volta la stanza e quando lui la raggiunse gli
insinuò la mano sottobraccio e lo strinse, levando lo sguardo verso il cielo in
cui si aprivano fiori multicolori e sgargianti, mentre gli scoppi si
susseguivano a raffica e infrangevano la quiete notturna. La brezza portò fino
a loro l’odore della polvere pirica. Forse lo stesso che permeava l’aria sui
campi di battaglia.
D’un
tratto i fuochi d’artificio persero tutto il loro fascino.
«Portami
via di qui», implorò Elisa. «Questo frastuono è assordante.»
Nicola capì
e la prese fra le braccia. «Non avere paura, amore», la rassicurò posando il
capo sui suoi riccioli. «Prometto che non correrò alcun rischio e che tornerò
sano e salvo.»
«Elisa?»
Il tono interrogativo di una voce familiare e la figura maschile emersa
dall’ombra di un sentiero li indusse a separarsi. L’uomo scrutò l’ufficiale in
compagnia della nipote. «Siete voi, Nicola?»
«Sì,
barone Serpieri.»
«Zio,
siete venuto fin quaggiù a cercarmi?»
«Non riuscivo
a trovarti ed ero preoccupato… » S’interruppe e sorrise. «Ma senza motivo,
vedo.»
«Scusate
se vi ho causato apprensione, zio caro», lo blandì la giovane. «Volevamo
ammirare il parco al chiaro di luna e ci siamo attardati.»
«E poi
sono iniziati i fuochi», intervenne Nicola.
«Dalla
terrazza avreste avuto una visuale migliore», osservò il barone.
L’ultimo
fiore di luce variegata esplose nel cielo e si estinse con una pioggia di
scintille, seguito dal silenzio.
«Vi devo
lasciare», disse Elisa. «Grazie per avermi fatto compagnia, Nicola.»
«E’ stato
un piacere», replicò lui nel baciarle la mano.
La frase
si prestava a un doppio senso che la fece sorridere. «Anche per me», sussurrò.
«Vi aspetto domani pomeriggio per il tè», aggiunse.
«Non
mancherò.»
Elisa si
ritirò nella sala da lettura per ingannare il tempo nell’attesa che arrivasse
l’ora del tè, mentre lo zio si concedeva il suo solito pisolino. Presto però si
rese conto di essere troppo nervosa per dedicare al libro l’attenzione che
meritava e lasciò vagare lo sguardo sullo scorcio di giardino che intravedeva
dalla finestra dilavata dalla pioggia. Fino a quel momento era riuscita a
relegare in un angolo ogni pensiero su Nicola. Persino a tavola, quando lo zio
le aveva rivolto qualche cauta domanda, si era comportata in modo disinvolto e
senza arrossire. Lo zio aveva indagato per conoscere il motivo dell’invito
pomeridiano e lei glielo aveva lasciato intuire, evitando però di entrare nei
dettagli. Lui non aveva mancato di osservare che Nicola di San Severo era un
ottimo partito e non apparteneva alla categoria dei cacciatori di dote che le
ronzavano attorno, ma puntualizzò che aveva scelto il momento meno opportuno
per dichiararsi, poiché doveva partire per la guerra e vi era il rischio che
rimanesse lontano a lungo, ma la separazione avrebbe messo alla prova i loro
sentimenti.
A quel
punto Elisa aveva preferito cambiare argomento.
Tuttavia,
adesso che era sola, non poté impedirsi di ricordare gli istanti di intensa,
turbinosa passione vissuti nella foresteria. Col libro abbandonato sulle
ginocchia lasciò che le immagini le invadessero la mente e per meglio metterle
a fuoco chiuse gli occhi. Col tamburellare della pioggia che faceva da
sottofondo sentì di nuovo il calore dei suoi baci, il tocco delle sue mani che
sfioravano, accarezzavano, esploravano… Con un fremito di desiderio lo sentì
dentro di sé, amorevole e tenero, famelico e rapace. Tutto sembrò fermarsi,
sospeso e immobile, oscillante sull’orlo di un vertiginoso precipizio sul quale
si librò un attimo prima di lasciarsi cadere a volo d’angelo e si sentì
bruciare, spasimare per la smania di provare ancora le stesse sensazioni. Un
fuoco che le incendiò i sensi e la fece gemere di frustrazione.
