Come è vista la donna nei romanzi rosa oggi? Teresa Siciliano ci propone un'interessante riflessione sul perché le lettrici solidarizzano sempre meno con le protagoniste. Quanto sono offuscate dall'eroe?
Negli
ultimi anni ho notato che, almeno su facebook, molte lettrici, presumibilmente
in prevalenza giovani, esprimono avversione nei confronti delle protagoniste
femminili. Ciò, guarda caso!, è avvenuto in concomitanza con l’aumento per un
verso dei nudi maschili, dall’altro dell’acquisto di m/m. Ma, lo confesso, non
so se questi fatti siano connessi.
Di cosa
si lamentano? A volte del fatto che sono capricciose, lagnose e petulanti, il
che non è una gran novità se si pensa ai romanzi dell’ultimo secolo. D’altra
parte c’è un interesse per me incomprensibile verso i New e Young Adult, dove i
protagonisti non sono adult per niente, almeno a mio parere. Del resto, ormai,
in genere un uomo di 35 anni viene quasi sempre definito un ragazzo, mentre
perfino ancora nel Sessantotto era considerato una persona in età, anche se non
propriamente vecchio. Per la verità il numero 40 per noi innescava una crisi
depressiva insieme con il primo capello bianco.
Ma quello
che più mi colpisce è il fatto che non vengano amati i personaggi di donna
forte. Eppure tutta la mia generazione si è battuta per il riconoscimento di
pari dignità fra maschi e femmine, volendo affermare che una donna poteva fare
tutto quello che di buono è capace di fare un uomo.
Tralasciamo
le pessime cose di pessimo gusto che sono state scritte su facebook (sia pure soprattutto
da uomini) sulla nostra simpatica, bravissima Cristoforetti e prendiamo in
esame qualche figura della narrativa, ad esempio Francesca Lucas del ciclo
Mariani.
Francesca
è una donna in carriera fuori dal comune: è intelligente, ma anche passionale
ed amorosa, guadagna più del marito commissario, di cui ha avuto la fortuna/sfortuna
di innamorarsi. Antonio, da parte sua, ha la fortuna/sfortuna di essere figlio
di una donna forte, addirittura ex partigiana (e per questo ci voleva certo
coraggio e generosità), e si ritrova, beh si sceglie, guarda caso, una donna
altrettanto in gamba. Non è mica facile essere figlio di una madre fuori dal
comune, non parliamo marito di una moglie dello stesso tipo! Nel subconscio di
tutti gli uomini ci dev’essere ancora il sogno di una donna dolce che non abbia
una volontà e una personalità propria, ma si identifichi totalmente con loro.
Inoltre la caratteristica più spiccata di Antonio è la curiosità, una qualità che
lo rende un investigatore eccellente nel suo lavoro, ma che per anni non riesce
a controllare nel rapporto con le donne: tutte le donne, quelle più e quelle
meno belle, quelle più e quelle meno intelligenti, quelle più e quelle meno
intraprendenti, perfino le prostitute.
Nell’esordio della serie, Morte a domicilio, è già ben consapevole
di avere un problema e non capisce perché continui ad andare con donne di cui
non gli importa nulla, mentre ama sua moglie. Sono anni molto difficili per
entrambi, ma ovviamente tutta la mia solidarietà va a Francesca: lei soffre
molto (Antonio ci dice che la prima volta piange, poi non più), protesta, ma
non se ne va, probabilmente spera che il marito cambi, come tante altre
donne prima di lei, ma perché sa bene
che fra loro c’è amore, perciò tiene duro, almeno finché Antonio arriva a sospettarla
di adulterio e a pensare che la bambina che aspetta sia stata concepita con un
altro uomo (quel che si definisce la coda di paglia). E allora c’è un periodo
di separazione, anche se né lei né il marito riescono a stare lontani. Sulla
lunga distanza vince. Un matrimonio non è una cosa facile, soprattutto oggi.
Unire due personalità, due storie familiari, due giornate piene di impegni,
tirare su due figlie… caspiterina! quelli che ce la fanno sono proprio in
gamba! In effetti ci vuole maturità: il primo passo per Antonio è quando
Renata, la sua amante saltuaria più importante, lo lascia perché ha incontrato
un altro uomo e vuole investire tutto in questo rapporto. Investire tutto è la
chiave e forse lui lo capisce subito. Ma solo molto tempo dopo dirà a se
stesso, pensando alla moglie, “un tempo mi terrorizzava quello che provavo per
lei, ora un po’ meno”: il terrore maschile di farsi fagocitare, di dipendere
troppo da un’altra persona (insomma il mito della vagina dentata).
