Nel giorno di San Valentino,
la festa degli innamorati, festeggiamo con voi l'amore con un racconto indedito, dolce e raffinato.
Elisabetta Flumeri e Gabriella Giacometti ci ricordano cos'è il vero amore con "Sous le ciel de Paris", un perla di emozione che insegna che il tempo non pone limiti al sentimento.
I ragazzi che si
amano si baciano in piedi
Contro le porte della notte
E i passanti che passano li segnano a dito
Ma i ragazzi che si amano
Non ci sono per nessuno
Ed è la loro ombra soltanto
Che trema nella notte
Stimolando la rabbia dei passanti
La loro rabbia il loro disprezzo le risa la loro invidia
I ragazzi che si amano non ci sono per nessuno
Essi sono altrove molto più lontano della notte
Molto più in alto del giorno
Nell'abbagliante splendore del loro primo amore
Contro le porte della notte
E i passanti che passano li segnano a dito
Ma i ragazzi che si amano
Non ci sono per nessuno
Ed è la loro ombra soltanto
Che trema nella notte
Stimolando la rabbia dei passanti
La loro rabbia il loro disprezzo le risa la loro invidia
I ragazzi che si amano non ci sono per nessuno
Essi sono altrove molto più lontano della notte
Molto più in alto del giorno
Nell'abbagliante splendore del loro primo amore
(J.Prévert)
14 febbraio 1994
La luce dei lampioni del
Pont Neuf creava piccoli aloni che rilucevano come fiammelle nella nebbia che
si era alzata dalla Senna. Il loro riflesso disegnava tante scie luminose, che
sfumavano le une nelle altre, assecondando il lieve movimento dell’acqua.
Appoggiati al muretto,
stretti uno all’altra, la ragazza bruna e il ragazzo biondo si baciavano come
fosse la prima e, al tempo stesso, l’ultima volta.
Come se quel bacio
potesse contenere una vita intera.
Come se sapessero che
tutto cominciava e finiva in quello stesso momento.
14 febbraio 2014
Tea accese tutte le luci del bagno. Poi scrutò con
attenzione la sua immagine allo specchio.
Quanto era cambiata?
Non poteva credere che fossero passati 20 anni. Quel tempo
che allora le sembrava infinito davanti a sé, adesso che era trascorso aveva
l’impressione le fosse scivolato tra le
dita, senza che se ne rendesse conto. Quello stesso tempo era stato gentile con
lei. Qualche ruga appena accennata, qualche capello bianco che solo lei
riusciva a vedere…per il resto l’immagine riflessa somigliava molto a quella
della ragazza ritratta nell’istantanea che aveva conservato
nelle pagine del suo diario. Guardò la foto e, come ogni volta, provò una fitta
tra lo stomaco e il cuore.
Vicino a lei, sul Pont Neuf, alle spalle le luci di una
Parigi notturna e nebbiosa, c’era Jean, alto, biondo, bello. Di una bellezza
che, incredibilmente, riusciva ancora a farle male. Nella foto, scattata da un
turista di passaggio, lui le teneva le mani e lei lo guardava in quei suoi
splendidi occhi scuri con un’espressione innamorata. Nessuno avrebbe potuto
immaginare che si erano conosciuti solo da qualche ora. L’intensitÃ
dell’emozione che provava cancellò ancora una volta la dimensione spaziotemporale
e, chiudendo gli occhi, le parve che lui fosse lì, accanto a lei. Ebbe la
sensazione di sentire le sue mani, la sua bocca, il suo calore. I tre giorni
più belli della sua vita. Indimenticati e indimenticabili.
Controllò ancora una volta ogni centimetro del proprio viso,
poi l’immagine a specchio pieno. Non poté fare a meno di sorridere. La gonna che
indossava era quella che definiva “il suo banco di prova”: una gonna scozzese aderente dalla vita stretta, che le
segnalava, più della bilancia, se la sua linea stava perdendo colpi. Un capo
che conservava con cura nell’armadio e che aveva acquistato proprio vent’anni
prima. Durante quei giorni che non era mai riuscita a dimenticare. Si squadrò
con occhio critico, ma non trovò nulla che non andasse: la palestra, le lunghe
passeggiate e una certa attenzione alla dieta erano la ricetta giusta.