Un leggero
ma insistente bussare alla porta la riportò bruscamente alla realtà .
«Avanti»,
disse.
Si affacciò il maggiordomo. «Il conte di San
Severo è arrivato, signorina», l’avvisò.
Elisa
s’alzò di scatto e il libro cadde sul tappeto. «Informate il barone, per
favore, e accompagnate il conte in salotto.» Poi raccolse il volume e lo posò
sul tavolo. Col batticuore lisciò la gonna e sistemò i riccioli, trasse un gran
respiro e uscì. Mentre attraversava l’ampio vestibolo, diretta verso il
salotto, il pendolo suonò le cinque.
Ferma
sulla soglia indugiò a guardare Nicola che le dava le spalle e le parve che il
pavimento le tremasse sotto i piedi. Ma era lei che stava tremando. Lei che
sentiva le ginocchia molli come cera calda alla vista dell’uomo che amava, così
alto, atletico ed elegante nell’abito da pomeriggio da sconvolgerla fin nel
profondo.
«Nicola… »
Lui si
girò e un sorriso gli illuminò il volto. «Elisa… » Le mosse incontro per
prenderle le mani e baciarne i palmi. «E’ una tale gioia rivedervi», mormorò,
alzando gli occhi per guardarla in un modo che le fece girare la testa. «Ho
pensato a voi tutta la notte», aggiunse.
Avvolta
dal suo sguardo carezzevole e dalla sua vicinanza, Elisa venne quasi
sopraffatta dalla vertigine. «Mio zio ci raggiungerà a momenti», dichiarò
gettando una rapida occhiata al vestibolo.
«Conosce
già la ragione della mia visita?»
«Gli ho
accennato qualcosa durante il pranzo.»
«Vi è
parso favorevole?»
«Il fatto
che siate ricco e non abbiate mire sulla mia dote fa di voi il candidato
perfetto alla la mia mano, dal suo punto di vista. Non è incline ai
sentimentalismi, ma credo sia contento di sapere che ci amiamo.»
La
comparsa del barone sulla soglia indusse Nicola a ritrarsi da lei.
«Sono
lieto di vedervi, conte», disse Serpieri con un sorriso cordiale. Poi si
rivolse alla nipote. « Elisa cara, vorresti essere così gentile da lasciarci
soli qualche minuto? »
«Certo,
zio», rispose con un’aggraziata riverenza. «Col vostro permesso, Nicola.»
Ricevuto un cenno dal giovane, si avviò alla porta e uscì.
Che
detestabile consuetudine, pensò rifugiandosi nell’adiacente salotto da
musica, come se ciò che debbono dirsi non riguardasse anche me! Per non
essere tentata di origliare, sedette al pianoforte e fece scorrere le dita sui
tasti. Era da un po’ che non si esercitava, sospirò iniziando una sonata e
abbandonandosi alla melodia.
Le note,
sebbene smorzate, vennero udite anche dai due uomini e il barone sorrise.
«Elisa è
al pianoforte», spiegò. «La musica è da sempre una delle sue grandi passioni,
anche se da qualche tempo al vertice dei suoi interessi ci siete voi. Mi
permettete di parlare liberamente?»
«Prego,
barone.»
«La vostra
dichiarazione alla vigilia della partenza per la guerra mi ha colto di
sorpresa, lo confesso. Cos’è che vi ha spinto a decidervi?»
«Il timore
di perdere Elisa, signore. L’amo con tutto il cuore e non voglio che sposi
qualcun altro mentre sarò lontano.»
«Dunque
pensate che la guerra durerà a lungo.»
« Potrebbe»,
annuì Nicola. «E come tutti i conflitti potrebbe riservare delle incognite.»
«E la
vostra famiglia cosa come giudica la decisione di fidanzarvi?»
«Mio
padre, come sapete, è morto durante i moti del ’48 e sono vissuto sotto la
tutela di mia madre e di tre zie da sposare finché ho raggiunto l’età per
andare all’accademia militare. Conoscono i miei sentimenti per Elisa e li approvano.
La notizia le ha rese felici.»
«Voi mi
piacete, Nicola. Fra tutti i corteggiatori di mia nipote siete il più serio e
assennato. A mio parere possedete i requisiti necessari per essere un buon
marito, tuttavia non vorrei che la vostra decisione fosse stata resa affrettata
dall’imminente partenza.»
