In occasione della festa degli innamorati INSAZIABILI LETTURE è lieto di presentarvi l’evento letterario "AMORE FRA LE RIGHE".
Le più grandi firme del romance italiano hanno aderito a questa iniziativa partecipando con racconti che ci faranno ridere, sospirare e riscoprire ogni giorno l'amore romantico!
Apre la rassegna un racconto inedito della bravissima Roberta Ciuffi dal titolo
"Abbasso San Valentino!"
Ecco qua, è arrivato, penso
guardando la pagina del calendario. Finisce una festa ed è subito la volta di un’altra.
Mi sembra che Natale e Capodanno siano appena passati, e ora tocca a San
Valentino, e tra un mese ci sarà il compleanno di Alfredo. Una si esaurisce a
cercare ogni volta regali sempre diversi, o idee originali per festeggiare. Sospiro.
Un tempo, quando ero molto più giovane, San Valentino era un evento
elettrizzante, che non poteva essere ignorato in nessun modo. Adesso, solo al
pensiero mi cala addosso un’enorme stanchezza.
Immagino che Alfredo si
aspetterà una serata speciale. Dovrò pregare... no, supplicare... mia madre di
tenere i bambini, e poi andare dal parrucchiere e pensare alla cena. Perché non
possiamo semplicemente andarcene in un ristorante? Chissà se lui si aspetta che
indossi qualcosa di sexy. L’anno scorso ha messo il muso perché avevo su
pantaloni e maglione, ma si era rotto il riscaldamento e faceva un freddo cane.
Che si aspettava, una danza orientale con cinque gradi sotto zero?
A dire il vero, mi sembra che
ogni San Valentino passato sia stato funestato da qualcosa. C’è stata la volta
dell’influenza: davvero romantico, lui in coma sul divano ed io sotto le
coperte con quaranta di febbre. L’anno dopo se la presero i bambini, e Alfredo
si rinchiuse nello studio a giocare con il computer, con la faccia scura come
se fosse stata colpa mia. Poi ci fu quello che passammo a consolare sua sorella
che era stata lasciata dal fidanzato proprio il giorno prima. Splendido
tempismo. Dovetti scendere a comprare una scorta di fazzoletti, perché non fece
che piangere per ore, mentre mio marito si sgolava a spiegarle che razza d'idiota
fosse Luciano e quanto fosse stata fortunata a liberarsene. Quando si rimisero
insieme, un paio di settimane dopo, giurò che non le avrebbe più rivolto la
parola, ma ormai la festa era rovinata.
Sì, San Valentino è proprio una
iattura. Dovrebbero eliminarlo dal calendario. Sarà che invecchiando divento
sempre più distaccata e scettica ma questa festa non la sopporto più. Ci si
aspetta sempre troppo, come se persone che stanno insieme da quasi vent’anni
potessero trovare qualche nuovo spunto originale per il loro rapporto o per la
conversazione! Che sollievo, alla fine, parlare del cinque in matematica di
Lorenzo e dello sfogo da febbre di Vittoria! Delle patate che sono rincarate e
della vicina che forse se la fa con l’arrotino. Magari non sarà vero, ma, ogni
volta che lui passa, per uno strano mistero lei ha qualcosa da fargli riparare!
«Sì, vabbe', il fornello!»,
ghigna divertito Alfredo. «Lo so io che si fa riparare, quella!».
Invece, a un tavolo
apparecchiato per due, con la candela rossa accesa al centro, sarebbero
d’obbligo sguardi languidi, discorsi romantici e allusioni erotiche. Che non
riguardassero la vicina e l’arrotino, naturalmente!
Accidenti, manca solo un giorno.
Devo cercare un regalo. Questa è la parte più fastidiosa. Che gli faccio,
stavolta? Potrei sorprenderlo con nessun
regalo. Potremmo regalarci dei buoni propositi. Per quanto mi riguarda, sarebbe
già sufficiente se mi promettesse di sollevare la tavoletta del water quando va
al bagno.
Sto diventando davvero cinica.