La forza
di una donna è fatta di dignità e di resistenza, non necessariamente di grandi
gesti e grandi azioni, anche se poi Francesca è qualcuno nel suo lavoro e
spesso fornisce spunti anche all’attività investigativa del marito. D’altra
parte, però, trova il tempo per stare dietro alle figlie e in particolare alla
maggiore, Manu. Alle domande risponde sempre fornendo informazioni precise, che
in un’occasione saranno funzionali da un punto di vista giallistico e negli
ultimi volumi, quando Antonio indaga su pedofilia e prostituzione giovanile,
scopre che la moglie ha già messo in guardia la figlia da questo genere di
pericoli.
Per la
verità la reazione dei lettori nei suoi confronti è stata varia: si va da chi
le ha rimproverato di essere la solita moglie che si tiene le corna, pur di non
perdere il marito, alle lettrici che invece stanno sempre all’erta per cercare
una nuova donna ad Antonio, accidenti a loro! (sempre alte a questo proposito
le quotazioni della Petri) o le rimproverano proprio le sue doti migliori, accusandola
di essere saputella e petulante. Mah!
Ancora
più difficile inserire figure di donne energiche nei romanzi storici, dal
momento che bisogna fare i conti con le condizioni ambientali quasi sempre
sfavorevoli alle donne e quindi è difficoltoso mantenere la necessaria
verosimiglianza.
Esemplare
a questo riguardo Una rondine nella
tempesta di Roberta Ciuffi. Siamo all’inizio del Cinquecento. Allevata
all’obbedienza e alla sottomissione, Maria, per dovere e per fedeltà familiare,
si è adattata ad un triste matrimonio politico con un uomo molto più vecchio di
lei. Quando il marito si ammala gravemente e alla fine muore, regge il suo
castello, dimostrando straordinarie capacità di governo ed amministrazione. Sa
bene però che la sua situazione è precaria e che intorno a lei ruotano molti,
diversi interessi, tutti a lei sfavorevoli, e che nel giro di poche settimane
le verrà imposto un marito scelto da altri e quindi perderà ogni potere.
Approfitta perciò dell’arrivo nel suo feudo, per la verità con intenzioni
ostili, del capitano di ventura Conrad per cercare di controllare la propria
sorte. Sulla base di una breve conoscenza di molti anni prima scommette su uno
sconosciuto e vince. Non sarà per nulla facile, dal momento che all’epoca alle
donne in politica e in economia era riservato un ruolo del tutto secondario. Ci
saranno quindi scontri di potere nell’ambito della coppia, per definire in modo
nuovo gli ambiti riservati all’uno e all’altra, ma, con l’aiuto della passione
che nasce fra loro e grazie alla capacità di sviluppare in modo nuovo il
rapporto matrimoniale, riusciranno a far fronte comune contro amici e nemici e
a conservare l’autorità sul loro castello.
Donne
così in gamba sono esistite in tutte le epoche, anche se in passato le cose
erano davvero difficili, ma, a differenza che nei romance, quasi mai sono
riuscite ad abbinare potere e felicità. Basta pensare a Matilde di Canossa, a
cui forse si è ispirata la stessa Ciuffi, e che di recente è tornata, sia pure
come personaggio secondario, in Tristan e
Doralice della Cani.
A
differenza di altre lettrici, mi piacciono le donne forti. Appartenendo alla
generazione del Sessantotto, non ho mai provato il desiderio di essere uomo, insomma
non ho mai avuto, credo, il complesso di castrazione, perché pensavo che le
donne potessero fare tutto, tutto quello per cui avevano inclinazione e
capacità. Quindi negli anni Settanta e Ottanta ho sempre provato, invece, disprezzo e rabbia quando un paziente nell’anticamera
della mia dentista sosteneva che per estrarre un dente ci vuole la forza
maschile. Non parliamo poi dei vecchietti che imprecavano, vedendomi passare
con il passeggino, per portare mio figlio dalla nonna prima di andare a scuola,
e dicevano che le donne devono restare a casa e badare ai figli, anziché andare
a lavorare. Mai condiviso, peraltro, il parere di alcune colleghe secondo le
quali le donne non sanno fare i presidi, perché non sanno esercitare il potere.
Anzi mi rammarico del fatto che, dopo quasi cinquant’anni, perfino fra di noi
troviamo ancora insopportabili le donne volitive e capaci.
La Ciuffi
sostiene che si tratterebbe di rivalità, cioè di un sentimento arcaico in
relazione con ”la lotta per la conquista del maschio che garantisca il
nutrimento e la difesa della prole. Striscia subdolo lungo secoli di
sorellanza, di solidarietà, di connivenza, e si ripresenta nei momenti in cui
la sorveglianza è abbassata, per esempio quando immergendosi in un mondo di
fantasia i confini dell’Io sfumano e si perdono”.