«Al
contrario, signore», sorrise il giovane. «Vi assicuro che è stata lungamente
ponderata.»
«Quindi
ritenete che non vi saranno ripensamenti, in futuro.»
«Assolutamente
no, signore. Sarei pronto a sposare Elisa oggi stesso.»
«Questo sì
che sarebbe precipitoso», osservò il barone. «E ora vorrei sentire la vostra
opinione riguardo alla guerra che ci accingiamo ad affrontare e che, come avete
affermato poc’anzi, si prefigura lunga e dall’esito incerto. Molti ritengono
che sia una follia sfidare l’Austria. Il Quadrilatero Austriaco formato da
Mantova, Verona, Legnago e Peschiera presenta oggettive difficoltà a essere
espugnato. Alcuni non si fidano dell’alleanza con la Francia. Come la giudicate
voi, questa scelta di Cavour?»
«Molto
opportuna, barone. Il Piemonte, con le sue sole forze, non potrebbe affrontare
un nemico ben organizzato e forte come l’esercito austriaco e sperare di
vincere. Se Napoleone metterà in campo l’armata che ha promesso, faremo degli
austriaci carne da macello.»
«Allora
siete sicuro che vinceremo.»
«Non nutro
alcun dubbio, al riguardo.»
«Pertanto,
suppongo che non avrete da eccepire neppure sulla decisione di affidare a
ufficiali non piemontesi il comando di alcune divisioni. Siete al corrente che
la vecchia guardia sabauda lo giudica offensivo?»
«Sì,
barone. Tuttavia ciò si è reso necessario per affermare il carattere “italiano”
della guerra. Combatteremo per creare una nazione e ciò deve essere chiaro a
tutti. Gli ufficiali di cui parlate sono esperti e la guardia sabauda dovrebbe
sentirsi onorata di battersi al loro fianco.»
«Personalmente
non approvo i maneggi di Cavour, malgrado la stima e il rispetto che nutro per
lui. Sono dell’opinione che avremmo potuto raggiungere un accettabile accordo
con l’Austria se solo ci si fosse presi il disturbo di avviare un negoziato.»
«Un
accordo non sarebbe servito a cacciare gli austriaci dal nostro Paese, signore.
La diplomazia ha fallito ed è ora di lasciar parlare le armi.»
«Siete un
autentico patriota, conte, e non posso che congratularmi per la vostra
dedizione alla causa della libertà . Consentitemi di dirvi, però, che potremmo
andare incontro a un’altra cocente delusione.»
«Questa volta non si tratta di un attacco mal
diretto e disorganizzato come avvenne dieci anni fa. Oggi abbiamo il sostegno
della Francia e dell’intera penisola, più l’apporto del generale Garibaldi e
dei suoi fucilieri delle Alpi.»
«Il vostro
ardore combattivo è ammirevole», sorrise il barone. «La vostra famiglia sarÃ
fiera di voi.»
«I San
Severo servono sotto lo stendardo sabaudo da secoli e si sono sempre fatti onore.
Cercherò di esserne degno.»
Serpieri
sorrise. «Lo sarete certamente», assentì. «E io sono felice e onorato di
accordarvi la mano di mia nipote. Purtroppo le circostanze non consentono di
dare l’annuncio ufficiale del vostro fidanzamento, ma lo faremo a tempo debito.»
«Sì, signore»,
sorrise il giovane. «Grazie, signore.»
Il barone
si alzò per suonare il campanello e pochi istanti dopo si presentò il
maggiordomo.
«Potete
servire il tè, Orazio. E, già che ci siete, avvertite la signorina Elisa che
può smettere di tormentare il pianoforte e raggiungerci.»
Uscito il
maggiordomo, il barone si rivolse al giovane. «Che ne dite di trattenervi a
cena?»
«Sarà un
piacere, signore.»
«Benissimo.
Sono certo che anche mia nipote sarà contenta.»
«Di cosa
dovrei essere contenta, zio?» chiese Elisa dalla soglia.
«Ah,
eccoti qua, cara.» Serpieri tese la mano e lei si avvicinò. «Ho invitato il tuo
fidanzato a cena. Stapperemo una bottiglia di spumante e brinderemo al vostro
futuro.» Li guardò entrambi con affetto. «Che Dio vi benedica, figlioli», aggiunse.