È la vita in comune che mi fa quest’effetto. Forse non ci ero portata. Mentre
faccio questa considerazione, squilla il telefono. Leggo il nome sul display. È
Giulia, mia cognata. Aspetto il terzo squillo, poi sollevo il cordless e
pronuncio, con cautela: «Sì?».
«Elena!».
Il tono drammatico non prelude
a niente di buono. «Sì, sono io. Vuoi Alfredo?». Magari fosse così facile.
«No, no. Non importa. Non
vorrei che si arrabbiasse».
Sospiro. «Che è successo?».
Esita. Brutto segno. «Volevo
solo sapere cosa facevate a San Valentino».
«Mah, non so. Niente di
definito, ancora. Perché?».
«No, così. Io sarò sola, domani.
Un’altra volta!».
«Come mai? Luciano è fuori?».
Un piccolo singhiozzo, prima di
rispondere. «L’ho lasciato. Dopo otto anni, adesso sono sola.»
«Davvero? Peccato». Sento la
mia voce suonare debole, la mia solidarietà inconsistente, ma non so che altro dire.
Alfredo sguscia attraverso la porta dischiusa, tenendo all’orecchio il secondo cordless
e con la mano mi fa il segno di vittoria. Gli lancio un’occhiataccia e indico
il mio telefono. Scuote la testa violentemente.
«Beh, peccato per modo di dire»,
replica Giulia, in tono acido. «Era quello che volevate tutti, no? L’ultima
volta che ci siamo rimessi insieme Alfredo non mi ha parlato per tre mesi».
«Giulia, quell’uomo è fuori di
testa», protesto. «Eravamo solo preoccupati per te». E a quel punto, mi viene
un’idea. «Lui come l’ha presa?».
«Male, te lo puoi immaginare.
Ha detto qualcosa sul fatto che o sarò sua o di nessuno».
Suona come una minaccia. «Forse
non dovresti stare da sola», accenno. Mia cognata e il suo, ormai, ex hanno
comprato un villino un po’ isolato, in periferia. Una vera manna per i
rapinatori, la definì Alfredo all’epoca. Da quando ci si è trasferita, Giulia
non ci ha mai dormito da sola. Quando Luciano è fuori città, di solito si
trasferisce da un’amica, o da noi.
«Oh, adesso sono a casa di
Veronica, la mia vicina. Dormirò qui per stanotte, e poi... si vedrà».
«Sì, ma in ogni modo dovresti...».

Alfredo mi fa segno di no,
deciso, definitivo. Si passa l’indice sulla gola, poi se lo punta alla tempia
come per spararsi. Sollevo gli occhi al cielo e mimo con la bocca le parole:
«Ha bisogno d’aiuto», senza emettere un suono. Lui rovescia la mano e la spinge
avanti, come per dire: accomodati.
Ah sì? Bene, l’hai voluto tu.
«Che ne pensi se venissi da te,
domani?», chiedo. «Non puoi restare sola in un giorno così».
«Davvero lo faresti?».
Prendiamo gli accordi e poi
rimetto la cornetta al suo posto. Alfredo mi fissa, le sopracciglia aggrottate.
«Proprio domani?».
«Preferisci andarci tu?», lo
provoco. «Conosci Luciano. E conosci Giulia. Non è il caso di lasciarla da sola
in un momento simile».
Mi fissa di nuovo, come se
volesse leggermi dentro. Poi scuote la testa. «Se è quello che vuoi», replica,
e se ne torna nel suo studio, a giocare a Warcraft sul computer. Ho il sospetto
di non averlo ingannato, ma non m’importa. Mi sento euforica. Salterò San
Valentino! Di nuovo! E questa volta non ci sarà Alfredo a girarmi attorno
simile a un gufo imbronciato, l'immagine vivente del rimprovero e memento di
quel che avrebbe potuto essere e non è mai stato. Ma perché ci tiene così
tanto, mi chiedo. Ormai dovrebbe averlo capito che quella non è roba per noi.