Controllò il trucco, spense le luci e si avviò nella sua stanza. Il trolley era
aperto sul letto. Esaminò un’ultima volta il contenuto. Guardò l’orologio: era
ora di andare. Esitò, consapevole che quello che stava facendo era infantile. “
Dì piuttosto ridicolo e sciocco” le sussurrò la vocetta saccente della saggezza
interiore. Tea chiuse di scatto il trolley. Aveva sempre dato ascolto alla
ragione, a cominciare dalle scelte fatte
vent’anni prima. E cosa aveva ottenuto per essere stata assennata, riflessiva,
giudiziosa? Un pugno di mosche. Avvertiva
un vuoto insopportabile e sapeva che era arrivato il momento, per una volta
nella sua vita da adulta, di dare retta all’istinto. Prese il trolley e si
avviò decisa verso la porta di casa.
Aveva trovato un volo
last minute per Parigi. Non era stata una decisione programmata, ma un gesto
impulsivo acquistarlo e prenotare una stanza per una notte in un piccolo hotel di
charme. In fondo, si era giustificata, non faceva una vacanza vera da un sacco
di tempo. Ma sapeva che si trattava di una scusa. Quando il volo venne chiamato
per l’imbarco, Tea attraversò decisa le porte del “gate” per salire sulla
navetta, ignorando gli ultimi richiami della ragione.
Poco tempo dopo, l’aereo rullò sulla pista e Tea chiuse gli
occhi. Nell’attimo in cui si staccò da terra ebbe l’impressione di aver varcato
il confine invisibile tra la vita vera e una dimensione sconosciuta. Forse
dall’altra parte non c’era nulla ad aspettarla, ma di una cosa era certa: non
sarebbe tornata indietro.
Il treno lasciò l’ultima stazione prima della
loro meta: Parigi. Le amiche di Tea erano euforiche. La scelta di trascorrere
il San Valentino nella città degli innamorati gli era sembrata di buon
auspicio. Chissà che non incontrassero un favoloso principe azzurro! Tea,
all’inizio, aveva rifiutato di seguirle. Lei aveva Gianluca, stavano insieme da
parecchi anni, era una storia seria, non aveva bisogno di andare a Parigi in
cerca di avventure! Ma alla fine si era lasciata trascinare dal loro entusiasmo
e aveva accettato: a patto che la lasciassero tranquilla e la smettessero con la storia del rimorchio a tutti i costi. Fu
proprio per non sentire l’ennesima volta i loro piani in proposito che lasciò
lo scompartimento. Sedette su uno strapuntino nel corridoio, lo sguardo fuori
dal finestrino. Improvvisamente nel suo campo visivo entrò una mano, munita di
un pacchetto di Gitanes.
- Fumi?-chiese in
francese una voce bassa e calda.
Tea alzò gli occhi e
rimase senza fiato. Di fronte a lei c’era il ragazzo più bello che avesse mai
visto. Alto, biondo, occhi scurissimi e ciglia lunghe, un sorriso che
incantava. Entrò talmente in confusione che non solo dimenticò il suo discreto
francese, ma anche il fatto di non aver mai fumato in vita sua.
Prese la sigaretta che lui le offriva, senza riuscire a staccare gli occhi dai
suoi.
Lui gliela accese e Tea
tossì. Risero insieme.
- Io sono Jean.
- Io Tea – tra un colpo
di tosse e l’altro.
Mentre l’aereo sorvolava le Alpi innevate, Tea contemplava
quel paesaggio da fiaba e pensava che anche lei, per quei tre meravigliosi e
incredibili giorni, aveva vissuto in una fiaba. Ma le fiabe, si sa, non
appartengono alla vita vera. Rivisse attimo per attimo, nella moviola dei
ricordi, ciò che era accaduto e che era rimasto indelebilmente impresso nella
sua mente e nel suo cuore.
L’incontro con Jean l’aveva stordita, confusa. Avevano
scambiato poche parole, perché lei non riusciva ad articolare frasi compiute
(ma non ci sarebbe riuscita neppure in italiano!) e perché poco dopo erano
entrati alla Gare du Nord e, un attimo prima che venisse raggiunta dalle
amiche, Jean le aveva detto qualcosa che non aveva ben capito sull’incontrarsi fuori della stazione. Poi era rientrato nel
suo scompartimento e lei aveva fatto lo stesso. Una volta scese dal treno, lo
aveva perso di vista. Non sapeva come dire a Michela e Carla di quell’incontro.