Quello che
accadde quella sera, durante la cena e dopo, quando fu stappato lo spumante e
brindarono, a Elisa parve tutto un sogno e il senso d’irrealtà fu accentuato dalla consapevolezza che da lì a poco si sarebbero detti addio. Le sue mani erano gelide e nei suoi occhi luccicavano lacrime a stento trattenute, mentre Nicola parlava e la sua voce le giungeva smorzata, come provenisse da un’immensa distanza. Lo zio disse qualcosa e lei guardò le sue labbra muoversi senza comprendere ciò che diceva.
brindarono, a Elisa parve tutto un sogno e il senso d’irrealtà fu accentuato dalla consapevolezza che da lì a poco si sarebbero detti addio. Le sue mani erano gelide e nei suoi occhi luccicavano lacrime a stento trattenute, mentre Nicola parlava e la sua voce le giungeva smorzata, come provenisse da un’immensa distanza. Lo zio disse qualcosa e lei guardò le sue labbra muoversi senza comprendere ciò che diceva.
«Elisa?
Sei con noi, cara?»
Si riprese
e con uno sforzo sorrise. «Scusate, zio. Temo che lo spumante mi sia andato
alla testa.» Posò il calice con mano tremante.
«Confesso
che sono un po’ stordito anch’io», minimizzò il barone.
I rintocchi
del pendolo echeggiarono nella sala, ricordando a Nicola che era tempo di
accomiatarsi.
«Purtroppo,
adesso devo andare.»
Salutò
Serpieri, che non si dilungò in troppi convenevoli e, dopo avergli augurato
buona fortuna, esortò Elisa ad accompagnarlo.
Aveva
smesso di piovere, ma l’aria era piuttosto fresca e umida, perciò i due giovani
si trattennero nella loggia che si affacciava sul giardino. Elisa rabbrividì
malgrado lo scialle di lana e rimase in silenzio, perché non era sicura di
riuscire a trattenere le lacrime. Nicola l’abbracciò e lei, travolta
dall’intensità dei propri sentimenti, gli si aggrappò per trarre da lui la
forza di sopportare quel distacco straziante.
«Non
partire!» proruppe infine con voce incrinata.
«Amore,
sai che non posso. Sono un ufficiale e devo fare il mio dovere», rispose, pur
con la morte nel cuore. La baciò con passione, mozzandole il respiro. «Non mi
dimenticare», le alitò sulle labbra.
« Penserò
a te ogni interminabile giorno. Conterò ogni minuto, ogni ora… Oh, ti amo così
tanto!»
La
carrozza lo aspettava e Nicola non poteva attardarsi ancora, benché lo
desiderasse. Le diede un ultimo bacio e si sciolse dall’abbraccio per
raggiungere il veicolo e salire. Dal finestrino le fece un cenno e poi il cocchiere
incitò i cavalli, che partirono al trotto.
Elisa
guardò la carrozza allontanarsi sul viale poi, ormai accecata dalle lacrime,
raccolse la gonna e si precipitò in casa.
Due anni dopo…
«Hai deciso quale costume indosserai per il ballo in
maschera a Palazzo Mazzetti?» chiese Letizia.
«No, perché
non intenzione di venire», replicò Elisa.
«Suvvia,
tesoro, non puoi isolarti dal mondo per il resto della tua vita! Sono passati
mesi da quando tu e Nicola avete rotto il fidanzamento e da allora hai fatto
l’eremita, rifiutando ogni invito. Niente balli, opera, battute di caccia…
manca solo che ti faccia monaca e il quadro è completo!»
«Ti
rammento che è stato Nicola a rompere il fidanzamento», precisò Elisa con
acredine. «Conservo ancora la lettera nella quale mi comunica la sua decisione.
Poche righe stringate e raggelanti. Non una parola di rimpianto, di
spiegazione, di scusa… Solo un freddo e distaccato annuncio. Mi ha trattato
come se fossi un’estranea.»
«Un motivo
in più per dimenticarlo. Chiudi col passato e guarda avanti. So che sei delusa
e ferita, ma seguitare a tormentarti non cambierà le cose.»
«Mi ha
spezzato il cuore, Letizia», sospirò Elisa. «Sai, quando sono andata a cercarlo
si è persino fatto negare. Ha rifiutato di vedermi, capisci?»