La sera dopo Giulia ed io ci
asserragliamo dentro il villino come se fosse un bunker. Io rimpiango il mio
appartamento. La casa dei vicini è poco distante, ma loro stasera sono fuori a
festeggiare e intorno è tutto buio. «D’estate è pieno di uccellini e si sentono
i grilli», fa mia cognata, passandosi nervosa le mani sui pantaloni.
Chissene dei grilli, vorrei rispondere.
Mi assicuro che abbia chiuso tutte le finestre e controllo la porta sul retro. «Allora,
raccontami cos’è successo», dico, acciambellandomi sul divano davanti al fuoco
del camino. Intanto, penso ad Alfredo che sta dando la cena ai ragazzi, e
sorrido. Niente candele rosse per me, grazie! Non stavolta.
«Lui è così possessivo!»,
esclama Giulia con voce tremante. «Mi sta sempre addosso, ed è geloso, fa
scenate per nulla... Io non posso vivere così, anche se... anche se...». Tira
su col naso, coraggiosamente, ma io lo so che è solo una farsa. Infatti, dopo
due secondi crolla e scoppia in lacrime. «...lo amo tanto!», conclude tra i
singhiozzi.
«Su, su!», cerco di consolarla,
mentre si piazza con la faccia sulla mia spalla. Chissà se ha pensato a
preparare qualcosa per cena, mi chiedo. Sarebbe proprio da lei essersene
dimenticata, con la scusa dei problemi di cuore. «Dovresti cercare qualcuno in
grado di renderti felice», obietto saggiamente, tastando il tavolino alla
ricerca dei kleenex.
«Come Alfredo con te?», chiede
candida, soffiandosi il naso.
Tentenno appena un istante.
«Sicuro. Lui fa di tutto per rendermi felice». Meno alzare la tavoletta del
water, o svuotare la lavastoviglie, o stendere i panni, o... Lasciamo stare.
«Voi siete proprio la coppia
ideale», afferma.
Sto per replicare con qualcosa
di più realistico, quando dei colpi alla porta me lo impediscono. «E adesso che
succede?». Ma entrambe ci siamo già fatte un’idea. Vado alla porta. «Chi è?»,
chiedo.
«Fammi entrare, voglio parlare
con Giulia». La voce di Luciano.
«Giulia non vuole parlare con
te», ribatto dopo un’occhiata all’interessata, che annuisce.
«Elena, togliti dalle scatole o
stasera finisce male!», ringhia lui. La porta rintrona sotto i suoi colpi.
Quando ci si scaglia contro con tutto il corpo, però, vibra appena. «Apri! Apri
immediatamente o te ne pentirai!».
Ma è davvero fuori di testa? Mi
allontano di scatto, benedicendo mentalmente le porte blindate che Alfredo ha
insistito per far installare.
Sento il rombo di una moto.
Luciano possiede uno di quei chopper tipo biker americano. È un maniaco di Easy
Rider, per intenderci. Bene, forse se ne va. Pia illusione. Comincia a girare
ossessivamente attorno al villino, una, due, tre volte... Come se ci stesse
stringendo d’assedio. Il rombo del motore mi fa stridere i nervi.
«Ma è matto?», chiedo a Giulia,
che è rimasta sul divano, un’espressione fissa in volto.
«No», singhiozza. «È solo
innamorato».
Oh Gesù. Sollevo gli occhi al
cielo. «Io chiamo la polizia», dico.
«No, no, per favore!». Giulia
riprende vita e mi si aggrappa al braccio. «Non farlo. Ha l’ordinanza
restrittiva, lo arresterebbero».
«Gli hai fatto fare l’ordinanza
restrittiva?», chiedo, sbalordita.
«L’anno scorso. Ma poi abbiamo
fatto pace». Dai suoi occhi rotondi scivolano lacrime come se le fabbricasse.
«Giulia!», sbraita Luciano,
mentre passa accanto alla finestra del salotto. «Giulia, ti amo!».
Un lampo di gioia attraversa il
volto di mia cognata. «Giulia, no!», la imploro, mentre un sasso finisce contro
l’imposta chiusa.
«Lo senti?», sussurra, estatica.