Proprio lei, che aveva dichiarato di non essere interessata alle avventure, rimorchiava
qualcuno sul treno ancora prima di arrivare a Parigi! Immaginava già i loro
commenti. E poi si sentiva in colpa verso Gianluca. Come poteva averlo
dimenticato solo perché un altro
ragazzo – bello da morire, questo andava detto – le aveva offerto una sigaretta
e le aveva parlato con una voce calda e
sensuale in una lingua che lei amava? Aveva pensato che era meglio così.
Quell’incontro non doveva avere un seguito. Si sarebbe goduta Parigi e tutto sarebbe
finito prima ancora di cominciare. Ma le
cose erano andate diversamente.
Tea sorrise tra sé mentre l’aereo cominciava la discesa
sulla capitale francese, avvolta in una tenue nebbiolina. A volte, pensò, il
destino rimescola le carte e decide al posto nostro.

- Teà – quella voce
inconfondibile dall’accento musicale l’avrebbe riconosciuta ovunque. Possibile
che le sue fantasie si fossero materializzate? O stava sognando?
- Teà … - di nuovo. La
voce, il tocco della sua mano erano reali.
Lentamente lei si voltò
e si trovò a fissare due bellissimi
occhi scuri.
Gli occhi di Jean.
Non era possibile. Non
riusciva a crederci. Chiuse gli occhi. Li riaprì. Lui era sempre lì e la guardava con dolcezza.
- Tu ci credi al
destino?
La domanda, anche se in
francese, era chiarissima e inequivocabile. Fino a qualche istante prima, Tea
avrebbe risposto di no. Era di quelle persone convinte che il destino ce lo
creiamo con le nostre mani. Non credeva in interventi misteriosi di qualche
deus ex machina.
Fino a quel momento.
- Non lo so… - riuscì
solo a mormorare.
Lui le prese il volto
fra le mani e la fissò intensamente. Lei sentì il suo sguardo entrarle dentro,
il suo calore avvolgerla.
- Io ci credo – lo disse
come se fosse un dato di fatto incontrovertibile.
- Sei bellissima…-
continuò, accostando il volto al suo.
- Ma no…che dici…io non
sono bella - replicò lei. Ed era sincera.
Lui sorrise. Avvicinò
ancora di più il viso a quello di lei.
- Lo sei, anche se non
sai di esserlo…
Poi la baciò.
E per Tea non ci furono
altro che le sue labbra, le sue mani, il calore del suo corpo contro il
proprio.
L’aereo toccò
terra e strappò Tea ai suoi ricordi, così vividi che le sembrò impossibile che
fossero passati vent’anni. L’altoparlante annunciò che avrebbero dovuto
attendere qualche minuto per motivi di
traffico sulle piste e, poco dopo, le
note di una canzone si diffusero nell’abitacolo. Sulle prime Tea le ascoltò
distrattamente, poi riconobbe “Our last
summer” degli Abba.
I can still
recall our last summer
I still see it all
Walks along the Seine, laughing in the rain
Our last summer
Memories that remain
I can still recall our last summer
I still see it all
In the tourist jam, round the Notre Dame
Our last summer
Walking hand in hand
Paris restaurants
Our last summer
Morning croissants
Living for the day, worries far away
I still see it all
Walks along the Seine, laughing in the rain
Our last summer
Memories that remain
I can still recall our last summer
I still see it all
In the tourist jam, round the Notre Dame
Our last summer
Walking hand in hand
Paris restaurants
Our last summer
Morning croissants
Living for the day, worries far away
Le aveva sempre
fatto pensare a quei giorni trascorsi con lui. Dopo quel bacio, non si erano
più lasciati. Aveva detto la verità alle amiche. Una verità difficile da
accettare, pima di tutto per lei. Per lei che non aveva mai creduto nei colpi
di fulmine, nella passione a prima vista, nella chimica del corpo e della
mente. Per lei che era convinta che l’amore fosse un sentimento che nasceva a
poco a poco e si basava sulla fiducia, sulla comprensione, sulla condivisione.
L’incontro con Jean aveva spazzato via tutto. Aveva fatto tabula rasa delle sue
convinzioni razionali. Per tre giorni. Giorni meravigliosi e folli in cui
avevano fatto l’amore, scherzato, riso, mangiato, passeggiato, fatto l’amore
…e poi tutto da capo. Ancora e ancora.