«Ti sei
recata a Palazzo San Severo?»
«Certo, e
avevo la sua lettera con me. Volevo affrontarlo, costringerlo a dirmi in faccia
che non intendeva mantenere la sua promessa, che mi aveva mentito nel farmi
credere d’amarmi… Ma si è comportato da vigliacco!»
«Ascolta,
un uomo che si è guadagnato sul campo una medaglia al valore non può essere
giudicato un vile solo perché gli è mancato il coraggio di vederti. In fondo
deve sentirsi in colpa per averti fatto del male.»
«Oh, la
medaglia, certo. Questo spiega tutto. L’eroe circonfuso di gloria non mi ha più
considerata degna di diventare sua moglie!»
«Sei
davvero furiosa, mia cara.»
«Perché tu
non lo saresti, al mio posto?»
«Probabilmente sì», ammise Letizia. «Però non mi comporterei come te.
Posso darti un consiglio da amica?»
«Ti
ascolto.»
«Accetta
l’invito al ballo, invece di crogiolarti nel tuo dolore. Indossa un costume
favoloso che faccia girare la testa a tutti gli scapoli di Torino e fagli
vedere che di lui non ti importa più niente… Oppure cerca di sedurlo.»
Elisa
affilò lo sguardo. «Mi stai dicendo che Nicola sarà al ballo?»
«Proprio
così, tesoro. Violante in persona me lo ha confermato.»
«Allora ci
sarò anch’io. Oggi stesso andrò all’atelier di Madame Rosette per ordinarle il
costume. Voglio essere sfavillante!»
«Così mi
piaci», approvò Letizia. «Combattiva e determinata, adesso ti riconosco.»
Palazzo
Mazzetti di Rossana, 14 febbraio 1861.
L’abito che la sartoria più celebre di Torino aveva
creato per lei era una nuvola di mussola color acquamarina, quasi trasparente e
molto scollato, con la vita segnata alta da un nastro di raso che sottolineava
i seni esuberanti, fatto apposta per disegnarsi sulla figura e metterne in
risalto le curve armoniose. Era accompagnato da un mantello di velluto verde
sottobosco e da lunghi guanti di seta color crema, scarpine in tinta e calze
color carne. I capelli raccolti alla sommità del capo ricadevano in riccioli
lucenti e sulla fronte portava un piccolo diadema di brillanti appartenuto a
sua madre. Alle orecchie preziosi pendenti di perle e brillanti.
Quando era
apparsa in cima allo scalone suo zio era rimasto folgorato dalla sua bellezza e
anche un po’ scandalizzato dall’audacia del costume, ma la gioia di vederla di
nuovo sorridere aveva preso il sopravvento e si era mostrato orgoglioso di farle
da cavaliere.
Solo
mentre la carrozza attraversava le vie della città ancora innevate le espresse
il proprio timore che potesse prendere freddo.
«State
tranquillo, zio, non mi ammalerò», lo rassicurò Elisa con un sorriso.
«Sono
contento della tua decisione di partecipare al ballo. Ci sarà tutta la Torino
che conta, questa sera, e pare che anche il Principe di Piemonte ci onorerÃ
della sua presenza. Una serata importante che si inserisce nelle celebrazioni
per l’unità d’Italia.»
«Un’occasione
davvero speciale», osservò la giovane.
«Puoi ben
dirlo, cara.» Si protese a sfiorarle la mano. «E io sarò l’uomo più invidiato
della festa.»
«Vi voglio
bene, zio. Siete stato paziente in modo ammirevole nei mesi passati,
sopportando il mio malumore e le mie bizze. Davvero non so come ci siate
riuscito.»
«Non
parliamone più, d’accordo? La miglior ricompensa, per me, è vederti di nuovo
felice.»
Elisa si
limitò ad annuire, pensando che felice non sarebbe mai più stata senza Nicola, ma
il ballo in maschera avrebbe rappresentato una svolta, segnando la chiusura
definitiva col passato e aprendo nuovi orizzonti tutti da esplorare.