«Gli ho spezzato il cuore».
Forse, se l’avesse fatto in
senso letterale... Scuoto la testa e mi riprendo dalle tentazioni omicide. Un
secondo sasso, più grosso del primo, raggiunge la finestra. «Se non la smette,
ordinanza o no io chiamo la polizia.» Sentiamo rumore di vetri rotti.
Che si sia portato dietro una
bottiglia, tanto per completare l’imitazione del biker americano? Vado al
telefono. Giulia cerca di fermarmi ma sollevo un dito e le rivolgo lo stesso
sguardo che di solito riservo ai miei figli, quando sostengono di avere qualche
malattia mortale che impedisce loro di andare a scuola. «Ferma lì!», ordino.
Faccio il numero di casa.
Alfredo mi risponde al volo.
«Tutto ok?», chiede.
«Tutto ok un corno. Siamo sotto
assedio», gli dico. «E tua sorella vorrebbe abbassare il ponte levatoio». Spiego
la faccenda, mentre Giulia gira su se stessa, seguendo il passaggio
dell’invisibile moto. C’è qualcosa nell’amore che rimbecillisce certe persone.
Le rende incapaci di ragionare e fa loro perdere il rispetto di se stesse. E
sono poi le medesime che guardano dall’alto in basso quelli come me, dicendo
che noi non siamo capaci di amare. Beh, per chi lo vuole un amore così?
«Mollo il pacco alla vicina e
arrivo subito». Il pacco, per il mio affezionato marito, sono i figli. Alfredo non
è tipo da grandi scene passionali, o infuocate dichiarazioni d’amore. Però se
ho bisogno di lui, c’è. Quando lo chiamo, arriva sempre.
Con l’eccezione di quelle che
hanno preceduto la nascita di Lorenzo e Vittoria, queste sono le ore più lunghe
della mia vita. Già il fatto che definisca ore i venti minuti che ci vogliono
per arrivare da casa nostra al villino chiarisce la situazione. E intanto il
matto continua a girare, girare, urlando sempre più esaltato. Credo che di
quelle bottiglie ne abbia una scorta, perché ogni tanto si sente un’esplosione
di vetri contro un muro esterno, e noi sobbalziamo ogni volta, lanciando un
gridolino.
«Sei sicura di non avere una
pistola, un fucile da caccia, qualcosa?», chiedo a Giulia. Idealmente sarei una
pacifista, ma questa è una situazione da istinto che dice: spara! E al momento
mi sento incline a obbedire.

«Cosa? No!». Sembra
scandalizzata, come se il pensiero non l’avesse neppure sfiorata. «Perché
dovrei sparare a Luciano?».
«Come perché? Ci sta
minacciando, tira bottiglie contro la casa. È un pazzo furioso! È il motivo per
cui l’hai lasciato, no?».
«Sì, ma...». Arrossisce e china
la testa. Oh mio Dio. Forse è meglio che non ci siano armi in casa. La pulsione
a uccidere si sta facendo sempre più forte. «È anche così romantico...»,
sospira. «Sta lottando per me, non lo capisci?».
Si sente il suono di un altro
motore.
«Ehi, tu! Vedi di filare!». È
la voce di Alfredo. La motocicletta si ferma. Corro alla porta, la mano alla
maniglia, mentre le voci degli uomini s’incalzano, poco distante.
«È la mia donna! Io la amo!».
Non guardo Giulia, o la sua espressione
sicuramente rapita rischierà di azzerare ogni mia residua traccia di controllo.
«Vattene subito o chiamo la
polizia!».
«Non puoi impedirmi di vederla!
Io la amo! Giulia!».
Mia cognata si precipita alla
porta, ma io la respingo indietro.
«Puoi amarla anche domani,
quando sarai meno sbronzo. Su, vattene!». Mio marito è alto quasi due metri e
pesa in proporzione. Luciano, con tutto il suo chopper, non è in grado di
competere. Borbotta lamentosamente qualcosa e fila via. Apro la porta.