Molto illuminante questo articolo, Teresa, in special modo per una persona come me, a cui piace scrivere di donne forti e volitive. Ho sempre amato personaggi di questo tipo, fin da quando, da piccola, lessi "Jolanda, la figlia del Corsaro Nero", e scoprii che quel tipo di protagonista mi piaceva. Eppure non era facile trovare personaggi così. eroine in cui identificarsi. Dev'essere per questo che, nelle rare occasioni in cui giocavo con altre bambine, io mi insistevo sempre per interpretare Zorro oppure D'artagnan, o qualche altro eroe maschile. La parte della fanciulla che doveva essere salvata non mi dava alcuna soddisfazione. :) P. S. : non conosco a fondo i gialli di Mariani, avendo iniziato la serie da poco, ma a me Francesca piace. :)
RispondiEliminaMi scuso per i refusi. L'ho scritto di fretta.
EliminaNon so se si tratti di rivalità nella conquista del maschio. Io sono convinta che la felicità delle donne, intesa anche come forza e realizzazione di sé, è spesso mal vista. Anche dalle altre donne. Eppure il rosa ci insegna proprio questo, a essere felici, e la forza delle donne sono quasi sempre le altre donne. Io spero in un femminismo rosa, per gli anni a venire, in cui non importa se l'eroina è forte o debole, se è emotiva o una ribelle senza paura. Quello che conta è che abbia il diritto di emozionarsi e di essere felice. Di assomigliare sempre di più a se stessa, comunque sia. Grazie di cuore a Matesi per questo bel post e per i suoi sempre ottimi spunti di discussione!
RispondiEliminaNon so se si tratti di rivalità nella conquista del maschio. Io sono convinta che la felicità delle donne, intesa anche come forza e realizzazione di sé, è spesso mal vista. Anche dalle altre donne. Eppure il rosa ci insegna proprio questo, a essere felici, e la forza delle donne sono quasi sempre le altre donne. Io spero in un femminismo rosa, per gli anni a venire, in cui non importa se l'eroina è forte o debole, se è emotiva o una ribelle senza paura. Quello che conta è che abbia il diritto di emozionarsi e di essere felice. Di assomigliare sempre di più a se stessa, comunque sia. Grazie di cuore a Matesi per questo bel post e per i suoi sempre ottimi spunti di discussione!
RispondiEliminaHo scritto romance storici e contemporanei, e devo dire che è molto più facile descrivere una donna forte dei nostri tempi. Per esempio, se la protagonista ha avuto qualche amante prima di incontrare l'uomo della sua vita, non disturba nessuno. Se esprime le sue idee con intelligenza e decisione è una donna da rispettare e non solo ostinata. Questi atteggiamenti, però non erano graditi nel passato e, stranamente, nemmeno da molte lettrici, che amano la fanciulla da salvare perché il personaggio maschile diventa l'uomo da sognare. Eppure, come Matesi ha già detto anche in altre occasioni, la storia è piena di grandissime donne, decisamente migliori di alcuni piccoli uomini. Brava come sempre, Matesi, e grazie anche per questo articolo. :)
RispondiEliminaLa riflessione sulle donne e sul potere è molto attuale anche per chi, come me, è figlia degli anni Ottanta. Ho avuto la fortuna di crescere in una famiglia in cui mio fratello e io avevamo pari diritti e oneri, non ho mai lavato i piatti al posto suo e lui non ha mai saltato il turno di apparecchiare la tavola. Non so cosa sia cambiato e se sia cambiato qualcosa nella formazione delle più giovani. Quando cresci e ti scontri con la realtà e con chi non ha avuto la tua fortuna, puoi uniformarti o continuare per la tua strada. Come persona non accetterei mai un ruolo subalterno rispetto al mio compagno o sul lavoro, rispetto a un collega uomo di pari grado, come scrittrice non vedo in Matilde di Canossa una donna che ha sacrificato la felicità per il potere. La sua vita non è stata facile, lo sappiamo dai libri di storia, ma lei è stata una gran combattente!E chi dice che non amasse più Canossa di un uomo? Che non fosse un tutt'uno con la sua magnifica terra e che dello sposarsi o avere una famiglia magari non le importasse più di tanto? Aspirazioni a un ruolo di comando più che legittime, moderne o da Sessantotto, speriamo che siano attuali anche per le donne del futuro, il mondo ha bisogno di loro.
RispondiEliminaEffettivamente, Francy, non credo che in passato le donne pensassero di avere diritto all'amore, come noi, e comunque può essere che tenessero molto a potere e in ogni caso alla autorealizzazione. La mia forse è una deformazione romance.
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