Violante
Mazzetti, splendente in un abito rinascimentale blu pavone e con una maschera
adorna di piume d’aigrette, accoglieva gli ospiti ai piedi dello scalone
d’onore fastosamente illuminato e decorato di bandiere con lo stemma sabaudo e
tricolori. Domestici in livrea di gala erano ai lati della porta spalancata
dalla quale affluivano gli invitati tutti rigorosamente in costume e col viso
coperto da maschere. Più sobrie quelle degli uomini, spesso stravaganti quelle
delle signore e signorine. Gioielli, piumaggi, abiti sontuosi ispirati a quasi
ogni periodo storico, qualche mantello nero di foggia veneziana, ma erano i
colori ad avere il predominio.
All’apparire di Elisa al braccio dello zio, Violante sorrise e le
riservò un abbraccio.
«Mia cara,
sono veramente felice di rivederti. Ma lascia che ti guardi… Sei un incanto!
Barone, state attento o qualche giovanotto ve la ruberà sotto gli occhi!»
Elisa
mormorò un ringraziamento e al fianco dello zio si accodò ai gruppi che
salivano. C’era un brusio sommesso nell’aria, mescolato agli accordi
dell’orchestra, e lo sfavillio delle luci era quasi abbagliante.
Tutta
l’élite di Torino si era data convegno a Palazzo Mazzetti per celebrare il
Carnevale e festeggiare un evento senza precedenti: la nascita della nazione
italiana. Non senza controversie, ma nella convinzione che pur avendo ancora
molta strada da fare il percorso era tracciato e che l’unità a cui avevano
aspirato tanti, se non tutti, almeno nominalmente era stata realizzata. Che il
sogno era diventato realtà .
Si
respirava nell’atmosfera gioiosa lo spirito patriottico che traghettava
l’Italia in una nuova Era e che la poneva al centro dell’Europa, collocandola
fra le grandi potenze; non più sottomessa e soggiogata, ma in posizione
preminente.
Mentre
attraversava i saloni affollati, Elisa percepì con intensità il sentimento
d’unione che pervadeva i presenti. Anche dietro le maschere che rendevano
difficile identificarne i volti si indovinava la consapevolezza del
cambiamento.
«E’ tutto
così eccitante!» esclamò guardandosi attorno estasiata. Poi Letizia le andò
incontro al braccio di Armando Diaz, col quale si era da poco fidanzata, e dopo
uno scambio di convenevoli le due amiche lasciarono i rispettivi accompagnatori
per scambiare qualche parola da sole.
«Sei al centro
dell’attenzione, mia cara», sussurrò Letizia. «Questo costume è quasi scandaloso,
ma ti sta a meraviglia.» Ridacchiò dietro il ventaglio. «Guardali, ti si
divorano con gli occhi. Ballerai tutta la notte, ci scommetto.»
«Anche il
tuo costume è bellissimo. Il rosso fiamma ti dona.»
«Armando
lo trovava sconveniente, finché non ha visto il tuo!»
Furono
raggiunte da altre amiche, ansiose di salutare Elisa, e si formò un gruppetto
allegro e pettegolo. Fra le chiacchiere e qualche coppa di spumante, venne
l’ora di accedere al buffet e le ragazze sciamarono tutte insieme nel salone
dove era stato allestito.
Qualcuno
mise in mano a Elisa un piattino di tartine e lei si accorse in quel momento di
essere rimasta isolata dalle altre. Il buffet si stava riempiendo, ma anche in
mezzo alla confusione riconobbe Nicola. Indossava un ampio mantello nero e
un’impersonale maschera veneziana, ma era inconfondibile e il suo cuore
cominciò a sfarfallare.
Anche lui
la notò. Attraverso le fessure della maschera bianca i suoi occhi si posarono
su Elisa con intensità bruciante. Li sentì scorrere sulla pelle, scivolarle
addosso e soffermarsi sulla generosa scollatura. Lo ricambiò con aria di sfida,
poi gli andò incontro disinvolta e sorridente.
«Gradite
una tartina al salmone, conte?» chiese offrendogli il piattino.
«No,
grazie», le rispose in tono neutro.
«Peccato.
Sono davvero deliziose.»
«Non ne
dubito, ma temo di non avere appetito. Ora, col vostro permesso… »
«Spiacente,
ma non avete il mio permesso», dichiarò Elisa, approfittando del passaggio di
un cameriere per restituire le tartine. «Dobbiamo parlare», aggiunse.
«Non
abbiamo niente da dirci.»
«Invece
sì. Volete che faccia una scenata davanti a tutti?» sibilò, consapevole
dell’attenzione dei presenti.