Non sono mai stata così
contenta di vedere Alfredo. Beh, a parte quando si presentò davvero all’altare,
invece di piantarmi in asso come avevo continuato a temere per mesi prima delle
nozze.
«Meno male, sei arrivato!».
Lui mi abbraccia e intanto
scruta all’interno del salotto. Giulia gli tiene il muso. «Tranquilla, domani
si rifarà vivo», la consola, aggiungendo poi, sarcastico: «Dove la trova
un’altra come te?».
Ce ne andiamo. Non m’importa se
Giulia avrà paura o no. Sono davvero stufa di lei e del suo pazzo innamorato, o
innamorato pazzo. A questo punto mi sembrano la stessa cosa. Decidiamo di
tornare con la macchina di Alfredo, la mia passerò a prenderla il giorno dopo. Lui
guida canterellando, battendo la mano a tempo contro il volante. A un certo
punto, parcheggia e si ferma.
«Beh, che c’è?», chiedo,
stupita.
Afferra dal sedile posteriore
una lampada d'emergenza per auto e l’accende, sistemandola accanto al cambio,
tra noi due. «Luce romantica», ghigna. Accende la radio, e quasi per magia
trova subito la stazione di musica soft che piace a noi. Di solito deve
armeggiare e imprecare un quarto d'ora prima di riuscirci. Poi apre il cruscotto
ed estrae un pacchetto. Dentro ci sono due tramezzini al tonno, con uova,
pomodori e carciofini. La cosa meno romantica che si possa immaginare, ma sono
i miei preferiti. Mi vengono le lacrime agli occhi.
«Avrei scommesso che Giulia si
sarebbe dimenticata di preparare la cena», spiega lui. «E ho pensato anche al
brindisi». Dopo averla stappata, mi passa una lattina di tè freddo.
«È bello fresco», osservo. Ho
un groppo in gola. «A cosa devo questa... idilliaca cenetta?».
«Per farmi perdonare. Non ti ho
comprato un regalo».
«Nemmeno io», confesso. «Sai
qual è il regalo più bello?».
«Dimmi».
«Aver finalmente superato
questa giornata».
Battiamo le lattine in un
brindisi, ma prima che porti il tramezzino alla bocca lui mi ferma.
«Aspetta», dice, e senza darmi
il tempo di pensare a cosa voglia si china in avanti e mi bacia. Non quella
beccatina con cui mi saluta la mattina, ma un bacio vero, uno di quelli che
fanno girare la testa e tremare i polsi. Dopo ci stacchiamo lentamente,
fissandoci alla luce della lampada d'emergenza. Sarei quasi disposta a
dimenticare il contenzioso della tavoletta del water, per un paio di baci
simili al giorno. E mi dico che in fondo la giornata non è davvero finita. C'è
ancora qualcosa che ci aspetta, nella nostra casa provvidenzialmente priva di bambini.
Il regalo più bello di tutti.
Mangiamo il panino lentamente, e
dopo un po' ridiamo come pazzi dell’amore appassionato di Giulia e Luciano, e finiamo
il tè. Tornando a casa, stabiliamo di farne una tradizione. San Valentino in
macchina. Mi piacerebbe: per circa un’ora è stato il più bello che abbia mai
trascorso.
Quando mi tuffo sul nostro
letto e Alfredo comincia a spogliarmi, però, mi torna in mente il calendario.
Tra venti giorni sarà il suo compleanno. Oh diavolo. E che gli regalo?
L'autrice:
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Potete trovare qui i racconti di "Amore fra le righe 2013"
Racconto carinissimo...glorioso nella sua normalità!
RispondiEliminaDavverobella l'idea di mostrare come si ritrova il romanticismo nella vita comune. Spesso non c'è tempo per fiori, lenzuola di seta rossa e cee a lume di candela...chi si ama davvero gode anche solo di un panino al tonno!
Bravissima
Troppo carino questo racconto, racchiude tutta l'essenza della vita vera!
RispondiEliminaChi non ha una parente o un'amica pazza che vorresti strangolare ogni volta che ripete gli stessi errori per "amore". Chi, dopo anni di convivenza, vede la festa di S.Valentino come un obbligo e non come un occasione per riscoprire la passione e il legame di coppia.