Per la prima e unica volta in vita sua si era abbandonata completamente
all’istinto.
Poi era venuto il
momento di separarsi. Lei sarebbe tornata da Gianluca. Lui dalla ragazza che
stava per sposare. Sapevano tutti e due che non ci sarebbe stato un futuro per
loro. Che la loro storia finiva nell’istante in cui era cominciata.
Forse proprio per
questo si erano fatti quell’assurda
promessa.
La Senna scorreva tumultuosa sotto di loro. Il cielo di
Parigi era oscurato da cumuli di nubi gonfie di pioggia, modellate da un vento freddo e incessante
- Ho una cosa per te.
Un attimo dopo Tea sentì le mani di Jean sfiorarle il collo
per agganciarle una catenina d’argento con un minuscolo cuore rosso.
- Buon San Valentino, Teà .
Poi le sollevò il viso e la guardò negli occhi con dolcezza.
- Facciamoci una promessa.
Tea lo guardò, cercando di trattenere le lacrime, la mano
stretta intorno a quel piccolo cuore rosso.
- Una promessa…? – mormorò, la voce incrinata.
- Sì… - Jean le accarezzò il viso. – Qualsiasi cosa succeda.
Tra vent’anni promettiamo di ritrovarci qui. Stesso giorno. Stessa ora.
Vent’anni era un tempo infinito.
- Promettimelo Teà .
Un tempo che non sarebbe mai passato.
-Te lo prometto.
Poi lo baciò con amore, con passione, con disperazione.
“We took a
chance…like we were dancing our last dance”
Era stato esattamente così per lei e Jean, pensò Tea,
ripetendo fra sé le parole della canzone degli Abba, mentre sistemava le sue
cose nella stanza dell’albergo.
Non si erano più rivisti. Non si erano più sentiti. Non
aveva saputo più nulla di lui. Che cosa le era venuto in mente di tornare a
Parigi dopo 20 anni, per tener fede a quell’assurda promessa? La ragione
recuperava terreno. Per un attimo Tea fu tentata di rifare il bagaglio e
prendere il primo aereo per Roma. Ma no, non lo avrebbe fatto. Questa volta
sarebbe andata fino in fondo.
Uscì.
La vista del Pont Neuf avvolto nella nebbia le provocò una
intensa sensazione di déjà vu e una stretta allo stomaco. I lampioni
disegnavano nella nebbia aloni tremolanti simili a fuochi fatui. Non passava
quasi nessuno. Tea mosse alcuni passi incerti. Poi si fermò, sentendosi
sciocca. Si appoggiò al parapetto e ascoltò il rombo dell’acqua sotto di lei.
Ebbe la sensazione che laggiù scorresse la sua vita di quei vent’anni. I
fallimenti, le delusioni, la fine della lunga storia con Gianluca, le piccole
conquiste, i momenti belli vissuti con le persone a cui voleva e aveva voluto
bene, alcune delle quali non c’erano più. Sentì un freddo improvviso. Si guardò
intorno. Il ponte ora era deserto. I rintocchi di una vicina campana le
indicarono che erano le nove. L’ora di quell’assurdo appuntamento era passata
già da un po’.
“Sei una sciocca sentimentale” la ragione si stava prendendo
la sua rivincita.
Si staccò dal parapetto e, lentamente, cominciò a
ripercorrere il ponte. La mano strinse fino a farsi male la catenina con il
cuore rosso che aveva al collo.
Una sciocca sentimentale, sì. Ecco quello che era.
- Fumi? – la voce alle sue spalle la fece sobbalzare, poi la
inchiodò dov’era. Qualcuno le allungò un pacchetto di Gitanes.
Tea si girò come al rallentatore, con il cuore lanciato in
una sarabanda impazzita. Occhi scuri e
profondi.
Capelli biondi
spruzzati di bianco.
Labbra che non aveva mai dimenticato.
- Teà …
Non servivano parole. Non servivano spiegazioni. Non ora che
le sue braccia la circondavano stringendola forte e la sua bocca la cercava e
la trovava, come se tra loro il tempo non fosse mai passato..