«Buon Dio,
Elisa, cosa vi prende?» replicò afferrandola per un braccio e traendola in
disparte.
«Voglio
delle spiegazioni. Ho il diritto di conoscere la verità », affermò ostinata.
«D’accordo», sospirò lui. «Dietro quelle specchiere c’è un salottino.
Aspettatemi lì. Vi raggiungerò fra un momento.»
«Non
avrete la possibilità di defilarvi. Non questa volta», ribatté indicando la
porta dissimulata dagli specchi.
Esasperato
ma ormai certo di non avere scelta, Nicola entrò con lei nel salottino intimo e
accogliente, generalmente adibito a incontri galanti e clandestini.
In piedi
l’uno di fronte all’altro si misurarono, in un silenzio glaciale, come
lottatori prima di uno scontro.
«Siate
gentile, togliete la maschera», lo invitò Elisa.
«Solo se
voi farete altrettanto.»
Lei
sciolse i nastri di seta che trattenevano la maschera, poi la gettò su un
canapè. Nicola spostò la larva bianca indietro sul capo, rivelando il volto
solcato da una cicatrice, e sentì distintamente l’esclamazione soffocata di
Elisa.
«Orribile
vero? E’ stata la sciabola di un austriaco.»
«Oh,
Nicola!» gemette Elisa, assalita da un improvviso rimorso.
Lui
sorrise e la cicatrice gli alterò i lineamenti. «Volevate la verità ? Ebbene,
adesso la conoscerete tutta.» Sollevò il mantello sulla spalla destra,
mostrando il braccio inerte. «L’austriaco non mi ha solo deturpato la faccia,
ma ha leso i legamenti e i muscoli, togliendomi l’uso dell’arto. Mi considero
fortunato, perché una ferita del genere mi sarebbe potuta costare l’amputazione.
Invece mi ha reso soltanto invalido.» Il suo sguardo traboccava di amarezza e
dolore. «Siete soddisfatta?»
«Per questo
avete rotto il fidanzamento?»
«L’uomo di
cui vi siete innamorata non esiste più. Sarebbe stato egoistico da parte mia
costringervi a sposare il relitto umano che sono diventato. Non avrei potuto
sopportare la vostra pietà .»
«Così mi
avete messa da parte senza curarvi di ferire i miei sentimenti. Mi avete
liquidata come una serva o una donnaccia solo per preservare il vostro stupido
orgoglio maschile. Questo sì che è stato egoistico, oltre che idiota. Dovete
avere una ben misera opinione di me per pensare che il mio amore fosse tanto
superficiale e futile. Che vi avrei amato di meno o addirittura avrei smesso di
amarvi solo perché adesso vi credete poco attraente! Come avete osato?» Era
talmente furiosa che si lanciò su di lui per tempestargli di pugni il petto
finché la sua mano non le imprigionò i polsi. «Siete un mostro senza cuore. Un
vanesio, un… »
«Non vi fa
orrore la mia faccia sfigurata?» le chiese interrompendo il profluvio di
parole.
Elisa
affondò gli occhi in quelli di lui, oscuri come pozzi d’ossidiana. «No, e se mi
liberate ve lo dimostro.» La lasciò e le mani salirono ad accarezzargli il
viso, sfiorando piano la cicatrice. «Vi fa male?» sussurrò.
«No, ora
non più. Mi procura soltanto un leggero fastidio.» Le dita seguirono la linea
della mascella e accarezzarono le labbra, poi il mento e il collo fino a
raggiungere la spalla lesa e scendere lungo il braccio per intrecciarle alle
sue.
«Puoi
sentire il mio tocco?»
«Non è del
tutto insensibile», rispose Nicola con un lieve tremito.
«Bene.
Puoi respirare, parlare, hai ancora un braccio sano col quale stringermi…
Labbra con cui baciarmi. Non vuoi farlo, amore?»
«Elisa,
io… »
«Baciami,
Nicola. Se mi ami come io ti amo, baciami.»
I
sentimenti troppo a lungo repressi presero il sopravvento e con un gemito di
resa le catturò la bocca in un bacio appassionato, interminabile e travolgente.
Quando si
separarono avevano entrambi gli occhi lucidi d’emozione.
Elisa gli
prese la mano inferma e se la posò sulla guancia, assaporandone il ruvido
contatto. «Io guarirò tutte le tue ferite, Nicola. Quelle del corpo e quelle
dell’anima.»