Un racconto che si legge tutto d'un fiato e con il sorriso sulle labbra.
A volta ci si dimentica che l'amore sta anche nei piccoli gesti quotidiani.
Bravissima Roberta!
bellissimo!!!!
RispondiEliminaanche io come la protagonista non sopporto San Valentino: troppe aspettative, troppa dolcezza "obbligatoria". se due persone si amano festeggiano tutti i giorni indipendentemente dalla quotidianità.
mi stupisco invece dell'attaccamento di Alfredo alla ricorrenza, chissà se in realtà sono proprio i maschi a tenerci di più.
Brava Roberta, un racconto simpatico e frizzante
Grazie, ragazze! E grazie al blog per l'opportunità di mostrarmi in una veste un po' diversa dal solito...
RispondiEliminaRoberta Ciuffi
Ah, dimenticavo... Buon San Valentino!
Fantastico! Finalmente un racconto su San Valentino che non sia troppo "zuccheroso". Roberta non ci presenta una classica storia dove l'amore regna sovrano e i protagonisti sono l'uno perso nell'altro, no. Ci apre una finestra sul quotidiano e di come non sempre, questa festività non venga accolta proprio con "entusiasmo" dalle donne. Proprio per questo l'ho trovato un racconto molto realistico e divertente, arrivando all'ultima parola con un bel sorriso sulle labbra.
RispondiEliminaComplimenti Roberta!
Davvero molto carino!! Giulia molla per sempre Luciano!!
RispondiEliminaCredo che almeno una volta nella vita sia capitato a tutte di ritrovarsi il giorno di San Valentino con le mani legate soprattutto quando si parla di rapporti duraturi! Un 10 + ad Alfredo per il suo gesto veramente romantico, bravo!! magari ci fossero più fidanzati/mariti come lui, almeno un giorno all'anno!!
Divertente. Romantico. Pazzo. Mi è piaciuto davvero tanto.
RispondiEliminaBrava!
Davvero molto bello!! Un San Valentino insolito in una storia allegra e brillante. Oltre che, come ha fatto già notare Babette, romantica.
RispondiEliminaComplimenti!!!
Ma che bello!!!! Ho ancora gli occhi a cuoricino ^^
RispondiEliminaConcordo con tutto quello che avete detto prima e aggiungo una cosa... Appoggio in pieno la protagonista per la questione dei regali: troppe feste e tutte a breve distanza, l'incubo del "cosa gli/le regalo?" è tremendo!!!! ^^
Cavolo, vorrei parlare con Giulia, ora! Bello!
RispondiEliminaComplimenti, mi è molto piaciuto,mi ha ricordato e rinnovato il mio amore imperituro per mio marito. Grazie
RispondiEliminaOdio San Valentino e tutto quello che porta questo giorno. Perchè affannarsi tanto per una giornata quando ne abbiamo 364 per dimostrare l'amore che proviamo verso il nostro lui/lei, non lo capisco.
RispondiEliminaI cioccolatini si vendono lo stesso, non è che i Baci Perugina falliscono se non si regalano quel giorno.
L'ironia di questa protagonista mi ha proprio sollevato il morale in questa giornata.
Racconto davvero carino, il negoziato della tavoletta del water è fenomenale, ma ci vogliono ben più di un paio di baci per farmi cedere a me.
Complimentoni
accidenti...ed adesso come faccio a scrivere un commento che non sembri scopiazzato da tutti i precedenti?
RispondiEliminadevo unirmi al coro dei vari "bravissima" e "complimenti".
un racconto fresco e diverso dai soliti: "Lui lei e l'altro/a, della serie chi sceglierà?" oppure "lui lei e l'equivoco che si risolverà a tarallucci e vino" . finalmente una coppia normale, alle prese con la vita normale in uno stralcio di vita vera, dove anche un pic-nic in auto può diventare romantico, se il sentimento è sincero. complimenti! questo è forse il mio racconto preferito tra quelli letti ad oggi! ciao!