Links:
Sous le ciel de Paris: http://www.youtube.com/watch?v=kouTi-0csLg
Our last summer: http://www.youtube.com/watch?v=KoyNlVQbUPc
Le autrici:
Hanno scritto per la radio e la pubblicità , fino all’approdo al piccolo schermo con fiction quali Incantesimo, Carabinieri e Orgoglio.
Per
Sperling & Kupfer è uscito L’amore è un bacio di dama,
esordio in corso di pubblicazione anche in America, Germania e Spagna, e uscirÃ
presto il secondo romanzo, I love Capri. Hanno esordito nella collana Sperling
Privé con Ti
domerò. Per la stessa collana hanno pubblicato Scrivilo sulla mia pelle.
Sono socie fondatrici dell’ associazione culturale EWWA.
Visita la pagina delle autrici:
Ti è piaciuto il racconto di Elisabetta e
Gabriella?
Lascia qui un tuo commento per farci sapere cosa
ne pensi!
Potete trovare qui i racconti di "Amore fra le righe 2013"
Un racconto MERAVIGLIOSO! Dolce e melanconico, struggente e romantico. Devo continuare con gli aggettivi? Elegante, raffinato, sublime.
RispondiEliminaBravissime Ely e Gab che ci donano sempre tante emozioni <3
carissime ed adorabili autrici: non deludete mai!
RispondiEliminaero certa che lui ci sarebbe stato, su quel ponte, eppure, finchè non ho sentito la voce alle mie spalle, sono stata in ansia! sì, parlo in prima persona perchè su quel ponte c'ero io! voi avete il dono di saper coinvolegere il lettore fino a confonderlo, fino a fargli credere che ciò che legge stia succedendo a lui! grazie x questa chicca che entra dentro in punta di piedi e poi esplode come un fuoco d'artificio. avete la magia nel cuore.
Grazie amiche ma vi svelo un segreto che deve restare fra di noi...
Eliminanelle nostre storie c'è sempre qualcosa di vero :)
Certi amori non finiscono, fanno dei giri immensi e poi ritornano.....mi ha sempre affascinata la frase di Venditti e il vostro racconto mi ha lasciato la stessa sensazione di speranza e ottimismo, nonostante la vena di malinconia.
EliminaAngela....basta davvero con gli aggettivi! te l'ho detto... E, Frency, il tuo commento è bellissimo. Credo che per chi scrive sia la cosa più importante che un lettore possa dire.Soprattutto se, come io sono convinta, si scrive per trasmettere emozioni. Emozioni che non sono solo dell'autore, ma di tutti noi. Se ci siamo riuscite...è una soddisfazione immensa! Grazie Elisabetta
RispondiEliminaangela...basta con gli aggettivi!!! :)
RispondiEliminaFrency, quello che dici è bellissimo. E' la cosa più importante che chi scrive può sentirsi dire da un lettore. Soprattutto per chi, come noi, crede che scrivere significhi trasmettere emozioni. Ed esserci riuscite anche in poche pagine è un'immensa soddisfazione. Grazie.
E' di sicuro un racconto che ti fa venire le lacrime, naturalmente di gioia!! A dimostrazione che l'amore vero può capitare all'improvviso e può durare per sempre!!! Per me è BELLISSIMO!!!
RispondiEliminaI commenti che ho letto sopra mi stanno facendo morire dalla curiosità , vorrei sapere cose c'è di vero!! Ma soprattutto vorrei sapere se Tea e Jean ora sono felici!!
Une histoire fantastique!
RispondiEliminaConosco la canzone della Piaf perchè l'ho studiata a scuola durante una lezione di francese... ho scoltato gli Abba mentre leggevo.
Un racconto fantastico, molto tenero e pieno di speranze e promesse.
Bravissime!
MAGICHE è l'unica espressione che racchiude l'anima di queste due fantastiche donne, generose e forti come poche!!! GRAZIE. Milena
RispondiEliminaGrazie a tutte, di nuovo. E in particolare grazie a Milena: la stima nei nostri confronti come PERSONE è quello che più ci colpisce e ci commuove
RispondiEliminae&g
che dire? davvero incantevole. una storia senza tempo per un amore senza fine. a discapito del cinismo e del tempo che inesorabilemente passa, l'amore non invecchia mai.
RispondiEliminaun racconto molto dolce tra passato e presente, due anime legate dalla freccia rossa di cupido.
splendido.
complimenti alle autrici