«Lo so.
Perdonami se ho dubitato del tuo amore.»
«Vieni,
andiamo dallo zio a dargli la bella notizia.» Gli abbassò la maschera sul viso,
ma lui la tolse.
«Non ne ho
più bisogno, adesso. Lascerò che tutti vedano la mia cicatrice e ne sarò fiero.»
Le offrì il braccio. «Sono pronto ad affrontare il mondo intero con te al mio
fianco.»
L'autrice:
Alexandra J. Forrest è lo pseudonimo di Angela Pesce Fassio, nata ad Asti, dove risiede ormai da parecchi anni dopo un lungo periodo vissuto nella residenza di campagna. Ricercatrice storica, cultrice di Filosofie Orientali, ama leggere ogni genere di narrativa, ma anche saggi di Storia. Dipinge, disegna e apprezza la buona musica. È un’autrice versatile e prolifica, come dimostra la serie di romanzi d’ambientazione e di genere diverso che ha scritto nel corso della sua lunga carriera. Spazia dalla Fantascienza al Fantasy, dal romanzo storico al Romance, per approdare al thriller a tema storico-religioso. Mistero, avventura, amore, sono i suoi soggetti preferiti.
Come Alexandra J. Forrest ha firmato una notevole serie di Romanzi Rosa, editi in parte dalla Editrice Nord nella Collana Romantica, i più recenti da Harlequin Mondadori.
Con lo pseudonimo di Emma Seymour ha pubblicato nel 2008, ancora per l’Editrice Nord (Gruppo Longanesi) il romanzo: La Croce di Bisanzio, i cui diritti sono stati acquistati, per la Germania, da Blanvalet.
L’autrice, benché abbia intenzione di scrivere ancora Romance e continuare la proficua collaborazione con Harlequin Mondadori, ha molti progetti per il futuro, fra cui un romanzo per ragazzi.
Visita il sito dell'autrice:
Ti è piaciuto il racconto di Alexandra J. Forrest?
Lascia qui un tuo commento per farci sapere cosa ne pensi!
Potete trovare qui i racconti di "Amore fra le righe 2013"
racconto piacevole e ben scritto. in aluni punti l'ho trovato un pò prolisso ed ho perso x un attimo lo scorrere della storia, che non è proprio originalissima. d'altro canto credo che ormai sia stato scritto tutto ed il contrario di tutto, (e questa è solo la mia personale opinione). ad ogni modo una lettura che non delude e che fa bene al cuore di chi, come me, ama l'happy-ending a tutti i costi! :)
RispondiEliminaHo trovato questo racconto bellissimo, al punto che da quando Angela me l'ha consegnato l'ho letto più volte...l'ultima proprio oggi!
RispondiEliminaAmo gli storici, amo gli uomini distrutti nel corpo e nell'anima, e amo le eroine forti e irriverenti. Grazie per questo racconto delicato ed evocativo, che ripercorre attraverso i protagonisti un periodo intenso della nostra storia di cui sono contenta hai accennato nei discorsi di Nicola e di Serpieri.
Bellissimo!
Davvero un bel racconto! Sarà l'ambientazione torinese a me tanto cara, sarà l'amore che trionfa, ma questa storia mi è proprio piaciuta!
RispondiEliminaComplimenti!
Anch'io adoro gli uomini problematici e feriti nel corpo e nell'anima e il protagonista di qs bellissimo racconto nn fa eccezione, anzi mi piace di più con le sue ferite, lo rendono più intrigante. Finale commovente.
RispondiEliminaAdoro i romance storici e questo non fa eccezione.
RispondiEliminaAmo l'ambientazione, i vestiti, i modi cortesi ma soprattutto adoro la passione che nasce e cresce in una giovane coppia costretta dagli usi e costumi dell'epoca.
Forse la storia non sarà originalissima, ma di certo è sviluppata in modo impeccabile e costruita, anche a livello storico, per far appassionare il lettore.
Veramente molto bello!
Da brava ragazza romantica quale sono, soffro della cosiddetta "sindrome della crocerossina"!
RispondiEliminaE quindi, come voi, ADORO i protagonisti feriti nel corpo e nello spirito: Nicola ♥♥
Bellissimo racconto! Complimenti!!!